Gabrielle – Un amore fuori dal coro: un inno alla vita e alla gioia per il cinema
Storie fuori dal coro, alla ricerca dell’amore, della libertà e dell’indipendenza, che non si arrendono ai limiti della disabilità e i pregiudizi della società.
L’amore, questo grande sconosciuto bramato e braccato in ogni dove, da chi si ostina a voler dare un nome solo, ai miliardi di sfumature emotive che è in grado di vivere un essere umano, quando si relaziona con se stesso e l’altro da se, sa restarsene anche ‘tra le righe’, a portarlo fuori dal coro è invece il ritratto poco ordinario diretto da Louise Archambault.
Al di fuori del coro di ragazzi affetti da disabilità come la Gabrielle interpretata da Gabrielle Marion-Rivard i ragazzi (attori non professionisti) della Gang à Rambrou e dell’École Les Muses, che si prepara all’ambito festival musicale del Québec, e l’esibizione con il celebre cantante canadese Robert Charlebois.
La giovane donna che calibra il ritardo psicologico causato della Sindrome di Williams, con uno spiccato temperamento musicale, e una vitalità ancora più incontenibile che la porta all’appuntamento con i primi palpiti del cuore, il desiderio di libertà e indipendenza, scatenati dall’incontro con Martin, conosciuto al centro ricreativo.
Una coppia benedetta dai primi entusiasmi dell’innamoramento, e l’ebbrezza delle esplorazioni dell’altro, costretta a fare i conti con i limiti e i pregiudizi che la società e le rispettive famiglie, moltiplica per chi è affetto da una qualche forma di handicap.
Una storia di resistenza ostinata ai limiti che ci impone la società, nata con un colpo di fulmini della regista, mentre seguiva le attività del centro che lavora per rendere individui talentuosi dei professionisti a dispetto di quei limiti imposti da handicap di natura fisica e intellettiva.
“Si è trattato di un vero e proprio colpo di fulmine. Grazie a questo incontro ho avuto modo di vedere il film che volevo realizzare. La cosa più impressionante è la loro voglia di fare. Seguire questi allievi è una gioia. La loro inesauribile energia, il loro talento e la loro immaginazione sono impressionanti. Mi sono innamorata a prima vista di Gabrielle Marion-Rivard. La sua luminosità, il suo carisma, la sua autenticità, hanno fatto sì che avessi subito voglia di conoscerla meglio”.
Gabrielle – Un amore fuori dal coro, ha già conquistato il Premio nella sezione Piazza Grande del Festival di Locarno, qui potete leggere la recensione del mio collega, mentre per valutarlo con la propria metrica emotiva che in questi casi fa la differenza, basta aspettare la distribuzione di Officine Ubu, dal 12 giugno 2014.
Intervista a Louise Archambault
Come e? nato questo progetto?
Tutto e? partito dal desiderio di parlare della felicita? delle persone considerate ai margini della societa?, degli « invisibili », per cosi? dire, e della forza che l’arte e la musica, in particolare il canto corale, possono infondere a queste persone. Inoltre, desideravamo rappresentare una storia d’amore tra due giovani affetti da ritardo mentale, il modo in cui vivono l’amore e la sessualita?, e come questo risveglio amoroso susciti in loro un bisogno d’indipendenza e un desiderio di autonomia.
