Immaturi – Ricky Memphis, Barbora Bobulova e Anita Caprioli parlano del film
Le commedie italiane sembrano godere di un momento particolarmente felice. Abbiamo appena visto i numeri che sta macinando Checco Zalone che già ci apprestiamo ad accogliere nelle sale un altro film con le carte in regola per fare ottimi risultati. Stiamo parlando di Immaturi, secondo film in pochi mesi per Paolo Genovesi (regista de La
Le commedie italiane sembrano godere di un momento particolarmente felice. Abbiamo appena visto i numeri che sta macinando Checco Zalone che già ci apprestiamo ad accogliere nelle sale un altro film con le carte in regola per fare ottimi risultati. Stiamo parlando di Immaturi, secondo film in pochi mesi per Paolo Genovesi (regista de La Banda dei Babbi Natale) con un cast che promette scintille. La storia è quella di una intera classe di ex liceali che sono chiamati a ripetere l’esame di maturità per colpa di un problema burocratico. Sarà l’occasione per confrontarsi con il loro passato e il loro presente. In occasione dell’anteprima milanese, Cineblog ha incontrato Ricky Memphis, Barbora Bobulova e Anita Caprioli, ecco cosa ci hanno raccontato:
Sogni ancora il tuo esame di maturità?
Bobulova – In Slovacchia il sistema scolastico è molto diverso, non ho mai avuto incubi per un esame. Capitava raramente che bocciassero qualcuno e per me è stato un po’ diverso. Anche perché quando mi ci sono trovata già facevo teatro e credo di aver colpito la mia commissione con la recita di un brano di Shakespeare. Me la sono cavata con la cosa migliore che sapevo fare!
Memphis – Io non ho fatto la maturità, mi sono fermato alla terza media. E’ passato troppo tempo e l’esame di terza nemmeno me lo ricordo.
Caprioli – Io me la sono sempre cavata bene, nessun incubo
Immaturi il cast
Come eri come studente?
B – La mia materia preferita era l’educazione fisica, tutto quello che riguardava matematica, fisica o chimica, mi faceva arrampicare sugli specchi. Dovevo essere agilissima!
M – La mia materia preferita era la ricreazione, anzi la campanella!
C – Come spesso accade il mio rapporto coi libri è stato migliore alla fine della scuola, si impara un metodo, ma spesso non lo si mette all’opera. Poi capisci cosa importa davvero, mentre sei a scuola forse non capisci perché fare tanta fatica sui libri.
Quando ti sei reso conto di essere maturo?
B – Ancora oggi credo che ci siano alcune cose in cui sono molto matura, mentre altre in cui sono ancora immatura. E’ una cosa che ognuno di noi deve percepire in modo personale. Un bambino di cinque anni può essere più maturo di un uomo di cinquanta anni. Come l’amore, è un concetto inafferrabile. Nel momento in cui pensi di esserlo, magari per gli altri non lo sei.
M – Non credo che ci sia un momento in cui una persona diventa completamente maturo. E’ una crescita e va vissuta di volta in volta. Quando ti trovi davanti alle scelte di vita che devi fare, per esempio. Io credo di essere maturato in fretta, da quando ero piccolo. Ho perso il papà quando avevo quattro anni e nell’ambiente dove sono cresciuto dovevi farlo in fretta. Un altro scatto è avvenuto certamente quando ho avuto un figlio. Ora che sono padre mi rendo conto che quando sei figlio non hai paura di niente, quando poi ne hai uno vedi pericoli in ogni angolo. Non sono stato certo quello che oggi si chiama un bamboccione, ho dovuto essere così.
Come ti sei avvicinato in un ruolo così da commedia?
M – Mi sono divertito, come prima cosa. Un ruolo diverso dai miei commissari di polizia. Decisamente mi piace di più ma non abbandono certo quel mondo. Dipende molto da come è scritto un ruolo. Nel mio prossimo progetto sarò un narcotrafficante, quindi non si riderà come in questo film.
Ricky, come è stato sul set fare coppia con la Bobulova?
