Carlo Verdone al Bifest 2011: “Da fine aprile giro Posti in piedi in paradiso. Zalone? E’ figlio dell’audience tv”
Un Carlo Verdone dalla consueta umanità, quello visto stamane al Teatro Kursaal Santalucia di Bari al termine della proiezione di Io, loro e Lara al Bari International Film&TV Festival 2011. “Uno di noi”, non a caso più entusiasta nel rispondere alle domande schiette del pubblico che a quelle più cerimoniose del moderatore. Tanto inevitabile quanto
Un Carlo Verdone dalla consueta umanità, quello visto stamane al Teatro Kursaal Santalucia di Bari al termine della proiezione di Io, loro e Lara al Bari International Film&TV Festival 2011. “Uno di noi”, non a caso più entusiasta nel rispondere alle domande schiette del pubblico che a quelle più cerimoniose del moderatore. Tanto inevitabile quanto ricorrente, allora, la provocazione sul record di incassi di Che bella giornata, il film di Zalone, che ha lasciato molti grandi del cinema italiano come lui “al palo”.
Senza alcuna invidia e con molta lucidità, il regista e attore ha così commentato il primato del comico pugliese:
“Il suo film è carino carino. E’ quello che il pubblico vuole in questo momento: una chiave favolistica rassicurante dove sono tutti buoni. E lui è un personaggio nuovo che vive di consensi del pubblico televisivo, piace ai bambini che portano al cinema le famiglie. Anch’io ho iniziato in tv, con la differenza che il regista di No Stop era un intellettuale, mentre Zalone ha una formazione diversa perché la tv di oggi è diversa (a tal proposito, vedi il resto delle sue dichiarazioni su TvBlog). Sarà il tempo a fargli dimostrare che può fare altro e con una maggiore robustezza, se sarà intelligente come credo che sia. Insomma, mai sparare a zero sui grandi incassi, anche se mi preoccupa che il pubblico rifugga da un pelo di dramma. In fondo, un film come American Beauty meritava incassi quattro volte maggiori di Una bella giornata”.
Non a caso, il filo conduttore dell’intera lezione di cinema è stato il titolo – per sua stessa ammissione – meno apprezzato della sua filmografia, C’era un cinese in coma (2000). Un film che pure per Verdone è stato una sfida sperimentale, proprio perché i toni drammatici prevalevano su quelli comici. Dopo quell’insuccesso, il regista non si vergogna di aver fatto un passo indietro, ritagliandosi un ruolo nel più corale Ma che colpa abbiamo noi (dopo ben due anni sabbatici).
La commedia da allora è il suo territorio privilegiato (“purtroppo vive della centralità della parola e c’è meno musica di quella che vorrei”) e secondo lui funziona solo quando “nella risata c’è turbamento”. A tal proposito, sono solo due i compromessi con cui Verdone si sente di essere sceso, relativi ai film Grand Hotel Excelsior (“avevo bisogno del traino di Celentano”) e I due carabinieri.
Passando al prossimo futuro, a fine aprile inizierà a girare tra Roma e Parigi Posti in piedi in paradiso, una storia su tre padri separati che vuole essere “l’ennesimo termometro di un disagio sociale”.
A febbraio lo rivedremo al cinema, diretto da Veronesi, in Manuale d’amore 3, un film che lui stesso vedrà al cinema per la prima volta “perché, se poi, non ci trovo una cosa che mi piaceva ci resto male. Io e Donatella Finocchiaro, in ogni caso, abbiamo dato il massimo e Veronesi è un amico. Com’è per un regista farsi dirigere da un altro? Inevitabile, io non ce la faccio più a fare più di un film all’anno”.
E poi, ancora, pensieri dolceamari sul maestro Sordi “che ha suscitato più imitazione (troppa) che indignazione, superando le sue aspettative”, su un cinema americano “che non ha più divi e vive solo della forza degli indipendenti” e infine su un pubblico che Verdone non ha mai smesso di ascoltare e a cui è grato per il credito riconosciutogli negli anni.
Dal nostro inviato a Bari, Lord Lucas di Tvblog