Pixar story: intervista all’autore Pietro Grandi
Una chiacchierata con Pietro Grandi, autore dell’interessante libro “Pixar story. Passione per il futuro tra arte e tecnologia”
Ho avuto l’occasione e il privilegio di leggere Pixar story. Passione per il futuro tra arte e tecnologia (book-trailer), scritto da Pietro Grandi, Visual designer e grande appassionato della Pixar. Il libro ripercorre la storia della Pixar, dalle sperimentazioni alla nascita della Computer art fino all’epoca più recente. Ogni film viene raccontato con curiosità e numeri dando però spazio al lato umano di questo magnifico mondo d’animazione. Ecco l’intervista che Pietro mi ha gentilmente concesso. Nella galleria le foto che mi ha spedito.
1. Prima di tutto: perché la Pixar? E non, che so?, Disney, Dreamworks, lo studio Ghibli o la Aardman?
Questa storia parte da una fortuita casualità. Io sono nato nell’agosto del 1985, periodo in cui Steve Jobs incontrò George Lucas per accordarsi nella vendita della divisione informatica della Lucasfilm. Poi nel febbraio del 1986 fu fondata la Pixar come studio animato. Quindi abbiamo più o meno la stessa età e siamo cresciuti assieme. Fin da piccolo sono sempre stato attratto da questa novità animata così incuriosito ed appassionato a qualsiasi forma d’arte animata da quella tradizionale Disney, alle avanguardie del ‘900, fino alla rivoluzione digitale. Amavo molto il mondo costruito a computer anche se non ne possedevo uno, ma ero felice di scoprire e apprendere le novità tecnologiche all’opera non solo sotto l’aspetto tecnico, ma anche sotto l’aspetto creativo. Fin da piccolo avevo capito che da grande avrei voluto fare il visual designer e il motion graphic designer, cosa che oggi faccio di mestiere, integrando la tradizione e le nuove tecnologie; la Pixar mi sembrava la società più interessata a questa unione. Fu infatti la prima casa di animazione che capì le grandi potenzialità del futuro animato, unendo arte e tecnologia in maniera equilibrata. La Dreamworks ad esempio arrivò 10 anni dopo, azienda nata sotto il segno del box office e meno dello storytelling. Il mio libro si può dire che ha avuto il suo primo germoglio nel 2010, infatti avevo provato a spedire una mail all’ufficio stampa Pixar per spiegargli che un giorno mi sarebbe piaciuto scrivere un libro in italiano sulla loro storia. Così nell’agosto del 2010 mi arrivò una lettera in cui si rallegravano per avere dei fan così appassionati. Perciò quel giorno mi impegnai a portare a termine questo obiettivo: scriverne un libro per far capire al pubblico di ogni età la storia della creatività collettiva Pixar. Nel 2011 contattai Guido Quaroni, vice president R&D Pixar che, capendo la mia grande passione, mi invitò in agosto a visitare gli studi in California; così l’anno dopo partecipai all’allestimento della mostra Pixar a Milano e a Mantova grazie a Maria Grazia Mattei e all’architetto Fabio Fornasari. Nel 2011 fui curatore con Massimo Temporelli della mostra su Steve Jobs a Torino il quale mi propose di far parte di una collana legata alle scienze e alla tecnologia edita dalla casa editrice Hoepli con questo obiettivo: far capire al pubblico in 140 pagine la meravigliosa storia della Pixar. Così iniziai il mio lavoro di scrittura e il sogno si era avverato.
2. Nel libro citi tre importanti persone che hanno fatto la storia della Pixar. Vuoi parlare ai nostri lettori di questi 3 uomini usando un aggettivo a testa?
I tre personaggi citati sono le figure chiave dell’intera struttura, il “tecnologico” scienziato Ed Catmull, oggi presidente Disney e Pixar, colui che ha inventato l’avanguardia Pixar, dal motore render al Pixar Image Computer assieme al cofondatore Alvy Ray Smith, un uomo appassionato di scienza e di animazione. Il secondo carattere é il “carismatico” animatore John Lasseter, oggi capo creativo Disney e Pixar che capí le grandi potenzialità della computer grafica quando lavorava in Disney, grande maestro dello storytelling. Per unire l’anima tecnologica e quella artistica ci volle un “visionario” imprenditore quale era Steve Jobs che volle investire sul nuovo futuro animato portando la Pixar a diventare la nuova Disney. Non é un caso che riuscì a far acquistare la Pixar e la Lucasfilm alla Disney divenendo così la più grande multinazionale di animazione ed effetti speciali del mondo. Ma non solo, il cerchio si chiuse facendo diventare la famiglia Jobs e Lucas gli azionisti di maggioranza.