Uno dei fattori scatenanti e? stato un reportage della trasmissione Enjeux su una casa famiglia che ospita persone affette da ritardo mentale (Une famille particulie?re, trasmesso da Radio-Canada nel 2004). Ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine per il responsabile della casa famiglia, Jean-Martin Lefebvre- Rivest, a cui mi sono ispirata per creare il personaggio di Laurent, interpretato dall’attore Benoit Gouin. Mi sono quindi rivolta a Jean-Martin e gli ho parlato del progetto del film. Ci siamo visti spesso: ho passato del tempo nella sua casa famiglia per vedere da vicino la sua routine quotidiana e quella delle persone affette da ritardo mentale. Mi ha inoltre fatto conoscere diverse iniziative organizzate in questo campo. Tra le altre, mi ha fatto partecipare alla serata danzante del venerdi? sera, in cui duecento adulti affetti da handicap si ritrovano ogni settimana per ballare. Ci siamo inspirati a questo per girare la scena del karaoke e del ballo nel film, a cui hanno partecipato i veri habitue? della serata. Credo che uno dei pregi di Jean-Martin sia il fatto di non trattare come bambini le persone disabili. Quello che cerca di fare, invece, e? dare loro degli strumenti per sviluppare il loro potenziale e facilitare la loro integrazione nella societa?. Per esempio, organizza delle uscite fuori citta? e si assicura che ciascun abitante della struttura abbia delle responsabilita? quotidiane; questo aiuta a diminuire le loro crisi e le loro paure. Per farla breve, avevo il desiderio di raccontare la realta? particolare di Jean-Martin e degli abitanti della sua struttura.
Durante le ricerche, svariate persone affette da ritardo mentale mi hanno ispirata, cosi? come l’associazione Jeunes musiciens du monde (abbiamo utilizzato la loro scuola in India per alcune riprese) e anche alcune corali a vocazione sociale sostenute da diverse organizzazioni non a scopo di lucro in tutto il mondo. Anche gli incontri con alcuni musicoterapeuti e diverse persone che lavorano a contatto con persone affette da ritardo mentale mi hanno aiutato a sviluppare la storia e i personaggi. Sentivo inoltre il bisogno di raccontare la storia da un punto di vista onesto e veritiero. Queste testimonianze hanno rappresentato una grandissima fonte d’ispirazione per me. Sono sicura che avro? un approccio per certi versi simile anche nello sviluppo del mio prossimo film.
Come e? arrivata a Gabrielle e alla corale de Les Muses che vediamo nel film ?
Ho assistito ad una pie?ce teatrale della compagnia Joe Jack et John, nella quale recitava un attore affetto da ritardo mentale (Michael Nimbley, che interpreta il ruolo
?di un ospite del centro ricreativo nel film). Ho scoperto che faceva parte de Les Muses, un centro di arti dello spettacolo che offre una formazione professionale in canto, danza e teatro a persone portatrici di handicap, come il ritardo mentale, i ritardi nello sviluppo o le limitazioni fisiche e sensoriali. Lo scopo del centro e? quello di fare di loro dei professionisti senza negare i loro limiti. Li ho seguiti per piu? di un anno, cosa che mi ha portato a riscrivere la sceneggiatura. Si e? trattato di un vero e proprio colpo di fulmine. Grazie a questo incontro ho avuto modo di vedere il film che volevo realizzare. La cosa piu? impressionante e? la loro voglia di fare. Seguire questi allievi e? una gioia. La loro inesauribile energia, il loro talento e la loro immaginazione sono impressionanti. Mi sono innamorata a prima vista di Gabrielle Marion-Rivard. La sua luminosita?, il suo carisma, la sua autenticita?, hanno fatto si? che avessi subito voglia di conoscerla meglio.
Ha deciso subito di girare il film con loro?
