TGLFF 30, i vincitori della 30a edizione del Torino Gay & Lesbian Film Festival
Gardenia – Bevor der letzte Vorhang fallt trionfa al Torino Gay & Lesbian Film Festival 2015
Il Torino Gay & Lesbian Film Festival è stata una delle prime manifestazioni cinematografiche sulla cultura glbtq a sorgere in tutto il mondo, nel lontano 1985, e la prima in Europa. Arrivato alla sua 30esima edizione, il TGLFF ha decretato i vincitori di stagione dopo non pochi giorni di affollate proiezioni stampa, tra le quali spiccava l’anteprima europea di Boulevard, ultimo film interpretato da Robin Williams. Le Giurie del Festival hanno assegnato il Premio “Ottavio Mai” per il Miglior lungometraggio, il Premio Queer e il Premio per il Miglior cortometraggio che saranno consegnati stasera alle ore 20.30 presso la Sala 1 del Cinema Massimo, durante la cerimonia di chiusura del festival.
La giuria del Concorso lungometraggi, composta dall’attore Lorenzo Balducci, dal regista Yair Hockner e da Beatrice Merz, ha assegnato il premio “Ottavio Mai” per il miglior lungometraggio a Gardenia – Bevor der letzte Vorhang fallt (Before The Last Curtain Falls) di Thomas Wallner, impeccabile trasposizione cinematografica dello spettacolo Gardenia (in due anni, dal 2010, duecento repliche in venticinque paesi al mondo) che ha per protagonisti transgender e drag-queen dai cinquantotto ai sessantasette anni, chiamati ad interpretare se stessi dal coreografo Alan Platel. Lascive, tenere, amare, coraggiose storie private messe in scena con glamour ed eleganza. I camerini, le stanze d’albergo, le prove, i dietro le quinte, confessioni come cerimonie solenni, vite di gran classe trasfigurate nella rappresentazione scenica. Queste le motivazioni della giuria:
«Per la straordinaria abilità di sapere raccontare il coraggio di un gruppo di artisti gay e transessuali in età avanzata che portano in scena dolorose esperienze di vita, nutrite da un incondizionato amore per il teatro. La loro arte è un puro e potente messaggio di speranza per il pubblico che li osserva. I protagonisti di questa toccante vicenda non si accontentano di sopravvivere, ognuno di loro combatte la propria battaglia contro l’odio, l’indifferenza, il pregiudizio, conquistando la propria dignità sul palcoscenico e nella vita. Magistralmente realizzato, in una continua alternanza tra il documentario e la messa in scena, ogni movimento della macchina da presa si trasforma in una danza».
Stessa Giuria che ha poi assegnato anche una menzione speciale a How to Win at Checkers (Every Time) di Josh Kim, film indonesiano incentrato su tre fratelli orfani che vivono in un quartiere tra i più degradati di Bangkok: Ek, il capofamiglia, fidanzato fin dagli anni della scuola con il ricco Joi, si prende cura di Oat, undicenne, e della sorellina lavorando in un bar gay. Questo precario equilibrio, basato sull’amore indissolubile che lega i tre, viene messo in crisi quando Ek e Joi corrono il rischio di doversi arruolare: ogni anno, infatti, in Thailandia viene indetta una lotteria per stabilire chi debba entrare nell’esercito. Per Oat l’unica soluzione è anche la più pericolosa: rubare al boss della mafia locale la somma necessaria per poter escludere dalla leva obbligatoria l’amato fratello maggiore. Questa la motivazione del premio:
«Per la ricchezza tematica e la riflessione intorno alla tragica realtà di quanto accade in Thailandia ai giovani alle porte del servizio militare costretti a sottoporsi a una sorta di lotteria. Un dramma raccontato attraverso gli occhi di un bambino che nello stesso tempo osserva la storia d’amore omosessuale tra teenagers con naturale freschezza. Inoltre si menziona il carattere particolarmente positivo di Kitty, il giovane transgender».
