Cannes 2011: Melancholia – Recensione in Anteprima del film di Lars Von Trier
Melancholia: Recensione in Anteprima da Cannes
Melancholia (Danimarca, 2011) di Lars Von Trier. Con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling, Alexander Skarsgård, Stellan Skarsgård, Udo Kier, John Hurt e Brady Corbet. Esordisce finalmente al Grand Théâtre Lumière l’atteso film di Lars Von Trier, atteso al varco per questo suo ultimo, “malinconico” lavoro. Anche se, alla luce della proiezione a cui abbiamo assistito, il titolo del film appare anche troppo soft rispetto ai contenuti.
Inutile negare, in ogni caso, l’interesse suscitato già dalle premesse. Cosa aspettarsi dal regista danese allorquando deve confrontarsi con argomenti come la “fine del mondo”? Parliamo di quello che un tempo i francesi definivano état d’esprit, fenomeno che ciclicamente si ripropone. E qual è uno dei principali état d’esprit di questi ultimi anni, se non la fine del mondo – con profezie annesse? Certo, niente ha lasciato anche solo ipotizzare che potessimo trovarci dinanzi ad un nuovo 2012, anche perché il ricorso alla computer grafica è davvero contenuto. Resta comunque una generosa concessione dal regista di Idioti.
Ma Melancholia non è semplicemente incentrato sulla definitiva scomparsa del nostro pianeta. Von Trier, tra le innumerevoli vicende su cui poteva rivolgere la propria attenzione, sceglie di narrare gli ultimi giorni di vita sulla Terra seguendo la brevissima storia di due sorelle: Justine e Claire. La prima, novella sposa. La seconda, amorevolmente alle prese con l’organizzazione del ricevimento.
Se c’è un una cosa che non si può fare a meno di riconoscere al regista, però, è la sua spietata sincerità. Difatti, dopo i primi dieci minuti, sappiamo già come finirà: muoiono tutti! Stilisticamente parlando, saranno anche dieci minuti di pregevolissima fattura, con una fotografia di altissimo livello. Ma è così, non si tratta di un’opinione, né, più ragionevolmente, della classica uscita da annoiato guastafeste. Già questo ci dice molto sul tenore della pellicola. Che il mondo finirà insensatamente, su questo Von Trier non ha dubbi. Resta da chiedersi se esista qualche spiraglio in vista di un’altra vita, o se quella che stiamo vivendo, in questa valle di lacrime, valga la pena di essere vissuta.
Anche in questo caso, il titolo ci aiuta parecchio. Anzi, ci aiuta anche troppo, smorzando qualsivoglia velleità interpretativa. No, sembra dirci il regista… nulla di ciò che accade entro i confini del nostro mondo e delle nostre esistenze ha senso. Tantomeno ce l’ha ciò che avviene all’esterno. Le poche, sfuggenti inquadrature nello spazio cosmico ci suggeriscono proprio questa deprimente considerazione, avallata da un contesto a sua volta senza speranza.
Tutto parte alla grande, con moglie (Kirsten Dunst) e marito (Alexander Skarsgård) che si avviano verso la lussuosa villa in cui si tiene il loro ricevimento. E’ il loro giorno, e gli invitati aspettano da due ore. I due, però, si scambiano sguardi dolci, manifestando una deliziosa sconsideratezza, tipica di un amore acerbo, quello che forza ad essere spensierati. Ed è questo il quadro a cui s’intende dare vita. Questo è davvero il giorno più bello della loro vita.
Giunti in loco, però, qualcosa sconvolge tutto. Non subito, però. Dopodiché, vecchi dissapori, evidentemente mai sopiti, innescano una serie di tragici episodi a catena. Padre e madre della sposa si odiano, e non intendono nasconderlo. Mossa sbagliata per inaugurare un nuovo matrimonio da poco venuto in essere. Justine viene promossa ad art director dal capo dell’agenzia pubblicitaria presso cui lavora, il che contribuisce ad alimentare l’insostenibile situazione. Nel giro di pochi minuti il mondo della sorridente e bellissima sposa si trasforma in un incubo. Un vortice di paure ed angosce la attanagliano, rendendola mentalmente e fisicamente inabile.
Dall’altra parte della barricata troviamo la sorella (Charlotte Gainsbourg), personaggio decisamente più pacato, quasi dall’impulsività repressa oseremmo dire. E’ lei che, per amore della sorella, si sobbarca, insieme al proprio marito, l’onere di ogni cosa. Si prende cura di lei, insomma. Ma spostiamo la nostra attenzione a ciò che succede più avanti, senza eccedere nei dettagli.
Improvvisamente salta fuori che un pianeta, che prende il nome di Melancholia, sta per impattarsi con la Terra. Ed è qui che tutto crolla irrimediabilmente, anche se le prospettive sono molteplici. Claire realizza che nemmeno il proprio senso di responsabilità, la propria forza d’amare potrà salvare lei e i suoi cari. La vediamo cercare risposte in maniera compulsiva dal proprio marito (Kiefer Sutherland), anche fossero bugie. La sorella, Justine, comincia ad accettare con serena rassegnazione il proprio destino.
Insomma, Melancholia non risparmierà nessuno, non esiste via di scampo. Quel pianeta, tanto più minaccioso quanto più si avvicina, soffoca qualsiasi tipo di reazione, anche tra i più coraggiosi. Più la sua visione diventa nitida, più diventa profondo il pozzo d’angoscia in cui si sprofonda. Ecco allora, perché, ancora una volta, il rimando al titolo chiarisce meglio e piuttosto sinteticamente. La depressione, quella vera, non fa prigionieri. Al contrario! Ti rapisce in malo modo, per poi annientarti in un singolo, eterno istante.
Voto Antonio: 6,5
Voto Gabriele: 10