Oscar 2011: diamo un’occhiata alle 5 colonne sonore candidate
In mezzo alle categorie degli Oscar, ce n’è una che ci sta particolarmente a cuore, ed è quella per la miglior musica. La colonna sonora è fondamentale in un film, visto che può anche cambiare radicalmente i significati delle immagini che scorrono sullo schermo. O semplicemente è fondamentale per creare un approccio emotivo da parte
In mezzo alle categorie degli Oscar, ce n’è una che ci sta particolarmente a cuore, ed è quella per la miglior musica. La colonna sonora è fondamentale in un film, visto che può anche cambiare radicalmente i significati delle immagini che scorrono sullo schermo. O semplicemente è fondamentale per creare un approccio emotivo da parte dello spettatore. Ad esempio, a Clint Eastwood bastano poche note (di pianoforte, di chitarra o quant’altro) per offrire al film una sua personale impronta e per descrivere l’atmosfera dell’opera.
Per quel che riguarda gli Oscar, personalmente devo ancora riprendermi dalla mancata nomination qualche anno fa di quella che considero una delle più straordinarie colonne sonore degli ultimi anni, ovvero quella composta da Nick Cave per L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford di Dominik. E poi possiamo ancora parlare per ore delle musiche non nominate in questa edizione, a partire forse da quelle de Il Grinta. Ma tant’è: le cinque colonne sonore di quest’anno presentano caratteristiche interessanti, e visto che sarete chiamati a votare tra qualche giorno chi secondo voi vincerà la statuetta la notte del 27 febbraio, diamo un’occhiata assieme alle cinque colonne sonore nominate. Sono in ordine alfabetico e non c’è alcuna preferenza.
127 Ore – di A.R. Rahman
Seconda collaborazione tra A.R. Rahman e Boyle, dopo la travolgente Ost di The Millionaire (Oscar nel 2009), la musica di 127 ore non presenta solo brani del compositore indiano, ma anche brani non originali che si uniscono molto bene alla storia (e ai flashback) della pellicola per un totale di 14 tracce. Il disco si apre con il divertente e ritmato brano dei Free Blood, Never Hear Surf Music Again, che sposa l’apertura un po’ folle del film con ritmi tribali sotto acido (provate a sentire anche il testo, non a caso).
Si continua dopo il salto, e per vedere le locandine dei dischi cliccate sulle immaginette.
La parte non originale della colonna sonora si presenta all’ascolto come un mix a suo modo sorprendente, come accade guardando il film (non è però così sorprendente per chi ben conosce il cinema di Boyle). A Lovely Day di Bill Withers si affianca il Nocturne No.2 di Ashkenazy, e alla ritmatissima Ca Plane Pour Moi dei Plastic Bertrand, usata nella scena della “festa” in auto sotto la neve, si affianca l’elegante If You Love Me (Really Love Me) di Esther Phillips.
Il lavoro di Rahman invece tende a descrivere la bellezza e il fascino del luogo in cui la pellicola è ambientata (The Canyon), a sottolineare con alcuni accordi di chitarra l’importanza vitale di un po’ di sole per il protagonista col braccio incastrato (Touch of the Sun), ed infine ad accompagnare con sonorità ossessive i suoi metodi per liberarsi (Liberation Begins, Liberation In A Dream e Liberation). Chiudono il disco Festival di Sigur Ros, usata proprio verso il gran finale, e la dolce ed evocativa If I Rise, scritta dal compositore assieme a Dido e candidata agli Oscar come Miglior canzone.
Il discorso del Re – di Alexandre Desplat
Che Desplat sia un grande professionista non ci sono dubbi, e lo dimostrano ancora una volta le 11 tracce (in totale sono 13, ma le ultime due sono brani di Beethoven) della sua colonna sonora per il pluripremiato e candidato film di Hooper. Una classica colonna sonora professionale e con tutte le cose a posto, creata in modo da sposare perfettamente le immagini del film ma davvero gradevole anche da ascoltare in modo indipendente.
Apre il disco la breve, dolce ed elegante Lionel and Bertie, tra archi ed un pianoforte, vero strumento protagonista della Ost. Il brano successivo, The King’s Speech, presenta il tema principale, eseguito proprio al pianoforte, e che verrà ripreso in altre tracce come The Royal Household e Fear and Suspicion. È un brano che abbraccia il lato più piacevole della pellicola, anche se man mano che le tracce proseguono la strada della malinconia inizia a farsi sentire.
Ed ecco che si scivola nelle atmosfere diverse di My Kingdom, My Rules, un brano molto bello, che trova una sua variazione nel tema associato a Queen Elizabeth, ma che torna sul finale con il più spensierato main theme. Più malinconico Memories of Childhood, realizzato con poche e lievi note. Concludono la colonna sonora (e il film) come si diceva prima due tracce di Beethoven, eseguite dal direttore d’orchestra Terry Davies (compitore, tra l’altro, delle musiche de L’illusionista di Chomet).
