Roma 2010: E se la Dolce Vita fosse un storia di vampiri?
Va forte il vampirismo in tutte le salse. In varie forme. Per celebrarlo quest’anno è stato vampirizzato accanitamente, appassionatamente, opportunisticamente (nel vuoto di leggende contemporanee) persino l’assente Federico Fellini come autore della “Dolce Vita”, oggetto di attenzioni per nulla esagerate in certi casi. Anche se, purtroppo, pare che la Fondazione a lui intitolata, a Rimini,
Va forte il vampirismo in tutte le salse. In varie forme. Per celebrarlo quest’anno è stato vampirizzato accanitamente, appassionatamente, opportunisticamente (nel vuoto di leggende contemporanee) persino l’assente Federico Fellini come autore della “Dolce Vita”, oggetto di attenzioni per nulla esagerate in certi casi. Anche se, purtroppo, pare che la Fondazione a lui intitolata, a Rimini, si trovi in cattive acque finanziarie, ma si spera che si possa ancora rimediare alla sconfitta e soprattutto al funerale.
A Roma, nei giorni del Film Festival, si è inaugurata la Mostra Labirinto Fellini, di Dante Ferretti e Francesca Loschiavo; da vedere, al Macro Testaccio, La Pelanda. Su tutto, però, vola la proiezione della “Dolce Vita” restaurata con solennità, partecipazione del suo fan Martin Scorsese e della diva Anita Ekberg, smagrita, in stampelle.
Sono fatti accaduti, come ho detto, nella cornice del Festival all’Auditorium, contigui alla presentazione del film remake “Let Me In” di Matt Reeves, tratto da un libro di successo. Let Me In (qui la recensione in anteprima) ospita una giovane vampira, dodicenne forever, assetata di liquido rosso (che non sia vernice) e affamata d’amore, in questo caso verso uno studentino timido timido che prenderà sotto tutela sul filo dell’azzardo (per lo studentino).
Il film cita all’inizio “Romeo e Giulietta” con il risultato implicito di rilanciare in chiave vamp una grande storia e di farle una bella trasfusione. Non a caso. La tendenza di vampirizzare i vampiri, secondo cocktail rosso torbido, procede imperterrita nel cinema e conquista spettatori nelle più diverse versioni, non ho bisogno di citarle.
La contiguità della presentazione del bravo regista Reeves con l’omaggio alla “Dolce vita” mi ha riportato alla intervista alla magnifica Anita che si trova nel mio film Via Veneto Set. Anita è, in questa intervista, su di peso, truccata troppo, i capelli come spaghi, sempre affascinante comunque: un ‘icona che ha voluto invecchiare in Italia. Parla del lavoro e dell’amicizia con Federico. Lo loda, ricorda la riconoscenza, la fortuna che ebbero lei e il socio Marcello Mastroianni a lavorare con lui; poi, in un’ultima frase della stessa intervista, lascia scivolare con un pizzico di rabbia un risentimento incancellabile (?).
Dice che deve molto a Federico ma che il grande amico, il grande regista non l’ha aiutata allo stesso modo in cui ha aiutato Marcello; e gli occhi si fanno in questo momento accesi, nervosi, malinconici e amari. Sedotta e abbandonata. Vampirizzata e usata : con le sue splendide scollature e le pose in tanti luoghi immortalati dalla pellicola, nella fontana di Trevi, sulla cupola di San Pietro, allo spumeggiante arrivo (con pizza) all’aeroporto; insomma, nella gloria di un film che per Anita, risucchiata fino in fondo nel leggendario film.
Vampirizzata e dimenticata. Vivono, e sono al massimo del successo, i vampiri e le vampire che vampirizzate dal cinema, che per ora non temono nulla. Succhiano e si fanno succhiare. Per carità. Sangue finto certo; però metaforico e soprattutto romantico, romanticissimo, struggente, in nome di trasporti di passione e morte, anzi della “dolce morte” dei due ragazzi di Verona, Romeo and Juliet.