Oscar 2019, trionfa Green Book: Alfonso Cuaron ne vince 3 con Roma – VIDEO
La diversità da tramutare in inclusione al centro del racconto Oscar.
Alfonso Cuaron ha comunque vinto 3 Oscar, per la miglior fotografia, la miglior regia e il miglior film straniero, ma gli è nuovamente sfuggito, come ai tempi di Gravity, quello più ambito. Il regista messicano ha comunque toccato quota 5 Oscar personali, ma rimarrà indubbiamente il rammarico per l’eventuale 4° della serata, che l’avrebbe proiettato nell’Olimpo e nella leggenda. Mai nessuna pellicola, in 91 anni, è infatti riuscita a vincere l’Oscar come miglior film e miglior film straniero.
Ma a guardare tutti dall’alto in basso, incredibile ma vero, è Bohemian Rhapsody del licenziato e mai nominato Bryan Singer, con 4 statuette vinte. Miglior sonoro, montaggio sonoro, montaggio e attore protagonista a Rami Malek, che ha ricordato dal palco il suo essere figlio di emigrati, proprio come Freddie Mercury. Clamoroso in campo attoriale quanto accaduto a Glenn Close, fino ad oggi vincitrice di tutti i premi di ‘stagione’ (dal Golden Globe al SAG passando per lo Spirit Award) eppure sconfitta dalla regale Olivia Colman de La Favorita, partito con 10 nomination e arrivato al traguardo con un solo Oscar. Per la povera Close si è trattata della settima candidatura andata a vuoto. Nessuno come lei.
Nottata da record anche per Black Panther, tornato a casa addirittura con tre statuette. Migliori costumi, migliori scenografie e miglior colonna sonora, per il cinecomic Marvel più premiato di sempre, mentre A First Man ha vinto l’Oscar per gli effetti speciali, Vice quello per il trucco e parrucco, A Star is Born l’Oscar per la canzone originale e Spike Lee, finalmente, quello per la miglior sceneggiatura non originale (BlacKkKlansman). Storico anche l’Oscar assegnato a Spider-Man – Un nuovo universo, prima statuetta Sony Animation di sempre, con Free Solo miglior doc e Regina King miglior attrice non protagonista grazie a Se la strada potesse parlare. Mai, in 91 anni di Academy, si erano visti tanti vincitori afroamericani.
Un’edizione ecumenica, come sempre più accade da diversi anni a questa parte, con statuette seminate ad ampio raggio per accontentare un po’ tutti. La diversità, perfettamente incarnata dal Mahershala Ali di Green Book, non solo nero ma anche omosessuale, ha fatto da filo conduttore per l’intera serata, in un’America divisa e in una Hollywood mai come quest’anno poco incisiva. Netflix, che aveva speso decine di milioni di dollari per fare filotto, ha comunque infilato un piede nella porta, vincendo 4 Oscar (c’è anche la statuetta per il miglior corto documentario) al primo colpo. E’ chiaro che nulla, considerando il The Irishman di Martin Scorsese in uscita nel corso del 2019 proprio sulla piattaforma streaming, sarà più come prima.
Tra gli sconfitti non solo La Favorita, vincitore di un unico Oscar dopo 10 candidature, ma anche Vice – L’uomo nell’ombra e A Star is Born, partiti con 8 candidature e tornati a casa con un’unica statuetta; e il povero Bradley Cooper, candidato a 3 Oscar e sempre sconfitto. Filotto quasi perfetto per Bohemian Rhapsody (4 Oscar su 5 candidature) e Green Book (3 su 5), mentre Black Panther, in attesa di Avengers: Endgame, ha ufficialmente sdoganato il cinecomic in casa Academy. Neanche Christopher Nolan, con gli acclamati 3 Batman, era riuscito nell’impresa.