Dragon Trainer – di John Powell
Collaboratore abituale di Greengrass, l’inglese John Powell è anche “specializzato” in colonne sonore per film d’animazione, come Happy Feet, la trilogia de L’era glaciale, Ortone e il mondo dei Chi. E quella di Dragon Trainer (ben 25 tracce) non è la prima esperienza in casa Dreamworks, per la quale ha già firmato le musiche di Shrek e Kung Fu Panda.
Il suo lavoro per questo meraviglioso film è forse uno dei suoi migliori, grazie ad un professionale utilizzo dell’orchestra che si sposa all’atmosfera avventurosa dalle sfumature celtiche. Si viene trascinati subito da This Is Berk, brano entusiasmante che ben descrive il villaggio dove è ambientato il film. Tra l’uso di cornamuse (The Downed Dragon), del coro (all’inizio di Dragon Training) e del pianoforte (la dolce Where’s Hiccup?), sono proprio le sonorità celtiche a farla da padrone: ascoltate New Tail, che farà impazzire gli appassionati, e Test Drive.
Da ascoltare e riascoltare Forbidden Friendship, emozionante mix in crescendo di pathos e sottofondo celtico per uno dei brani più belli, in cui c’è anche la voce solista che compare altre volte. Verso la conclusione, Battling The Green Death si presenta come la perfetta summa dell’anima più fantasy della Ost. Bella Sticks & Stones, brano cantato da Jónsi (chitarrista e cantante, componente del gruppo islandese Sigur Rós), che tra le parole Let yourself go / Stay close to me ci conduce alla conclusione in “celtica” e tranquilla bellezza di The Vikings Have Their Tea.
Inception – di Hans Zimmer
Tra le colonne sonore più amate dell’anno, quella di Inception composta da Hans Zimmer si candida come quella che ha più possibilità di entrare nell’immaginario collettivo dei cinefili. Le sonorità che permeano la Ost ci sono già nella prima traccia, la minacciosa, inquietante e misteriosa Half Remembered Dream. Come molti hanno già fatto notare, la cellula musicale che è il tema portante del film è una versione rallentata di Non, je ne regrette rien di Édith Piaf: chi ha visto il film non può che dire… geniale!
Nel disco ovviamente non è presente il brano Mind Heist di Zack Hemsey, composto apposta per il trailer e non presente nel film. Ma non c’è da disperare vista l’alta qualità. Dream Is Collapsing presenta i suoni accattivanti di un sogno che conquista e poi esplode crollando: ascoltate anche il suo sviluppo nella lunga Dream Within A Dream. L’avvolgente Old Souls ci fa capire che Zimmer è interessato a sviluppare i brani in un crescendo sempre più forte e forse inevitabile, come accade con la malinconica Waiting For A Train (quasi 10 minuti).
528491 è uno dei brani più belli per capire ancora la costruzione e il crescendo della musica di Zimmer, con un’impressionante esplosione di tromboni alla fine, vero leitmotiv della soundtrack e del film: un crescendo che negli ultimi 20 secondi fa davvero paura. E se non bisogna dimenticare l’azione travolgente di Mombassa, non finiremo mai di elogiare l’ultimo brano, Time. Un tema emozionante e d’atmosfera unica che fa rivivere il film, complice anche l’ultimo minuto in cui sono le note staccate di un pianoforte a dominare, e che si ricollega alla fine di Half Remembered Dream, chiudendo il cerchio con una nota finale in crescendo e che viene brutalmente interrotta.
The Social Network – di Trent Reznor e Atticus Ross
19 brani per una soundtrack potentissima e incisiva. Il leader dei Nine Inch Nails e il compositore britannico, che ha già collaborato con Reznor e ha già composto colonne sonore (Codice: Genesi), hanno fatto un lavoro di altissimo livello, tanto da essere stati riconfermati da Fincher per la Ost del suo remake di The Girl with the Dragon Tattoo. Sin dal primo brano, Hand Covers Bruise, entriamo nel mood del film, malinconico ma anche minaccioso, in un crescendo in pieno Fincher style. Ed è presente ovviamente il riconoscibilissimo tema prinicipale eseguito al pianoforte.
Tra ballate a fibre ottiche (In Motion) e sonorità ipnotiche (ascoltate Intriguing Possibilities), il motivo principale torna più volte in variazioni come It Catches Up with You, Almost Home, ed infine nel Reprise. L’atmosfera si fa sempre più ossessiva, minacciosa e vicina al pericolo con 3:14 Every Night, mentre i suoni di Carbon Prevails sembrano quasi imitare suoni, rumori ed interferenze del mondo di Internet.
E se Reznor e Ross riprendono tracce a cui hanno collaborato assieme nei dischi Ghosts (la straordinaria A Familiar Taste, variazione di 35 Ghosts IV, e Magnetic, variante di 14 Ghosts II), si concedono una variazione d’alta classe con In the Hall of Mountain King dalla suite di Grieg, usata nella scena della gara dei Winklevoss in canoa. Insomma: un lavoro sperimentale e ambient che si candida come quello più interessante ed entusiasmante dell’anno.