M – Barbora mentre eravamo sul set sosteneva scherzando che non mi poteva capitare una parte migliore. In effetti ho lavorato molto con lei e si è creata un’ottima sintonia. Prima non ci conoscevamo, anzi portavamo i figli nella stessa scuola ma non la salutavo nemmeno, sarà per un po’ di timidezza o di rispetto. Poi un giorno è stata lei, dopo aver saputo che avremmo lavorato insieme che ha preso ed è venuta a parlare con me. Erano le 8 di mattina.
Lavorare con Paolo Genovese è difficile?
B – Lavorare con Paolo è molto facile. E’ una persona che interviene solo quando c’è qualcosa che non funziona e ti aiuta o se tendi a strafare tira le briglie. Interviene solo nei momenti giusti.
C – E’ una persona che ha le idee chiare su quello che vuole, ma allo stesso tempo lascia che gli attori mettano del loro, c’è uno scambio molto proficuo per tutti.
Le generazioni giovani sono realmente così distanti?
C – Credo che abbiamo perso il controllo dell’emancipazione degli ultimi quarant’anni anche per via di tutta la tecnologia che è apparsa di recente.
B – Io vengo da un sistema totalitario, ho passato la mia infanzia è sotto un regime. Forse far crescere i figli in un sistema del genere è più semplice che farli crescere in una democrazia, dove non si pongono limiti. Forse per questo come madre sono molto severa. Ci sono troppi stimoli per i bambini, ogni cosa ha un suo tempo e non è giusto bruciare le tappe.
M – Per me non bisogna esagerare nel pensare alle differenze tra generazione. Oggi hanno più possibilità a livello tecnologico, cose che possono essere pericolose o meno controllabili. Ma se penso a come eravamo noi, almeno dove sono cresciuto io, se penso che un mio figlio possa fare un decimo di quello che abbiamo fatto noi, mi viene un colpo. Non eravamo certo ne’ bravi ne’ buoni. Per certe cose oggi hanno internet, non avevamo i giornaletti…Io avrei potuto diventare un tossico, un ladro, un delinquente. Quello dipende da chi frequenti quando esci fuori di casa.
C’è un po’ della tua immaturità nel tuo personaggio?
M – Questa è una domanda per grandi attori, quelli che preparano il personaggio. Io sono andato e ho fatto scena per scena, è merito dell’istinto e una sceneggiatura scritta benissimo.
B – Io ho dovuto creare l’immaturità di madre. Io sono completamente l’opposto, ma visto che frequento tante altre mamme, le ho osservate e una in particolare assomiglia a Luisa. Io non sono così pasticciona nella vita, come madre sono molto più responsabile di lei, cerco di non trovarmi mai in situazioni come quelle che capitano a lei. Sono concreta, razionale e molto pratica.
Quale è la colonna sonora della tua maturità?
B – Difficile citare delle canzoni che qui conoscete, visto che era quasi tutta musica slovacca.
M – Quando ero piccolo avevo una vera passione per Elvis e per la musica degli anni Cinquanta. Quando ero per conto mio sentivo sempre quel tipo di rock. Una passione che mi è rimasta.
Cosa non ti piace del sistema scolastico italiano?
B – Non mi piace parlare male dell’Italia, ma per un motivo particolare. Vivo e lavoro qui da quindici anni e sto ancora aspettando la cittadinanza. Mi sento ancora ospite, gradita ma non ancora accettata completamente. Mi sento molto italiana ma con un handicap, mi sento un ospite e come tale mi devo adattare. Quando sarò accettata e diventerò italiana allora potrò sentirmi italiana e avrò modo di esprimermi liberamente su quello che vedo.
Il tuo italiano?
B – Ci ho messo tanto impegno, sono ore e ore di lavoro con l’insegnante di dizione. Non mi sento certo arrivata e credo che ne avrò ancora tanto di lavoro da fare.
M – Io non ho mai studiato e per me la parlata della borgata è stata l’occasione di fare qualcosa nella vita. Ho iniziato a recitare in quello che hanno chiamato neo-neo-realismo, dove serviva parlare in questo modo. E per fortuna.
Progetti per il futuro?
M – Ho alcune cose in uscita. Un film e alcune fiction con la Rai. Il film sarà l’esordio alla regia di Diego Abatantuono.
Foto | Carlo Prevosti