Hugh Grant su Hugh Grant: tra scandali, passioni, progetti e nuove ossessioni
Cineblog pubblica in anteprima l’intervista con Hugh Grant, estratta da un articolo in edicola dal 10 marzo 2012 con Io Donna
Bramato dalle donne per quel fascino british e la verve ironica che lo hanno fatto sopravvivere a parecchie commedie sentimentali, invidiato dagli uomini per i suoi scandali poco sentimentali, Hugh (John Mungo) Grant torna alla ribalta e in sala, dopo aver rifiutato il terzo Bridget Jones e dato battaglia l’inchiesta sulle intercettazioni illegali.
Siamo in parecchi ad aspettare di vederlo nei panni del barbuto ed entusiasta capitan pasticcione dei pirati in plastellina diretti da Peter Lord, e ancora di più nei panni del violento e stupratore di Cloud Atlas diretto dai fratelli (Andy e Lana) Wachowski e Tom Tywker. Dopo lo scandalo intercettazioni, alla sua prima apparizione in pubblico per The Pirates! Band of Misfits, al cospetto dei giornalisti in attesa sembra che abbai esclamando
«Io non dovrei nemmeno essere qui .. Sono invisibile, sono solo un nome su un poster. E mi sono anche accorto che solo in America e in Gran Bretagna il film uscirà con la mia voce. In tutto il resto del mondo Pirati! Briganti da strapazzo sarà doppiato. Perché sono qui? È assurdo. Vincent Cassel (che di solito doppia Hugh Grant nella versione francese dei suoi film, ndr) è molto meglio di me: voce sexy, profonda, fantastico. Intervistate lui».
Pero dopo il salto potete leggere in anteprima un estratto dell’intervista pubblicata su un articolo di Io Donna del 10 marzo 2012, rilasciata da Hugh Grant su scandali, passioni, progetti e nuove ossessioni.
Dal debutto nel 1982, al successo di Quattro matrimoni e un funerale, fino a Pirati!, se oggi si guarda alle spalle che cosa conclude?
Sarebbe inutile che facessi finta che non è stato bello, ma non posso comunque dimenticare di essere diventato attore per sbaglio e che ho sempre pensato che fosse un lavoro temporaneo. Lo penso ancora.
E del rovescio della medaglia che si accompagna alla fama che cosa pensa?
Più che un rovescio è una sensazione di stranezza. È un salto notevole quello che fai: dallo sperare di trovare un messaggio in segreteria telefonica ad averne 400 in un colpo.
In questi anni, comunque, avrà perfezionato dei trucchi per salvarsi dall’eccesso di popolarità.
Una delle mie consolazioni preferite è confrontarmi con persone che hanno i miei stessi problemi. Ne parlavo qualche tempo fa con Tom Hanks. Gli ho chiesto: «Ma non ti fa venire la nausea vedere sullo schermo il tuo primo piano?». E lui: «Di brutto».
Come ha fatto per entrare in questo ultimo ruolo, il capo dei pirati di un cartoon, si è fatto crescere la barba?
Certo e ho passato molto tempo in navigazione. Sono proprio quel tipo di attore. Sempre stato.
Arrivato a questo punto della vita e della carriera non l’attira l’ipotesi di un cambiamento?
L’unica cosa che mi attira davvero è passare dall’altra parte della macchina da presa, ma non so dirle quando succederà. Ho delle idee, ma ho bisogno di fare un po’ di ordine prima, archiviare la questione delle intercettazioni, poi chiudermi in una stanza silenziosa e dove il mio telefonino non prenda. A quel punto credo che potrei scrivere qualcosa di sensato.
Con la recitazione ha chiuso?
È in fondo alla lista delle cose che desidero fare.
Quindi niente Bridget Jones’ Baby?
Stanno scrivendo e riscrivendo la sceneggiatura di un eventuale terzo capitolo, ma nessuno di noi tre (oltre a lui, Renée Zellweger e Colin Firth, ndr) ha firmato il contratto. Devono farsi venire una buona idea, perché non si può sostenere che sia passato un anno dall’ultimo film, siamo tutti e tre piuttosto “vetusti” ormai.
È soddisfatto di come procede l’inchiesta sulle intercettazioni illegali?
Molto soddisfatto. È uno scandalo enorme e sento di aver contribuito a fare un po’ di chiarezza. Se tutto va come deve, il giudice inserirà delle raccomandazioni nella sentenza e il governo le tradurrà in legge. Ma è una lunga battaglia e fa un po’ paura.
Tutta colpa del culto della celebrità?
Il mercato e i soldi sono diventati la priorità assoluta, grazie anche all’influenza di gente come Rupert Murdoch. Chi se ne infischia dell’etica quando invadendo la privacy delle persone – siano celebrity o, peggio ancora, vittime di un crimine – si possono fare un mucchio di soldi.
Sta pensando di entrare in politica?
Ho passato molto tempo a Westminster (la sede del parlamento britannico, ndr) recentemente e mi sono fatto un’idea di quanto si divertano da quelle parti. Ci sono macchinazioni e congiure giorno e notte, non credo faccia per me. E poi non ho una vera fede politica, direi che sono un… relativista seriale. Sono in grado di accogliere le ragioni della destra e della sinistra. L’unico tema su cui ho certezze davvero granitiche è la privacy.
A questo proposito, non ha pensato che fosse ridicolo dover chiedere scusa nel 1995 (Hugh Grant venne arrestato dalla polizia di Los Angeles perché trovato in atteggiamenti compromettenti in compagnia di una prostituta)? In fondo erano affari suoi…
Lo scandalo Divine Brown… In America si trattava di un crimine, quindi è normale che non potesse restare un affare privato. Non ho recriminazioni da fare su questo. Quello che oggi mi interessa, invece, è gettare luce sulle relazioni pericolose e scarsamente democratiche che la politica e la polizia intrattiene con certa stampa e sul furto della privacy degli individui in nome del profitto. La lotta che sto facendo non si riassume con un “Oh, povero me, vorrei che la smettessero di parlare dell’affare Divine Brown”.
Non sarà che più fa politica meno film le offrono?
Tutti hanno bisogno di un hobby. Ora io ho un’ossessione nuova, le auto. Mi imbarazza molto parlargliene, ma da un po’ seguo le gare automobilistiche. Ho fatto un corso e la sera, a letto, leggo sul mio Ipad tutto quello che trovo sull’albero motore o sui dischi dei freni. È bizzarro. Credo di essere in piena crisi di mezza età.
Foto: TM News