3. Per ogni film Pixar vengono usati diversi software o nuove innovative tecnologie, quale ti ha più affascinato?
La tecnologia che mi affascina di più è quella più recente chiamata “Global Illumination”, sistema di illuminazione riscritto dall’italiano Davide Pesare per rendere la scena ancora più realistica in una sorta di “real-espressionismo”, come l’ho chiamato io, non in modo iperrealistico, ma in maniera più espressiva, verosimile e credibile. Questa tecnologia la possiamo notare nei recenti lungometraggi, “Brave” e “Monsters University”, ma soprattutto in maniera più marcata nel corto “The Blue Umbrella“.
4. Diciamo la verità: quale film Pixar preferisci? E quale ami di meno?
Il film che preferisco di più e che sono più emotivamente legato è “Up“, per il fatto che lo vidi in due occasioni, a New York e in anteprima al Festival del cinema di Venezia con tutti i registi in sala e ne rimasi affascinato per la sua estrema poesia e armonia visiva e musicale richiamando molto i film di Hayao Miyazaki. In questo film si introduce il tema dell’avventura e del credere nei propri sogni seguendo un proprio obiettivo quasi come ho fatto io con il mio lavoro e con questo libro che ho scritto. Il film che amo di meno è “Cars 2” forse perché lo ritengo un film più povero sotto l’aspetto dello storytelling. Sotto l’aspetto tecnico é un film molto valido, ma nel complesso troppo semplicistico.
5. In copertina del libro c’è Buzz Lightyear. E’ una tua scelta? Come mai?
Buzz è il personaggio tecnologico per eccellenza che dopo lunghe peripezie ha capito che può essere amico della tradizione artistica del personaggio Woody. Si é evoluto ed ha sbattuto la testa più volte per poter acquisire esperienza diventando umano con una maschera da giocattolo. Grazie a questo può sempre volare verso l’infinito e oltre, non da solo ma grazie a molti amici giocattoli che unendosi lo aiuteranno a portare a termine sempre sfide più ardue. Questa é la vera radice della Pixar.
6. Nel libro citi i 13 pilastri cardine della filosofia della Pixar. Quale ammiri di più?
Ve ne sono due che io di solito cerco di diffondere quando lavoro assieme ad un gruppo; il primo é quello di non temere i fallimenti perché più si sbaglia e più si migliora e il secondo é quello di sperimentare sempre dalle esperienze di ognuno per ottenere il miglior lavoro possibile. Queste regole valgono per ogni progetto creativo, è questo il bello.
7. Hai mai pianto vedendo un film Pixar? Ovviamente vogliamo sapere quale.
Ci sono due film in cui piango sempre, il primo è “Ratatouille” nella scena finale dove persino Anton Ego si commuove e recita il discorso sulla passione, e il secondo é la scena iniziale di “Up” dove il protagonista evolve fino alla morte di Ellie.
8. Gioco: sulla famosa isola deserta puoi portare 10 film d’animazione ma solo 2 possono essere Pixar. Cosa porti?
Direi “Up” e “Ratatouille” essendo i miei due film preferiti. E poi:
3) Alice nel paese delle meraviglie
4) Il Gigante di ferro
5) Waking Life
6) L’illusionista
7) Robin Hood
8) La Spada nella roccia
9) La Città incantata
10) Nightmare before Christmas
e come bonus un film a tecnica mista, Mary Poppins.
9. La battuta da un film Pixar che appenderesti in casa?
Direi questa: “Non tutti possono diventare grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque.”
10. E la classica domanda di rito: hai in progetto qualche altro libro?
Si ho in progetto tre idee legate al mondo della tecnologia e dell’arte, ma per ora non voglio rivelarvi nulla così la sorpresa sarà più grande.
Pixar story. Passione per il futuro tra arte e tecnologia
Copertina flessibile: 176 pagine
Editore: Hoepli (17 luglio 2014)
Collana: Microscopi
Prezzo di copertina: 9,90
Pixar story: intervista all’autore Pietro Grandi