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300 – L’alba di un impero: le recensioni dagli Usa e dall’Italia

Diamo un’occhiata alle recensioni del film “300 – L’alba di un impero”

di carla
pubblicato 12 Marzo 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 03:34

Ed eccoci al nostro consueto appuntamento con le recensioni Americane e Italiane di un film appena uscito nelle nostre sale. Oggi è il turno di 300 – L’alba di un impero, diretto da Noam Murro con Sullivan Stapleton, Eva Green, Lena Headey, Andrei Claude, Mark Killeen, Rodrigo Santoro, Jack O’Connell, Hans Matheson, Andrew Tiernan, Caitlin Carmichael, Callan Mulvey, Andrew Pleavin, Ashraf Barhom, Yigal Naor, Luke Roberts, Steven Cree, Vincent Walsh, Peter Ferdinando, Wayne Dalglish, David Sterne. Dopo aver letto la nostra recensione, ecco i pensieri dei critici. Su Rotten, mentre scrivo, la percentuale delle recensioni positive è del 43%. Il primo 300 aveva raggiunto il 60%. A voi è piaciuto questo secondo capitolo?

James Rocchi – Film.com: questo film è uno scherzo in 3D.

Stephen Whitty – Newark Star-Ledger: C’è molto digrignamento dei denti, e l’uso anacronistico di polvere da sparo. Voto: 1.5 / 4

Mark Jenkins – NPR: l’azione del film ricorda i videogiochi, e l’illuminazione artificiale suggerisce drammaticamente i video rock degli anni Ottanta. Infatti, il film è così effeminato che potrebbe funzionare meglio come un musical.

Adam Nayman – Globe and Mail: Un’estensione dell’universo 300, come un pacchetto di contenuti aggiuntivi per un videogioco. Voto: 1.5 / 4

Tom Long – Detroit News: un bagno di sangue e non molto altro.

Nicolas Rapold – New York Times: soddisfacente per la prima mezz’ora, ma non ha lo slancio e ampolloso je ne sais quoi di “300”.

Betsy Sharkey – Los Angeles Times: Il combattimento spettacolare e brutale è il biglietto da visita principale del film, e in questo la pellicola non delude.

Scott Bowles – USA Today: Per chi cerca il senso della sceneggiatura, il film è un cavallo di Troia. Voto: 2/4

Ty Burr – Boston Globe: può colpire alcuni come un miglioramento rispetto al primo film, anche se solo per due ragioni: la guerra navale e l’assurdità gloriosa di Eva Green.

Rafer Guzman – Newsday: Un montaggio senza trama di corpi anonimi. Voto: 1.5 / 4

Colin Covert – Minneapolis Star Tribune: suona come una collaborazione tra il marchese de Sade e Michael Bay. O forse tra History Channel e il franchise “Saw”. Voto: 2/4

Michael Phillips – Chicago Tribune: Non sarebbe molto senza Green Screen. Voto: 2.5 / 4

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James Berardinelli – ReelViews: La mancanza di un driver creativo dietro il film porta ad un livello di insoddisfazione fondamentale. Il film fornisce tutti gli elementi necessari, ma il loro impatto è noioso. Voto: 2.5 / 4

Richard Roeper – Richard Roeper.com: Un trionfo di produzione di progettazione, di costumi, con sequenze di battaglia brillantemente coreografate e un sorprendente CGI. Voto: 4.5 / 5

Soren Anderson – Seattle Times: è molto impressionante nella sua dedizione a senso unico per la creazione di un’esperienza progettata per inghiottire tutto il suo pubblico. Voto: 3/4

Scott Foundas – Variety: manca delle risonanze mitiche che hanno reso “300” un classico, ma funziona sorprendentemente bene nei suoi termini.

Maurizio Porro – Il corriere della sera: Diretto da Noam Murro, il film ci schizza di sangue, spadoni e teste mozze per 100 minuti in 3D (…) un’operazione furba di marketing dove l’epicità diventa un nonsense quasi come il look depilato di Serse.

Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: Nel passaggio di regia da Zack Snyder all’israeliano Noam Murro, il film si attiene alla stessa formula – estetizzante taglio formale sul modello del graphic-novel, viluppo di statuari corpi maschili, lotte coreografate con eleganza, fotografia giocata sull’ocra e sui neri – salvo che Murro è più realistico nella violenza e negli schizzi di sangue. A parte le polemiche sull’eventuale ideologia «teocon» del film, l’intrattenimento è assicurato.

Francesco Alò – Il Messaggero: Fiotti di sangue in slow motion simili a macchie cremisi di pollokiana memoria, cielo color antrace, Mediorente perverso e sessualmente promiscuo contro greci più slavati degli scandinavi (…) il film è anche una letteralmente combattuta love story (…)

Maurizio Acerbi – il Giornale: Meno male che c’è Eva Green a salvare, per quanto possibile, i destini del film. La sua carica erotica è notevole e il regista la sfrutta all’inverosimile per sviare alla sua mancanza di idee.

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