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Torino 2011: Inconscio Italiano – Recensione del film di Luca Guadagnino

Sei intellettuali ripercorrono la storia dell’invasione dell’Etiopia ad opera dell’Italia nel 1935 e il rimosso collettivo circa la nostra epoca coloniale.

pubblicato 28 Novembre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 06:10


Sei intellettuali (gli storici Angelo Del Boca e Lucia Ceci, gli antropologi Iain Chambers e Michela Fusaschi e i filosofi Alberto Burgio e Ida Dominijanni) ripercorrono, ognuno dal punto di vista della propria disciplina, il breve periodo coloniale italiano all’epoca del Fascismo e in particolare l’invasione dell’Etiopia del 1935.

Partendo dalle immagini mistificatorie dei cinegiornali e dei documentari dell’Istituto Luce dell’epoca, gli studiosi smontano il mito degli “italiani brava gente”, raccontano il colonialismo e il Fascismo per quello che erano (due atrocità immonde), smascherano i meccanismi con cui la propaganda del regime raccontava l’invasione di uno stato sovrano addirittura come una missione di pace e di salvezza per il popolo etiope (un’abitudine che non si è certo persa nel tempo…) e collegano gli episodi e la mentalità dell’epoca all’Italia degli ultimi vent’anni.

Il finale è affidato a un lungo montaggio di immagini di repertorio, volte a mostrare quanto prima descritto solo a voce e a smontare la propaganda fascista.

inconscio italiano 02

L’ultimo documentario di Luca Guadagnino (già presentato allo scorso Festival di Locarno) è un’opera molto importante per l’Italia di oggi. O meglio, il tema scelto da Guadagnino lo è. Sicuramente, lo sono le interessantissime lezioni private dei sei intellettuali, che è un piacere stare a sentire e che spingono a riflettere e ad approfondire gli argomenti trattati. Lo sono anche le motivazioni che hanno spinto il regista a realizzare questo film.

Purtroppo non lo è tanto il film in sé, che si limita per lo più a registrare queste lezioni con l’unica preoccupazione di trovare inquadrature ricercate per i volti di chi parla, relegando all’ultima parte lo specifico cinematografico del montaggio, nella lunga sequenza di immagini di repertorio che mostrano quello che è appena stato raccontato a voce e inseriscono le vere immagini della guerra e dei massacri in mezzo a quelle celebrative dei cinegiornali.

Il problema è che non so quanto l’ammonticchiare tutte queste immagini alla fine del film sia una scelta felice e quanto possa aiutare lo spettatore a comprendere quello che gli si sta raccontando, visto che l’effetto che fa è più quello di aver montato per sbaglio in coda tutte le immagini di copertura del film, cosa che all’inizio incuriosisce anche, ma alla lunga, vista la durata, risulta soporifera.

Bisogna quindi separare i contenuti dalla forma. E i contenuti sono il racconto importante di cosa sia stata la nostra invasione dell’Etiopia (durante la quale abbiamo ucciso 300.000 etiopi, usato armi chimiche all’iprite e fatto uso diffuso di giustizia sommaria e violenza gratuita fino alla distruzione di un intero villaggio, sede della chiesa cristiana locale e quindi popolato dai vertici religiosi) e quindi lo smascheramento di tutta quell’ipocrisia con cui ancora oggi da molte parti si tende a dire che gli italiani non sono cattivi come gli altri, che i nostri soldati sono sempre umani e ben voluti dalle popolazioni che subiscono le nostre invasioni, che il Fascismo alla fine non era poi così brutto, che l’unico errore di Mussolini è stato allearsi con Hitler e fare la guerra (come se Hitler non si fosse ispirato al totalitarismo italiano per costruire il suo regime) e via proseguendo di luoghi comuni e qualunquismo.

A partire da questo, il discorso si sposta poi sugli strascichi che questo “rimosso” collettivo ha lasciato nell’immaginario e nella coscienza di un’intera nazione, la nostra. La forma però non è all’altezza di contenuti così complessi e così vasti. La scelta di rigore estremo di affidare quasi tutto il film solo alle parole degli intellettuali (come a restituire l’idea dei saggi politici degli anni ’60, dice Guadagnino in un’intervista) rende l’opera troppo scarna e ne limita le potenzialità, rendendola di fatto simile a un seminario universitario. Insomma, se guardo un film intitolato nientemeno che “Inconscio italiano”, allora voglio vedere dove quell’inconscio si manifesta nell’Italia di oggi e non solo sentirmi spiegare dove si è formato.

In questo, purtroppo, il documentario di Guadagnino sa di occasione mancata. Oppure di ottimo punto di partenza. Fatto sta che manca qualcosa. Anche da un punto di vista squisitamente spettacolare e narrativo, nel senso che un racconto del genere, che ambisce ad avere giustamente molta importanza per la cultura italiana (dal momento che cerca di spiegarla da un punto di vista ben preciso) dovrebbe cercare di arrivare al maggior numero di persone possibile e di coinvolgerle nelle proprie riflessioni. Una costruzione un po’ più accattivante aiuterebbe. Far luce su una questione come il rimosso della coscienza di un intero Paese serve a poco se a poterla (o volerla) vedere sono poi solo una minoranza di intellettuali.

E purtroppo il film finisce per sembrare questo: una bella chiacchierata tra persone molto colte e molto intelligenti. Il che è sicuramente ossigeno per la mente, ma rimane la sensazione che si potesse fare di più e cercare di raggiungere e ossigenare anche le menti meno sofisticate e disposte a seguire le sei lezioni qui proposte. Insomma, se invece che ad Adorno, Guadagnino si fosse ispirato a Gramsci, forse il film ne avrebbe guadagnato.

Poi, ci può benissimo essere chi trova il metodo di racconto scelto estremamente pulito e rigoroso, e apprezzarlo proprio per questo, ma io resto dell’idea appena esposta e mi aspettavo molto di più.
Il voto è una media tra l’importanza e la profondità del discorso e l’incompiutezza del documentario in quanto film.

Voto Fulvio: 6,5

Inconscio Italiano (Italia, 2011 – Documentario – 100′), di Luca Guadagnino, con Angelo Del Boca, Lucia Ceci, Iain Chambers, Michela Fusaschi, Alberto Burgio, Ida Dominijanni

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