Annecy 2020: To: Gerard, recensione del cortometraggio della DreamWorks
Il peso di una profezia nel magico mondo di un impiegato alle poste nel corto DreamWorks di Taylor Meacham
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Gerard lavora alle poste, dove dalla mattina alla sera smista lettere in questi tubi che s’intrecciano lungo questi soffitti altissimi, come fossimo in una cattedrale gotica. Come molti, Gerard sembra esserci capitato lì: nel taschino della camicia tiene sempre infatti una moneta, quella che gli diede un mago. Gerard era solo un ragazzino e da allora non ha mai dimenticato quello che il mago gli disse consegnandogliela, ossia che un giorno grazie a quella moneta avrebbe fatto una magia incredibile.
Si tende a sottovalutare il cortometraggio come mezzo a sé stante, ricco in sé stesso e con una dignità ben più significativa del semplice trampolino in vista di qualcos’altro. Chi ha avuto però modo di accostarsi all’argomento, riflettendoci, si sarà reso conto che tirare fuori una storia interessante, che funzioni, in un lasso di tempo ristretto, comporta un coefficiente di difficoltà notevole. Anzi, verrebbe da dire che è quasi un miracolo.
To: Gerard contempla un messaggio semplice, diretto, con il quale più o meno tutti, trasversalmente, posso trovare un punto di contatto. Il momento in cui l’ago della bilancia si sposta è quando una ragazzina si stacca dalla madre, in fila, per finire sotto al tavolo di lavoro di Gerard (va da sé che non vi dico come e perché). Quest’incontro, che già contempla un che di magico per come è maturato, rappresenta la svolta, la fine di un sogno forse, ma l’inizio di un altro.
C’è tutta la nettezza di un modo di raccontare che in certi ambienti, che sia Pixar, DreamWorks o chi per loro, si coltiva con un’attenzione che, fuori dall’ambito dell’animazione, si riscontra con ben minore frequenza, spesso come casi isolati per lo più. Ciascuna di queste aziende ha una sua politica, o per lo meno, si basa su una filosofia che non di rado è peculiare, ma aver ad oggi mantenuto la predilezione per un pubblico giovane, sebbene oramai guardino ad un pubblico di tutte le età, ebbene, tutto ciò ha giovato alle loro narrazioni. Ed un formato come questo, così ridotto, contenuto, non fa che confermare la bontà di tale direzione.
In To: Gerard si attinge a qualcosa di universale, ossia le aspirazioni che non abbiamo smesso di coltivare; integrando però quel grado di realismo appena percettibile, non soverchiante, dato che, in fin dei conti, quello di Gerard è rimasto un sogno, mai promosso al grado di aspirazione. Il nostro ha fin lì atteso, appunto, una magia, ossia l’imponderabile che irrompesse nella sua quotidianità, quella meccanica routine da cui di tanto in tanto si concede una pausa contemplando l’intervento dall’alto. In altre parole, Gerard ha interpretato le parole di quel mago che ancora oggi venera come una profezia.
La domanda a questo punto è: si compirà o meno? Quasi immediatamente diviene questo il perno su cui ruota la vicenda. E noi siamo lì a domandarci non solo se tale profezia diverrà realtà, ma come. Oppure se non si sia equivocato tutto, e allora perché raccontarla una storia del genere? Il resto lo fa la dolcezza con cui le cose troveranno il proprio posto, forse smentendo la premessa oppure, semplicemente, portandola a compimento in un modo che non poteva essere compreso finché la curiosità di una bimba non irrompe in quel ritratto monocromatico che è il vivere di un gioviale personaggio che lavora nel retrobottega e che per anni ha sognato quel momento, fuggendolo, senza però rendersene conto.