Ho continuato a scrivere la sceneggiatura con gli alunni de Les Muses in testa. Cio? mi ha anche permesso di stabilire quale sarebbe stato l’handicap del personaggio principale, cioe? la sindrome di Williams, da cui e? affetta Gabrielle Marion-Rivard. Chi e? affetto da questa sindrome presenta una predisposizione al talento musicale e all’orecchio assoluto. Quando e? arrivato il momento di iniziare la produzione e il processo dei casting, ci siamo chiesti se Gabrielle sarebbe stata in grado di interpretare il ruolo principale, di portare il film sulle sue spalle. Dal momento che il punto di forza di Gabrielle e? il canto e non la recitazione, abbiamo fatto delle prove di improvvisazione con lei. Gabrielle aveva molta voglia di provare a lanciarsi in questa avventura. E’ luminosa ed io e i produttori siano giunti alla conclusione che un’attrice professionista non avrebbe avuto la stessa autenticita? e la stessa naturalezza: il ruolo era fatto su misura per lei. Abbiamo quindi passato molto tempo insieme a lei e agli altri attori per prepararli alle riprese. Per quanto mi riguarda, ho accettato di buon grado che si trattasse di una recitazione imperfetta e di un modo di lavorare anticonvenzionale. Il mio istinto mi portava a lasciar andare la presa in modo tale da far riaffiorare la verita? nelle azioni e nelle reazioni. Era comunque necessario manipolare la realta?. L’handicap di Gabrielle la rende estremamente teatrale nella recitazione, e questo al cinema puo? risultare forzato. D’altro canto, se le avessi chiesto di essere sobria, sarei andata contro la sua natura. Allora la lasciavo fare, e la contenevo poi, un modus operandi che Gabrielle ha apprezzato particolarmente.
Il dubbio rimaneva lo stesso anche per gli altri allievi della scuola Les Muses che hanno finito per interpretare la maggior parte dei coristi del film. Avevano le capacita? e la forza fisica e mentale necessaria per sostenere le lunghe giornate di riprese? Cosi? come Gabrielle, anche il gruppo di coristi ci e? parso unico, carismatico, e soprattutto estremamente dotato nel canto. Li abbiamo quindi preparati con delle sessioni di improvvisazione prima delle riprese, un lavoro che mi ha permesso di arricchire ulteriormente la sceneggiatura finale. All’inizio della stesura della sceneggiatura, non avrei mai immaginato di riuscire a realizzare il mio desiderio piu? profondo, cioe? realizzare un film con loro, non su di loro. Si tratta del traguardo piu? grande che abbia raggiunto.
?Il vostro stile registico si avvicina a quello dei documentari. Questa ricerca della verita?, che si esprime nella scelta di Gabrielle, della corale, la participazione di Robert Charlebois, o le riprese in India, sembra essere una delle chiavi del film.
Questo era il mio desiderio, per restare nell’ambito della verita?, dell’autenticita?. Questa volonta? traspare anche nel nostro modo di girare; abbiamo utilizzato molto i piani sequenza, per poi montarli inseme. Ho capito subito che l’imprefezione avrebbe contribuito alla bellezza del film. La mia intenzione era comunque quella di realizzare un film intimista, sensoriale, che avrebbe seguito da vicino Gabrielle, Martin e alcuni coristi. Mi sono resa conto della portata del progetto e dei rischi che questo comportava solo alla fine della seconda giornata di riprese. I produttori hanno avuto fiuto e hanno mostrato grande coraggio nell’accettare di lanciarsi in un’avventura del genere.
Abbiamo lasciato spazio alla spontaneita? in diversi momenti, come quando il cantante Robert Charlebois arriva in classe. Il gruppo sapeva che sarebbe venuto, ma non in quale momento della giornata sarebbe successo. Ho filmato il vero incontro, in cui lo spettatore puo? condividere le loro reazioni. Per questo, era necessaria la partecipazione del vero Robert.
Per quanto riguarda le riprese in India, inizialmente avevamo pensato di ricreare l’ambiente in Canada girando con un troupe completa. Quando abbiamo analizzato i costi, pero?, ci siamo resi conto che girare in India con una troupe ridotta non sarebbe costato molto di piu?. Per questo, io, Se?bastien Ricard (che interpreta il ruolo di Raphae?l) e un’assistente ci siamo ritrovati in una poverissima regione agricola indiana, la Karnataka, dove l’associazione Jeunes musiciens du monde gestisce una scuola per bimbi indigenti specializzata in musica tradizionale indiana. Quella scuola, a cui mi sono ispirata durante la stesura della sceneggiatura, ha apportato senza dubbio un valore aggiunto alla produzione e alla credibilita? delle riprese. Abbiamo vissuto con gli allievi della scuola nelle casupole di sterco di mucca nella giungla, con poca elettricita? e senza acqua corrente. Il fatto che l’attore si trovasse in una vera scuola ha fatto la differenza. Se?bastien ha vissuto qualcosa di veramente forte con i bimbi. Mentre cantavano insieme, il trasporto emotivo era evidente.
