Venezia 2010: recensioni di Attenberg, The Ditch, Sorelle mai e Promises written in water
Attenberg (Concorso) di Athina Rachel Tsangari con Ariane Labed, Vangelis Mourikis, Evangelia Randou, Yorgos LanthimosGrecia, in una città di mare. Marina ha 23 anni, è vergine, non ha mai baciato nessuno e non ha amici al di fuori dell’amica Bella, con la quale sperimenta per la prima volta il bacio con la lingua. Vive con
Attenberg (Concorso) di Athina Rachel Tsangari con Ariane Labed, Vangelis Mourikis, Evangelia Randou, Yorgos Lanthimos
Grecia, in una città di mare. Marina ha 23 anni, è vergine, non ha mai baciato nessuno e non ha amici al di fuori dell’amica Bella, con la quale sperimenta per la prima volta il bacio con la lingua. Vive con il padre architetto che sta per morire e non ha alcuna intenzione di avere altre relazioni con il genere umano. Finché in città non arriva un ragazzo…
Una delle vere sorprese del concorso di Venezia dell’altr’anno fu Lourdes, ultimo lavoro di una regista semi-sconosciuta, ovvero Jessica Hausner, che mise d’accordo pubblico e critica. Visto il precedente speravo che anche quest’anno una delle rivelazioni del festival venisse da una regista semi-sconosciuta, la Tsangari, di cui le precedenti opere avevano raccolto consensi: purtroppo il colpaccio non si ripete.
Per descrivere l’educazione sentimentale di una ragazza già grandicella la regista usa tutti i possibili stereotipi del cinema indie, ad iniziare dall’andamento piatto, aiutato dalla recitazione volutamente monocorde dei quattro personaggi principali. Che mantengono sempre la stessa faccia lungo tutto il film (quanti danni hai fatto, Wes Anderson!), e ogni tanto “esplodono” con versi mai sentiti e camminate assurde al limite dell’imbarazzante.
Certo, si dirà che l’effetto è volutamente straniante, e che il registro si sposa bene al tipo di vita vuota della ragazza. Peccato che le battute e le gag non strappino la risata come dovrebbero, non riuscendo a spezzare la monotonia ed arrivando all’effetto che immagino fosse nelle intenzioni della regista di origini greche. Nel mezzo si parla tanto di sesso, tra cui di “cazz-alberi”, e vengono sparse chicche intellettuali qua e là del tipo “Il XX secolo è sopravvalutato”. Eh no, eh.
Voto Gabriele: 2
The Ditch – Le fossé (Concorso) di Wang Bing con Lu Ye, Lian Renjun, Xu Cenzi, Yang Haoyu, Cheng Zhengwu, Jing Niansong
Fine anni ’50. Il governo cinese imprigiona alcuni cittadini considerati “dissidenti di destra” secondo motivi a volte molto discubitili, e li condanna ai lavori forzati nel campo di Jiabiangou, nel deserto del Gobi. Dopo giornate di lavoro estenuanti gli uomini sono costretti a vivere in condizioni igienico-sanitarie disastrose, e non capita raramente che alla fine molti muoiano nei loro “letti” durante la notte…
A volte il film sorpresa della Mostra entusiasma gli spettatori proprio perché non ci si aspettava la sua presenza. L’altr’anno il colpaccio è stato doppio, con un secondo film di Herzog in concorso e un film di Mendoza a pochi mesi di distanza dal premio per la regia ottenuto a Cannes. Quest’anno il titolo di “sorpresa” viene attribuito al franco-cinese The Ditch per motivi meno “festivalieri” e giocosi.
Il documentarista Wang Bing ha infatti girato tutto il tempo in clandestinità per far sì che il Governo Cinese non venisse a sapere nulla del progetto, e affinché quindi non potesse intervenire con una censura preventiva sul progetto. Che è evidentemente scomodo sin dalla trama di base, come avrete potuto già ben capire. Il film è stato quindi ultimato velocemente in Francia (paese che co-produce) e presentato in concorso a Venezia. Il Governo Cinese avrà saputo soltanto ieri dell’esistenza di The Ditch proprio all’annuncio del film…
Che è un’opera dolorosa e molto triste, con alcuni momenti sconvolgenti. La scena che ha più impressionato il pubblico e gli accreditati è quella in cui un uomo si sente male e vomita il cibo da poco mangiato; arriva un collega che, affamato e disperato, mangia i chicchi di riso che l’uomo ha prima vomitato… Ma è solo una delle scene di disperazione che affollano The Ditch.
Che se ha un difetto è forse quello di essere troppo lungo e con una parte finale di cui si poteva tagliare qualcosa. Il problema credo sia dovuto al fatto che la post-produzione è stata terminata pochissimo tempo fa, e quindi occorre forse limare nuovamente tutto il lavoro: ne gioverebbe il ritmo, già abbastanza lento.
Il film comunque riesce a scuotere e a comunicare al pubblico la sensazione di sporco in cui vivevano i dissidenti. Ed infine riesce anche a comunicare il dolore delle famiglie: straziante il momento in cui una donna, venuta a visitare il marito malato, scopre che l’uomo è morto da ben otto giorni, e quindi parte per cercarne il cadavere, buttato in mezzo al deserto senza nemmeno un vero criterio…
Voto Gabriele: 7
Sorelle mai (Fuori concorso) di Marco Bellocchio con Letizia Bellocchio, Maria Luisa Bellocchio, Elena Bellocchio, Pier Giorgio Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Alba Rohrwacher, Gianni Schicchi, Silvia Ferretti, Valentina Bardi, Alberto Bellocchio, Irene Baratta, Giovanna Berretta, Anna Binachi.
