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Dark Shadows: le recensioni dall’Italia e dall’Estero

Il nuovo film di Tim Burton non conquista la critica. E il pubblico? I lettori di Cineblog da che parte stanno?

di carla
pubblicato 14 Maggio 2012 aggiornato 1 Agosto 2020 01:26


Deludente. Non ho ancora visto Dark Shadows ma scrivendo questo post mi sono resa conto questa è la parola che può riassumere le recensioni negative trovate in giro sul nuovo film di Tim Burton. La nostra recensione non è entusiasta mentre voi l’avete, in sostanza, promosso (mentre scrivo il 53% dei voti è positivo). Ma veniamo alle critiche italiane ed estere.

    Manohla Dargis – New York Times: Dark Shadows non è tra le opere più ricche realizzate da Mr. Burton, ma è molto divertente, visivamente sontuosa e, nonostante il suo materiale inizialmente lugubre e qualche sussulto di sporadica violenza, è sorprendentemente effervescente.

    Ann Hornaday – Washington Post: Una sfacciata parodia di cultura pop pavoneggiata e l’esercizio cupo di auto-cannibalizzare la nostalgia, Dark Shadows è deprimente su una miriade di piani.

    Kenneth Turan – Los Angeles Times: Una combinazione di elementi incerti che cerca invano di essere per metà inquietante e per metà divertente e tutto strano (…)

    Christopher Orr – The Atlantic: I fan di Depp e Burton troveranno la loro ricompensa lungo la strada. Ma c’è una vibrazione superficiale di quello che succede, una stanchezza tra le stranezze.

    Stephen Cole – Globe and Mail: Dark Shadow è solo una relazione significativa tra Depp e il suo pubblico. E’ un personaggio adesso, non più un attore.

    Lou Lumenick – NYPost: Dark Shadows ha certamente i suoi momenti, soprattutto quando Barnaba e Angelique distruggono l’ufficio, nel corso di un esilarante incontro CGI e PG-rated.

    Cole Smithey – ColeSmithey.com: Dark Shadows è molto più divertente di qualsiasi altro film della saga di Twilight.

    Diva Velez – TheDivaReview.com: Non è abbastanza divertente per essere definito una commedia, né spaventoso per rappresentare lo show TV originale. Dark Shadows non ha idea di cosa vuole essere e finisce per essere niente.

    Ed Whitfield – The Ooh Tray: Un mostro senza allegria.

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    Beth Accomando – KPBS.org: Non c’è alcun tentativo di sviluppo del personaggio. I personaggi esistono solo come gag, e gag a buon mercato.

    Scott Nash- Three Movie Buffs: Sembra buono, come ci si aspetterebbe da Burton, ma la sceneggiatura manca di mordente.

    Lori Hoffman – Atlantic City Weekly: Dark Shadows si siede lì, piatto e noioso, con l’energia degli attori rivolta verso il basso.

    Matt Brunson – Creative Loafing: Come è possibile che un uomo che pochi anni fa si ergeva come uno dei nostri attori più interessanti e non convenzionali è ormai diventato uno dei più prevedibili?

    Tim Martain – The Mercury: Anche quando un film di Tim Burton non è grande, è ancora piuttosto buono, non è mai veramente “cattivo”.

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    Daniel M. Kimmel – New England Movies Weekly: Questa nuova collaborazione tra il regista Tim Burton e l’attore Johnny Depp è senza dubbio la cosa migliore che hanno fatto insieme da Sweeney Todd.

    Brandon Judell – CultureCatch: Fondamentalmente è una cornucopia di inettitudine, Dark Shadows avrebbe dovuto essere relegato dove il sole non splende.

    Philip French – Observer (UK): In definitiva il film è piuttosto normale, un po’ come un modesto horror di Roger Corman imbarazzato dalle dimensioni del suo bilancio.

    Dennis Schwartz – Ozus’World Movie Reviews: Un altro film visivamente spettacolare pieno di costumi sontuosi e dello stile gotico del regista Tim Burton.

    Luke Buckmaster – Crikey: Le barzellette sembrano essere state scritte, abbastanza opportunamente, dai morti.

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    Massimo Bertarelli – il Giornale: Omaggio gotico di Tim Burton ad una serie tv fine anni ’60 che andava per la maggiore. Con che risultato? Sfornando uno dei personaggi meno empatici della galleria burtoniana ma dotato di sano humour british. Insomma senza nulla a pretendere (Peppino docet), un film superficiale, ma divertente.