E? stata lei a contattare Robert Charlebois, uno dei cantanti piu? conosciuti in Que?bec, oppure la collaborazione con la scuola Les Muses era gia? in programma?
Originariamente cercavo un artista del Que?bec di cui apprezzavo i lavori e il cui repertorio avesse un valore simbolico in relazione al mio vissuto. Quando ho ascoltato Anthony Dolbec, uno degli alunni della scuola Les Muses, cantare Ordinaire, ho realizzato subito che quel pezzo avrebbe dovuto essere parte del film. Ordinaire rivela un significato profondo quando viene cantata dai coristi, in particolare dal personaggio di Martin, che desidera realizzarsi come le persone « normali ». Per quanto riguarda invece la scelta della canzone Lindberg, e? il seguito logico di Ordinaire e accompagna il climax lirico del finale del film: la sorella ?di Gabrielle che parte per l’India, lo spettacolo al Festival Corale Mondiale e Gabrielle e Martin che si realizzano vivendo appieno il loro amore. Vista la scelta di queste canzoni, ci siamo detti che la presenza di Robert Charlebois sarebbe stata a tutti gli effetti speciale. In ogni caso, Robert e? stato di una grande generosita? con i coristi. Era un loro pari. Robert e i ragazzi condividono prima di tutto il grande amore per la musica, e Robert si e? interfacciato con loro con grande naturalezza.
Le canzoni che sono interpretate da Les Muses posseggono una forte carica emotiva. L’ha percepita durante le riprese?
Spesso. Ho visto i tecnici piangere a piu? riprese davanti al monitor video posto fuori dal set dove giravamo. L’effetto del canto corale e? molto potente. Non si trattava di un pianto di tristezza, bensi? di una fortissima emozione, un misto di amore e speranza, una senzazione unica che porta a voler comunicare questo sentimento a chi amiamo. Abbiamo coinvolto molti professionisti in ambito musicale: Franc?ois Lafontaine, il tastierista del gruppo Karkwa, ha realizzato degli straordinari arrangiamenti con il piano, lavorando a stretto contatto con He?le?ne-E?lise Blais, la professoressa di canto de Les Muses che abbiamo coinvolto nel progetto come direttrice della corale.
Nel film, si vede la corale cantare al Mondiale Corale di Laval. Si tratta di uno spettacolo reale?
Il Festival Corale Mondiale e? reale, ma la nostra esibizione e? stata inventata per il film. Con la collaborazione del Mondiale, siamo riusciti ad avere uno spazio nella loro agenda. Abbiamo girato sul loro palco, con l’aiuto della loro e?quipe tecnica, ma con un pubblico composto da figuranti. Gregory Charles, il patron dell’evento, ha partecipato nel ruolo di se stesso, cosi? come Robert Charlebois. Sicuramente quella e? stata una delle scene piu? difficili da organizzare, dal momento che avevamo poco tempo a disposizione per girare, sei camere da gestire, tutti i coristi, i figuranti, i musicisti, il sole che stava per tramontare…
Alcuni attori affiancano i coristi. Ad esempio, come ha lavorato con Vincent- Guillaume Otis, che nel film dirige la corale?