Quella di Sorelle Mai è la storia di Giorgio e Sara, fratelli eredi di un casale di campagna. Nel 1999 Sara lascia Elena a Giorgio e sparisce. Quando ritorna, sarà Giorgio a sparire. Il film racconta la storia della famiglia fino ai giorni nostri…
Marco Bellocchio da anni propone un corso chiamato “Fare Cinema” a Bobbio. Con gli studenti e con i colleghi ha girato questo film composto da sei episodi, di cui il primo è stato girato nel 1999, mentre gli altri a distanza di uno a partire dal 2004. Qui sta l’idea geniale del progetto, che acquista una linearità cronologica entusiasmante e che si nota soprattutto con il personaggio di Elena, piccolissima nel 1999 e poi sempre più grande.
Ma dobbiamo essere sinceri fino in fondo: la realizzazione non è così importante e bella come l’idea del progetto. Si sente l’affetto di Bellocchio per il progetto, la volontà di girare qualcosa di piccolo ma emozionante, visto anche il cast del film: oltre alla sempre brava Donatella Finocchiaro, ad Alba Rohrwacher, ad un grande Schicchi Gabrieli vanno ad aggiungersi alcuni parenti del regista.
Il figlio Pier Giorgio interpreta il protagonista, mentre Letizia e Maria Luisa sono le due zie (e le sorelle del titolo, ovviamente). E’ presente anche il fratello Alberto nella parte del preside della scuola. E grazie ad un cast del genere si vede anche l’affiatamento che c’è tra le persone, ma il risultato lascia un po’ perplessi.
La colpa non è tanto della realizzazione fatta in economia, ma sta nel plot: semplice ed esile, e a tratti davvero debolissimo. Alla Rohrwacher ad esempio si sono dimenticati di scrivere la parte, mentre alcuni momenti stonano (la Finocchiaro che canta improvvisamente al pianoforte, la ragazza che bacia Giorgio…). Amiamo Bellocchio e ci dispiace di non aver amato anche questo film, nonostante ci siano pure anche le tematiche a lui care (la famiglia e la religione, in primis): ma non riusciamo proprio a chiudere un occhio sulla trama, questa volta davvero letale nei confronti del giudizio.
Voto Gabriele: 5.5
Promises written in water (Concorso) di Vincent Gallo con Vincent Gallo, Delfine Bafort, Sage Stallone, Lisa Love.
Una giovane donna afflitta da un male incurabile decide di non subire alcun trattamento ospedaliero, ma di vivere pienamente tutto il dolore fino a che la sua vita avrà termine. Chiede poi ad un amico, Kevin, di cremare il suo corpo. Il ragazzo trova quindi lavoro in un’agenzia di pompe funebri per prepararsi al meglio. Il film ripercorre gli ultimi momenti salienti di un’amicizia che a tratti diventa qualcosa di più forte.
Dopo essere già passato in concorso sotto le vesti di attore protagonista nel bel Essential Killing di Skolimowski, Vincent Gallo torna al Lido sotto le vesti questa volta di regista, con un nuovo film pronto a far discutere tutto e tutti. Come il suo regista, dopotutto, che è arrivato al festival con addosso un passamontagna, ha cancellato tutte le conferenze stampa e non si è presentato in Sala Grande per la prima ufficiale del film. Phoenix ha trovato compagnia?
Detto ciò, Promises written in water, fischiato ed ululato nelle proiezioni stampa, non è neanche il peggior film al mondo e non è così orrendo come lo si vuol far passare. L’idea di recuperare un certo stile anni ’70, tra nouvelle vague e cinema underground, non sarebbe di per sé male: peccato che il risultato sia già vecchio e neanche per un momento esaltante.
Dispiace che uno come Gallo si butti via così solo per un purissimo piacere narcisistico, perché di questo si sta parlando. L’attore ha anche un certo gusto per le inquadrature (alcune), ed è bravo nel saper ricreare una sgranata fotografia in bianco e nero e un suono particolare come quello dei film del periodo prima citato: ma poi si mette sempre in scena, e viene voglia di fermare il film e dirgli “Sì, sei bello, lo vediamo, ma andiamo avanti”. Dopotutto nei titoli di testa il suo nome appare di continuo, visto che ha più o meno fatto tutto da solo.
Promises written in water non irrita e sinceramente mi sembra che non annoi. Dura 75 minuti, è pieno di dialoghi a volte assurdi (in una scena Gallo, perennemente inquadrato e senza mai concedere la mdp alla protagonista, ripete lo stesso concetto almeno cinque volte), ha pure uno “scanner” completo del corpo della bella Delfine Bafort. Ma la velleità autoriale e i discorsi non nuovi non stimolano mai un ragionamento, un pensiero, un’emozione. Ancora più grave, in effetti, se si pensa che non è difficile percepire una certa sincerità di fondo nel progetto…
Voto Gabriele: 3