La legge della notte: recensione del film di Ben Affleck
Ben Affleck convince a metà ne La legge della notte, che nulla aggiunge e nulla toglie al genere di riferimento, ossia il noir. Eppure il suo “Batman ai tempi del proibizionismo” è più interessante di quello che appare in superficie
Film-dazio, come verrebbe spontaneo definire La legge della notte non appena le luci della sala si riaccendono? Ben Affleck ci riporta all’epoca del proibizionismo, girando perciò un film in costume e tornando a parlare di storia, quella americana, dopo il fortunato Argo, che a sua volta si sofferma su un’altra pagina, per certi versi pure più delicata poiché più attuale. Ad ogni modo, perché parlare di dazio? Perché quest’ultimo lavoro di Affleck, non pessimo come sentirete dire, fa comunque emergere certi limiti dell’attore/regista statunitense, che a questo giro non trova la stessa quadratura dei suoi precedenti lavori – ergo si potrebbe pensare che abbia diretto e interpretato questo per poi avere la possibilità di scegliere qualcosa che gli vada più a genio successivamente.
Joe Coughlin (Ben Affleck) è un reduce della Prima Guerra Mondiale talmente disgustato rispetto a quanto visto in Europa nel corso della sua missione che prende una decisione: da allora non avrebbe obbedito più a nessuno. Verso la fine dirà di non aver mai voluto essere libero, il che sembra fare un po’ a botte con il proposito espresso all’inizio del film in forma peraltro aforistica: «sono partito soldato, sono tornato fuorilegge». Così avviene infatti: di ritorno dalla guerra Joe s’industria in lavoretti da criminale da terz’ordine, roba come rapine et similia, sempre cose piccoline, dal basso profilo. Malgrado ciò, il suo curriculum non passa inosservato e i due gangster che si contendono il controllo di Boston, i boss rivali Maso Pescatore (Remo Girone) ed Albert White (Robert Glenister), lo avvicinano per mettere Coughlin l’uno contro l’altro. Tuttavia nemmeno il padre di Joe (Brendan Gleeson), un vicecommissario della polizia, può però fare nulla dopo un incidente che ha visto alcuni poliziotti perdere la vita ed in cui è coinvolto proprio Coughlin junior, il quale si ritrova costretto a riparare in quel di Tampa, Florida. Qui, in corso ancora lotte di territorio tra le varie etnie (cubani, portoricani, bianchi, domenicani etc.), Joe tenta di (ri)costruire sé stesso e un impero, secondo i dettami del sogno americano; ma l’era del proibizionismo sta per finire e con esso una fonte redditizia e sicura di guadagno per la malavita.
Grossomodo, queste le premesse. La legge della notte, va detto, è un film che soffre certo di una sorta di discontinuità; a tratti anche troppo letargico, quantunque evocativo, il suo è un soggetto adatto a una saga, non a caso il film dura poco più di due ore, limite massimo per un progetto mainstream di questa portata. E mentiremmo se non dicessimo che l’Affleck attore sa essere limitante, al di là delle ben note e più e più volte canzonate espressioni facciali a senso unico: la sua imponente fisicità, unita alla tipologia di personaggio, un “buono”, tendono a fare a pugni. In nuce, ne La legge della notte c’è tutto quello che avrebbe potuto renderlo un gran film, solo che, per così dire, questo stesso film in alcuni casi tende a remare contro sé stesso.
Ciò detto, i temi sono comunque di quelli che appassionano Affleck, e che si attardano sulle sfide che a una persona tocca affrontare ogni qualvolta tenti di operare nel modo “giusto” nell’ambito di un contesto spietato come quello criminale. Così era in Gone Baby Gone, così in The Town, storie in cui i protagonisti debbono immancabilmente fare i conti con le proprie azioni. In questo senso La legge della notte abbandona le sfumature, su cui eppure sarebbe stato il caso di lavorare un po’ meglio (ma questo riguarda il romanzo di Dennis Lehane, suppongo), proponendo dei contrappassi immediati che sanno inevitabilmente di moralismo, per cui chiunque ha commesso qualcosa di moralmente deprecabile viene in qualche modo punito, compreso il protagonista.
Molti taceranno la cosa, ma c’è da credere che una delle ragioni principe circa il proprio dissenso al film di Affleck stia in questo: difficilmente un critico è disposto ad accettare un trattamento del genere, che rischia di affossare anche l’opera più riuscita, quadrata, cosa che La legge della notte evidentemente non è. Il Coughlin di Affleck rispecchia un po’ il Batman che a questo punto forse mai girerà, un personaggio non per forza positivo (in questo caso nient’affatto) mosso però al tempo stesso da un senso di giustizia, da una sorta di codice autoimposto mediante il quale stabilisce che con una buona azione si possa compensarne una cattiva. Un concetto per certi versi nobile, che però va saputo trasporre con maggiore incisività visto che ci troviamo in un campo minato. E se da un lato l’operazione non riesce del tutto, dall’altro si apprezza il tentativo, sia nel voler trattare un argomento del genere, sia nel provarci attraverso la ricostruzione di un’epoca che al cinema tira sempre meno.
Ecco, a questo livello, quello della mera rappresentazione visiva di un preciso periodo storico, La legge della notte affascina ed i suoi 65 milioni in perdita si vedono tutti. Non vorremmo poi che, contrariati da certe magagne, passassero in sordina personaggi che hanno un peso non da poco nell’economia del racconto e che dicono parecchio di questa storia: perché per una Zoe Saldana ed un Brendan Gleeson gettati nella mischia un po’ a caso, ci sono almeno una Sienna Miller, un Chris Cooper ed una Elle Fanning che un perché ce l’hanno eccome. Certo, manca l’imprinting affabulatorio, denso e conturbante di un Paul Thomas Anderson, per dire, ma Affleck non è quel regista lì, al di là dei giudizi di merito. Eppure gli echi ci sono, da Malick, allo stesso Anderson, passando finanche per Sorrentino (la prima inquadratura di Girone pare presa da Il divo).
Temo che dinanzi al Ben Affleck lato regista si tenda ad essere non del tutto equilibrati. Vero è che il nostro finora ha sempre girato buoni film, quale più quale meno, e che sappia il fatto suo lo conferma pure a ‘sto giro, tra un inseguimento rocambolesco e certi movimenti di camera coreografici che non sfociano però nella tanto disprezzata maniera. Nondimeno, come eccessivo è stato forse il plauso per Argo, altrettanto mi pare lo sia la delusione per questa sua ultima fatica. Il film più debole tra quelli che ha girato, concesso, ma non per questo da derubricare a ciofeca, o, come qualcuno dirà, “film sbagliato”. Modesto magari, ma se c’è una cosa che non si può dire de La legge della notte, è che sia un film sbagliato.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
La legge della notte (Live by Night, USA, 2016) di Ben Affleck. Con Ben Affleck, Elle Fanning, Brendan Gleeson, Chris Messina, Sienna Miller, Zoe Saldana, Chris Cooper, Scott Eastwood, Chris Sullivan, Anthony Michael Hall, Titus Welliver, Max Casella e Derek Mears. Nelle nostre sale da giovedì 2 marzo 2017.