    Dario Zonta – l’Unità: Il connubio tra Tim Burton e Johnny Depp è talmente consolidato da risultare non più sorprendente, almeno a giudicare dalle ultime imprese del “duo”, che ci sono sembrate ripetitive, fiaccate da un modello che ha barattato l’invenzione con l’aspettativa (…). Insomma avevamo paura che l’ultimo connubio, questo Dark shadows, soffrisse i dolori di una storia d’amore, quella tra attore e regista, diventata consuetudine noiosa. Invece non è così. Tim Burton torna al lavoro con Johnny Depp in un film ironico e intelligente, tratto da una soap opera americana degli anni ’60, Dark Shadows, la prima a portare sul piccolo schermo di pomeriggio storie di vampiri e lupi mannari. All’epoca ha fatto impazzire più di una generazione di ragazzini, trasformandosi nel tempo da camp a cult (…).

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    Fabio Ferzetti – Il Messaggero: C’era una volta Tim Burton, genio che ha reinventato il gotico e il comico con capolavori grondanti sentimento e divertimento. Ora c’è Tim Burton il marchio, vittima del proprio mito, costretto a versare poche gocce di talento in prodotti scuciti come questo Dark Shadows, che aggiorna il concept di una vecchia serie tv a suon di bei nomi e computer grafica, ma dopo un quarto d’ora si imballa, spara qualche colpo a casaccio e non si rialza più. Colpa dell’industria, dell’autore, dei debiti, della routine? Non ci interessa. Vorremmo solo indietro il poeta di Nightmare before christmas o almeno il sublime intrattenitore della Fabbrica di cioccolato. (…) il film è un semidisastro, visivamente bello ma inerte, zeppo di spunti ma incapace di coordinarli. E’ proprio vero: ne uccide più il digitale che la spada.

    Alessandra Levantesi Kezich – La Stampa: Da bambino Tim Burton (classe 1958) era appassionato di questa serie tv-oltre 1200 puntate in onda in feriale pomeridiana fra il 1966-71 di cui anche Johnny Depp, benché di cinque anni più piccino, è stato fan (…). Se la serie si prendeva sul serio, Burton tratta la materia nella chiave ironica sua tipica e gli conferisce il touch inconfondibile del suo stile visionario, coadiuvato da attori bravi e spiritosi come Michelle Pfeiffer, Helena Bonham-Carter ed Eva Green. Quanto all’arte fatto dandy impersonato da Depp, con la sua faccia pallida, i suoi costumi da gentiluomo e le sue unghie a artiglio appare in perfetta sintonia con l’immaginifica cornice gotico-pop ricreata sullo schermo. Tuttavia in tanto smalto formale si avverte un vuoto: Burton inscena con l’usuale talento un teatrino popolato dei suoi pupazzi preferiti, però il suo cuore sembra stare da un’altra parte.

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    Maurizio Porro – Il corriere della sera: (…) Burton rilancia sull’adorato tema della stravaganza psicosomatica e Depp, per l’ottava volta complice, è la perfetta immagine di un vampiro contemporaneo con un’ironia tutta interiore e l’aspetto di un bambino che potrebbe scoppiare a ridere da un momento all’altro. E poi il fantasy, l’affetto ricambiato per i mostri. Ma non sono solo vampiri, è che la sua popolazione cinematografica è sempre mista, sono vittime e carnefici, ciascuno è alieno all’altro in un mondo pop dove gli adulti combattono la fluorescenza fantastica dei minorenni, si chiamino alice od altro, e qui un’Alice cmq c’è, è Alice Cooper. Insomma Burton quando farà un film neorealista sarà finito, ma per ora non c’è pericolo. Dark Shadows conferma talento anche da commediante (…).

    Valerio Caprara – Il Mattino: Burtoniani di tutto il mondo unitevi. Prima per riconoscere che lo scapigliato poeta dell’aldilà e dei perdenti da un po’ di tempo si sta affievolendo, assomiglia troppo a se stesso e trova difficoltà a governare le dissonanti tonalità delle sue favole nere. Poi per rinfrancarsi cogliendo fior da fiore sullo schermo gli elementi che testimoniano come anche un Tim minore sia sempre preferibile a molti palloni gonfiati dello schermo. Certo, l’ultimo menu imbandito del maestro appariva temerario già in partenza: la trasposizione dell’horror-soap tv «Dark Shadows» che inanellando più di mille episodi tra il 1966 e il 1971 divenne di culto in Usa, ma non ha lasciato un’impronta facilmente decifrabile presso il pubblico e la critica al di qua dell’oceano. […]

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