Non solo Vincent-Guillaume Otis aveva gia? cantato per anni in un corale, ma suona anche il piano, un requisito fondamentale per la sua parte. Quando e? arrivato per la sua audizione, e? scattato immediatamente qualcosa. Abbiamo discusso per 45 minuti, e poi ha interpretato le due scene per l’audizione tutte d’un fiato. La sua interpretazione del personaggio era sincera, naturale. Inoltre, Vincent ha un fratello affetto da ritardo mentale, che vive una situazione simile a quella dei personaggi del film per quanto riguarda il desiderio di essere autonomi ed indipendenti. Vincent- Guillaume era quindi gia? sensibile alla realta? delle persone affette da ritardo mentale. Vincent ha anche osservato a lungo la direttrice della corale de Les Muses per trarne ispirazione. He?le?ne-E?lise Blais considera i suoi coristi come delle persone comuni, con i loro pregi ed i loro difetti, concentrando le sue energie sul canto ed il talento invece che fermarsi al ritardo mentale. Questo atteggiamento e? riscontrabile nel film nel personaggio di Vincent-Guillaume.
?Tutti gli attori professionisti, Me?lissa De?sormeaux-Poulin, Benoit Gouin, Isabelle Vincent, Marie Gignac e Ve?ronique Beaudet, si sono impegnati a fondo accanto agli attori non professionisti. Me?lissa, ad esempio, si e? intrufolata nel loro corso di teatro, e il professore la trattava come tutti gli altri. Me?lissa ha inoltre passato molto tempo con Gabrielle, arrivando persino a conoscere la sua famiglia. Gli attori professionisti hanno avuto l’impressione di partecipare ad un’esperienza umana anziche? a delle semplici riprese. La loro generosita?, la loro apertura ed il loro ascolto hanno creato un’alchimia ed un’atmosfera magica sul set.
Solo alcuni coristi sono interpretati da attori professionisti, tra cui Alexandre Landry, che interpreta il ruolo di Martin, il ragazzo di Gabrielle. Perche??
Per questo ruolo, ho fatto diverse audizioni ad attori disabili. Erano adatti alla parte, ma l’alchimia amorosa non c’era. Era difficile rendere quindi anche i sentimenti veritieri, oltre all’handicap. Grazie alla scelta di un attore professionista, Gabrielle ha trovato un complice, qualcuno a cui appoggiarsi. Alexandre ha dimostrato una generosita? immensa. Ancora prima di ottenere il ruolo, ha visitato la scuola Les Muses e si e? subito integrato con il gruppo. Un giorno sono andata a prendere Alexandre per presentargli Gabrielle, in modo da testare l’alchimia tra loro, e ho sorpreso Alexandre mentre cantava in mezzo ai coristi come se avesse sempre fatto parte del gruppo. Alexandre ha conquistato tutti con il suo charme. Ha dato tantissimo al ruolo senza cercare di mettersi in luce. Ha seguito dei corsi di canto e ha passato molto tempo con Gabrielle. Sul set, si e? sempre mostrato attento alle sue esigenze. Hanno subito instaurato un legame reale, avevano voglia di passare del tempo insieme. Non potevo sognare un ragazzo migliore per Gabrielle!
Come e? stata decisa la rappresentazione sullo schermo della storia d’amore?
Diverse persone che vivono a stretto contatto con persone affette da ritardo mentale mi hanno confessato le loro esperienze riguardo alla sessualita? dei loro cari. In quasi tutti i casi, il candore e l’assenza di qualsiasi tipo di pudore erano la norma. Successivamente la madre di Gabrielle, che un tempo era violinista professionista e ora invece e? psicoterapeuta, ha letto la sceneggiatura. Ha fatto diversi commenti in merito e abbiamo discusso del rapporto di Gabrielle con l’intiimita?. Le persone affette da ritardo mentale con cui ho girato non hanno alucn tipo di filtro; non vedono le cose come le vediamo noi. Le scene d’amore sono state le piu? facili da girare per Gabrielle, sicuramente molto piu? facili che spostarsi da un punto all’altro prendendo un oggetto a meta? strada. Quando abbiamo girato scene come questa, abbiamo dovuto fare anche dieci ciak, perche? Gabrielle manca di coordinazione. D’altro canto, quando doveva fare leva sulle sue emozioni, sembrava che avesse sempre fatto questo nella vita. Gabrielle e? dotata di una grande intelligenza emotiva, e non volevo assolutamente censurarla da quel punto di vista. Dal momento che Alexandre ha interpretato diverse scene intime a teatro nel passato, la sua presenza ha aiutato molto Gabrielle. Alexandre nutre un profondo rispetto nei confronti di Gabrielle. Voleva che si sentisse libera. Dal canto mio, volevo che Gabrielle si sentisse a suo agio, e, soprattutto, non volevo metterle pressione. Abbiamo quindi girato tenendo conto dei suoi limiti e collaborando con sua madre. L’idea era quella di mostrare il desiderio e l’amore sullo schermo, da un punto di vista sensoriale, febbrile, sensuale, ma non sessuale, ne? tantomeno crudo.
