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The Host, la recensione

The Host (Gwoemul, Corea del sud, 2006) di Bong Joon-ho; con Kang-ho Song, Hie-bong Byeon, Hae-il Park, Ah-sung Ko, Du-na Bae.Prima di venire invasi da mostri replicanti americani (Cloverfield), prequel probabilmente ingnobili e film che cavalcano l’onda del mostro (D-War alias Dragon Wars) è bene ripartire dalla fonte di tutto questo, e riprendere in mano

15 Gennaio 2008 16:01

locandina the hostThe Host (Gwoemul, Corea del sud, 2006) di Bong Joon-ho; con Kang-ho Song, Hie-bong Byeon, Hae-il Park, Ah-sung Ko, Du-na Bae.

Prima di venire invasi da mostri replicanti americani (Cloverfield), prequel probabilmente ingnobili e film che cavalcano l’onda del mostro (D-War alias Dragon Wars) è bene ripartire dalla fonte di tutto questo, e riprendere in mano (o di guardare per la prima volta per gli sciagurati che ancora non l’hanno fatto) The Host.

Con molta probabilità si tratta del fenomeno più rilevante del cinema asiatico del 2006, ha stracciato tutti i record di incassi in Corea ed è riuscito a conquistare anche il pubblico e la critica americana, tanto che alcuni lo hanno definito il miglior film di mostri di sempre, lo si è visto in ogni parte del mondo ed è arrivato pure in Corea del Nord, solo in Italia è stato bellamente snobbato dai distributori.

Chi avrebbe immaginato che a gettare litri e litri di formaldeide nelle acque del fiume Han (il fiume che passa da Seul) si sarebbe generato un mostro, che amichevolmente chiameremo “mostro grosso”: cercate di immaginarvi un pescegatto gigante con le zampe, una bocca spaventosamente larga e una lunghissima coda che usa per colpire, stringere le sue prede oppure per aggrapparsi e rimanere a testa in giù come un pipistrello.

Il mostro attacca subito, non facciamo a tempo a fare la conoscenza della famiglia protagonista (una famiglia povera e sfigata) che subito il mostro grosso attacca gli umani: e sono subito crani fracassati e gente ingurgitata dalle fauci del pesciolone-lucertola, il caos si diffonde fra la folla e fra chi scappa urlando e chi cerca inutilmente di combattere il mostro si sviluppa una scena d’azione fra le più emozionanti che ricordiamo, calati nel mezzo della folla e con il mostro alle calcagna è tutta una corsa trasversale per sfuggire alle grinfie della malvagia mutazione genetica.

Ma se noi, come spettatori, siamo al sicuro e superiamo la sequenza solo con qualche spavento e con tanta ammirazione per la capacità di muovere una gran massa di persone e farle scappare da un mostro in computer grafica (realizzato davvero in modo ottimo, i suoi movimenti sono tutti naturali e perfettamente implementati con il reale e la folla), la piccola di famiglia non è così fortunata e viene catturata dal mostro grosso.

E’ così che suo padre, che è proprio uno tonto ma gli vuole un mondo di bene, e tutto il resto dei parenti si mette alla ricerca della piccola e alla caccia del mostro. Per loro è una questione privata: e non importa che dovrebbero stare rinchiusi in un ospedale per motivi di “sicurezza” e che l’esercito americano abbia recintato tutta la zona e voglia rilasciare un potente gas antibiologico chiamato Agent Yellow in modo da distruggere il mostro (anche se sembra che il gas sia molto più dannoso del mostro in sé).

La nostra famiglia di sconfitti e sbandati, anche solo grazie alla forza della disperazione, riesce ad aggirare scienziati folli e checkpoint militari, a ritrovare l’unità perduta e a sentirsi veramente uniti, veramente una famiglia. Riuscendo a trovarsi faccia a faccia contro il mostro, a combatterlo corpo a corpo, come se fosse un cane rabbioso qualunque.

Ma non pensiate di trovarvi di fronte ad un film di serie b, uno dei tanti film di mostri, qui siamo di fronte ad un film girato con grande maestria, dove i movimenti di macchina ci accompagnano lentamente fra i piloni di cemento sotto i canali, dove la delicatezza e il tocco leggero nel tratteggiare i caratteri dei personaggi e i rapporti familiari (perché è su quello che il film si incentra) fa emergere il dramma, anche quello più doloroso, con una naturalezza e un candore che è difficile credere che siamo in un film dove un mostro cattivissimo emerge dalle acque e ammazza tutti.
E’ brutto constatare che né il cinema italiano, né quello americano, riescono a parlare dell’amore familiare in modo così originale, fresco e antiretorico come qui è stato fatto.