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Roma 2011: A Better Life – Une vie Meilleure: Recensione in Anteprima

Concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, la pellicola è stata da noi recensita

pubblicato 29 Ottobre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 07:11



11 anni dopo Roberto Succo e 2 anni dopo Les Regrets, il francese Cédric Kahn torna in sala con Une vie Meilleure, diventato A Better Life per il mercato internazionale. In Concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, la pellicola ruota attorno a Guillaume Canet, in passato già visto al Festival capitolino con Last Night e con il suo film da regista Les petits mouchoirs.

Applaudito dalla stampa, Une vie Meilleure racconta l’esistenza ‘a tappe’ di Yann e Nadia. Lui ‘chef’, lei cameriera, i due si incontrano per puro caso, ed è subito amore. A completare l’opera il figlio di Nadia, avuto alla tenerà età di 19 anni e mai riconosciuto dal padre effettivo. In una Parigi particolarmente povera, sporca e massacrata dalla crisi economica che attanaglia l’Europa da 3 anni, i due faranno di tutto per riuscire a fuggire dall’amaro futuro a cui sembrano destinati, andando in cerca di una vita migliore.

Una storia d’amore, in un contesto sociale drammatico, capace di mutare in altro nel corso dei clamorosi eventi che segneranno l’intero film. Cédric Kahn non si nega nulla nel rappresentare l’incubo vissuto da Yann e Nadia, ovvero Guillaume Canet e Leïla Bekhti. Ingenui, giovani e ricchi di sogni e di speranze, i due innamorati provano ad aprire un ristorante. Per riuscire nell’impresa si indebitano in maniera ingestibile, tanto da finire sommersi dai debiti. Messi con le spalle al muro, e trascinati da un’irruenta foga in un limbo di litigi ed accuse reciproche, finiscono per dividersi. Nadia va a cercare fortuna in Canada, lasciando suo figlio in compagnia di Yann per soli 30 giorni, ovvero il tempo necessario per poter prendere il primo stipendio e pagarsi una casa in affitto. Ma qualcosa va storto nei piani della ragazza, perché Nadia sparisce, facendo perdere ogni traccia di se. Per quasi 9 lunghi mesi, ‘costringendo’ Yann a crescere un bimbo, non suo, senza un soldo in tasca, e con oltre 200,000 euro di mutuo da pagare, tra finanziamenti e prestiti bancari pronti a strangolarlo definitivamente….

Provare a tratteggiare tre vite, che ad un certo punto della loro esistenza finiscono per incontrarsi, per poi cercare di non affondare, aiutandosi l’uno con l’altro. Esagerando troppo spesso nel portare all’estremo la ‘stupidità’ dei due protagonisti, a dir poco folli nel costruirsi una ‘tomba economica’ con le proprie mani, Cédric Kahn riesce comunque a convincere, grazie soprattutto ad un’ultima parte capace di riunire i punti seminati fino a quel momento, chiudendo così un cerchio chiaro e decisamente ‘positivo’.

Perché una vita migliore è sempre possibile, anche dinanzi ad un presente che appare senza speranze. Tutto sta nel combattere, come sottolinea ad un certo punto del film un bravissimo Guillaume Canet, irruento, sognatore, onesto lavoratore parigino, ‘colpevole’ di amare, tanto il suo lavoro di cuoco quanto la bella Nadia, interpretata da una sorprendente Leïla Bekhti. Costretti a dover subire un destino apparentemente infame e bastardo, i due corrono disperatamente per quasi due ore verso una salvezza che appare irragiungibile per 3/4 di pellicola, fino all’insperato finale, non del tutto rassicurante ma comunque ‘positivo’, soprattutto in proiezione futura.

Nel raccontare la storia di quest’atipica ‘famiglia’, con un padre acquisito, prima severo ma con il passare del tempo amorevole, e una madre inizialmente sempre presente e tutto ad un tratto evanescente, Kahn mette sul banco degli imputati la crisi economica di questi anni, con le banche assolute protagoniste, perché colpevoli di vendere ‘sogni e speranze’, per poi rivolere indietro tutto, e con tanto di interessi. Per riuscire nell’impresa il regista troppo spesso si perde nell’eccesso, per non dire nel ‘surreale’ sociale, passando però con garbo da un tema all’altro, tanto da regalarci un finale apparentemente sereno. Perché una vita migliore è possibile, sempre e comunque. Soprattutto al cinema.

Voto Federico: 7 –

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