Che cosa vuole esprimere attraverso questo film?
Voglio parlare del bisogno di liberta? ed autonomia delle persone affette da ritardo mentale, la cui vita quotidiana e? gestita in gran parte dalla loro famiglia e dagli operatori dei centri speciallizzati che frequentano. Volevo immergere lo spettatore nel loro quotidiano per sottolineare la loro forza d’animo e, soprattutto, per mostrare che hanno gli stessi desideri e provano le stesse emozioni dei normodotati. Sono umani anche loro, e sono persone comuni. Volevo che questo trasparisse chiaramente dalla storia. Ho scelto la musica ed il canto corale per esprimere questo concetto. La musica veicola perfettamente questo afflato, questo desiderio di aprirsi agli altri, ha una funzione aggregatrice. La musica e? universale e fa leva su sensazioni viscerali, ataviche, non razionali. Spero che questo traspaia nel film.
C’era anche il desiderio di condividere una storia d’amore. Una storia tra due persone affette da ritardo mentale che desiderano amarsi, scoprire la loro intimita?, fare l’amore senza inibizione. L’amore e la sessualita? sono due soggetti raramente trattati quando si parla di persone affette da sindromi come quelle di Gabrielle e Martin. Questi argomenti sono ancora tabu?. Io desidero invitare le persone ad aprirsi al diverso, a contribuire all’accettazione delle diversita?. Siamo tutti diversi, anche se alcune diversita? sono piu? visibili dal punto di vista fisico, mentre noi abbiamo imparato a cammuffare meglio le nostre. A prescindere dalle diversita?, tutti vogliamo amare e sentirci amati.
Ho imparato molto girando questo film. Ho avuto la sensazione di vivere qualcosa di molto grande che mi avrebbe cambiata. L’assenza di filtri dei cantanti della scuola Les Muses mi ha toccata nel profondo e mi ha ispirata. Sia che sia positivo o negativo, quello che esprimono e? sempre la verita?. Credo che allo stesso modo questa esperienza sia stata importante per gli attori, i tecnici e gli attori non professionisti. Alcuni coristi della scuola Le Muses sono molto ansiosi e possono accusare delle crisi di panico ogni giorno. A meta? delle riprese, una delle operatrici incacricate di affiancarli sul set e? venuta a dirmi che non c’era piu? bisogno di lei: non c’erano piu? crisi, ne? timori. Erano felici, avevano un ruolo preciso ed importante da interpretare, avevano stima di se?. Questo e? un dono immenso da parte loro, visto che l’intenzione ultima era realizzare un film con loro, con la loro complicita?.
Per finire, mi sentirei soddisfatta se riuscissi a contribuire a far conoscere al grande pubblico le organizzazioni che mi hanno ispirata per tutta la durata del progetto, come Les Muses, i Jeunes musiciens du monde, i Compagnons de Montre?al e la Gang a? Rambrou. Sono loro le vere star che meritano di stare sotto i riflettori. Quello che fanno per la nostra societa? con mezzi limitatissimi, e? fantastico. Ogni giorno, un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanita?.