Home Notizie Box Office Story: con Resident Evil: Afterlife il cinema torna ad essere videogioco

Box Office Story: con Resident Evil: Afterlife il cinema torna ad essere videogioco

Da decenni il mondo del cinema prova a trasportare con successo l’universo dei videogiochi in sala. Fallendo. Tranne rari casi, il videogioco al cinema ha quasi sempre fatto flop, tramutandosi tra l’altro 8 volte su 10 in porcate indecenti, capaci di scontentare tanto gli appassionati del videogame in questione quanto i critici. Tanti, troppi sono

pubblicato 6 Settembre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 20:49



Da decenni il mondo del cinema prova a trasportare con successo l’universo dei videogiochi in sala. Fallendo. Tranne rari casi, il videogioco al cinema ha quasi sempre fatto flop, tramutandosi tra l’altro 8 volte su 10 in porcate indecenti, capaci di scontentare tanto gli appassionati del videogame in questione quanto i critici. Tanti, troppi sono i casi eclatanti. Come dimenticare Double Dragon, uscito nel 1995 e capace d’incassare poco più di 2 milioni di dollari negli Usa, Super Mario Bros., costato 50 milioni di dollari nel lontanissimo 1993 e riuscito ad incassarne solo la metà, lo stracult Street Fighter, uscito nel 94 e riuscito ad incassare ben 100 milioni di dollari in tutto il mondo, a dispetto dell’atroce qualità, così come accaduto un anno dopo con Mortal Kombat, capace d’incassare 122 milioni di dollari worldwide, e dal sequel, Mortal Kombat: Annihilation, che dimezzò gli incassi, portandosi a casa 51 milioni di dollari.

Se con la metà degli anni 90 si pensava che i titoli videoludici potessero essere il futuro di Hollywood, l’autentica gallina dalle uova d’oro da spolpare, con il passare degli anni, porcata dopo porcata, i flop sono diventati un’autentica costante, tranne rari casi. Uno di questi è indubbiamente Resident Evil. L’anno dopo il boom di Tomb Raider, 274 milioni di dollari raccolti in tutto il mondo, diventati 156 con il sequel, il celebre videogioco Survival Horror della Capcom arriva in sala grazie a Paul W.S. Anderson. Il boom è immediato. Costato 33 milioni di dollari, ne incassa 102 in tutto il mondo, tanto da replicare il tutto con l’ovvio sequel, capace d’incassare 130 milioni di dollari, dopo esserne costati 45, e l’ancor più scontato 3° capitolo, capace d’incassare 147 milioni di dollari worldwide, dopo esserne costati 50.

Peccato che nell’ultimo decennio Resident Evil sia stato uno dei pochi film tratti da un videogioco a macinare guadagni cospicui, tanto da dar vita ad un vero e proprio franchise. A cadere sono stati in tanti. Dal sottovalutato Silent Hill, 100 milioni di dollari dopo esserne costati 50, agli ultimi Doom, 56 milioni dopo esserne costati 60, Hitman, 99 milioni di dollari dopo esserne costati 30, In the Name of the King, 13 milioni di dollari dopo esserne costati 60, Max Payne, 85 milioni dopo esserne costati 35, Street Fighter: The Legend of Chun-Li, 12 milioni dopo esserne costati 50, Tekken, riuscito a raccogliere appena 137,043 dollari, Alone in the Dark, 10 milioni dopo esserne costati 20, Postal, 146,741 dollari incassati dopo esser costato 15 milioni, Wing Commander, 11 milioni dopo esserne costati 30, DOA: Dead or Alive, 7 milioni dopo esserne costati 21, Final Fantasy, costato la folle cifra di 137 milioni di dollari e riuscito ad incassarne 87 in tutto il mondo, e l’ultimo arrivato in ordine di tempo, ovvero Prince of Persia, diventato in assoluto il più visto di tutti, grazie ai 330 milioni di dollari incassati worldwide, che sembrano però bruscolini dinanzi ai 200 milioni di dollari di budget e ai 100 di marketing, tanto da far tremare l’annunciata trilogia. A Resident Evil: Afterlife, in sostanza, l’arduo compito di difendere la categoria, da decenni promessa mai mantenuta di Hollywood.