Il Premio del pubblico TGLFF30 per il Miglior lungometraggio, invece, è andato a Vestido de novia di Marilyn Solaya, titolo ambientato a L’Avana, anni ’90: per il popolo cubano uno dei periodi più duri della loro già difficile storia, che troverà il culmine nelle sommosse del 1994. Rosa Elena è un’infermiera dinamica e senza figli. Suo marito le vuole bene anche se non condivide l’amicizia con Sissy, una trans appena operata. Per lui, come per la maggior parte degli uomini cubani, risulta intollerabile che sua moglie possa essere amica di un omosessuale. Un segreto bruciante e un ricatto odioso, inoltre, pesano sulle spalle di Rosa, con i quali si troverà a dover fare i conti. Esordio alla regia di Marilyn Solaya che narra la Cuba machista e repressiva d’una volta. E lo fa con cognizione di causa.
Altro Premio, il Queer, ed altra Giuria, guidata da Sebastiano Riso e composta dagli studenti del DAMS di Torino (Andrea Bruno, Elisa Maria Carbone, Andrea Guarino, Piotr Adam Jagiello e Edoardo Monteduro) per il film A escondidas (Hidden Away) di Mikel Rueda, titolo spagnolo che ruota attorno allo smaliziato Ibrahim, marocchino entrato illegalmente in Spagna che vivacchia spacciando. Quando viene arrestato il suo destino è segnato: ad attenderlo il rimpatrio forzato in Marocco. L’unica soluzione è raccogliere le sue poche cose e darsi alla fuga per le strade desolate della periferia di Bilbao. Rafa sta capendo di essere gay ma è ancora ingenuo: odia i suoi coetanei e non sa come comportarsi con Marta, che da lui vorrebbe qualcosa che non potrà mai avere. A unire Ibrahim e Rafa sono i loro quattordici anni e la discriminazione che subiscono: i difficili cammini dei due ragazzi s’incroceranno e prenderanno un’unica direzione, quella di vivere appieno la loro età. Questa la motivazione data dalla Giuria, che ha poi assegnato anche una menzione speciale a Je suis à toi (All Yours) di David Lambert:
«Dopo un’intensa riunione, la nostra attenzione si è focalizzata su due film in particolare. “Je suis à toi” è un film ricco e innovativo nei contenuti, scandaloso a tratti, nel complesso leggero nella sua profondità. Di “A escondidas” ci ha colpiti il tema dell’immigrazione, che ha molte facce, esattamente come l’amore. Ed è proprio questo sentimento a farci superare ogni diversità. Il film vincitore, grazie alla struttura narrativa a puzzle e il montaggio a incastro, riesce a risolversi in un cerchio perfetto. Una delle motivazioni principali che ci ha portato alla scelta del film vincitore è stata la presenza di attori non professionisti ben diretti, che introducono freschezza, bellezza e giovinezza in un film che racconta d’amicizia e amore, indistinti, puri e profondi. Speriamo che il film vincitore del Premio Queer trovi una distribuzione italiana e che la dimensione universale di una storia carica di speranza possa così approdare anche nelle scuole».
Ultimi premi in arrivo dalla sezione Concorso cortometraggi. La Giuria, guidata da Antony Hickling e composta dagli studenti dell’Accademia Albertina di Belle Arti (Carlotta Beck Peccoz, Bobo Bogliani, Daniela Cetani, Jean-Claude Chincherè e Nina Giardini), ha assegnato il premio per il miglior cortometraggio a Tom in America di Flavio Alves (Usa/Brasile, 2014) con la seguente motivazione:
«”Tom in America” è una tragicommedia su una coppia che, dopo 50 anni di matrimonio, si trova ad affrontare il problema della reale sessualità del marito. Mostra come la natura di un uomo, nonostante il lavoro interiore di una vita per nasconderla, riporti prima o poi a chiudere un cerchio e alla resa dei conti con essa. Con una storia originale e la forza espressiva dei personaggi, rivela la necessità, nel trovare se stessi, di rompere le etichette e riconoscere le vicinanze affettive di una vita».
Menzione speciale, infine, per Aban + Khorshid di Darwin Sernik, vincitore anche del Premio del Pubblico per il miglior cortometraggio.