Courmayeur Noir in Festival: Black Dynamite – La Dame de Trèfle – Vengeance
Black Dynamite, di Scott Sanders – ConcorsoQuando il fratello minore viene trovato morto e una misteriosa banda criminale inizia a spacciare eroina all’interno degli orfanotrofi locali e inonda di alcol adulterato il quartiere, per il supercool Black Dynamite, un ex agente della CIA, è il momento di rientrare in azione con la sua 44 Magnum
Black Dynamite, di Scott Sanders – Concorso
Quando il fratello minore viene trovato morto e una misteriosa banda criminale inizia a spacciare eroina all’interno degli orfanotrofi locali e inonda di alcol adulterato il quartiere, per il supercool Black Dynamite, un ex agente della CIA, è il momento di rientrare in azione con la sua 44 Magnum in una mano, un Nunchaku nell’altra, ed una licenza di uccidere in tasca. Ambientato negli anni Settanta, Black Dynamite è una parodia a metà fra la Blaxploitation e i film di arti marziali di quell’epoca (e, aggiungiamo noi italiani, le scazzottate degli spaghetti western di Bud Spencer e Terence Hill).
Il personaggio di Black Dynamite è nato da un’idea di Michael Jai White (Spawn, La Colazione dei Campioni, The Dark Knight) che lo ha poi anche sceneggiato insieme a Byron Minns ed al regista Scott Sanders. Sullo schermo lo vediamo affiancato da Arsenio Hall, Tommy Davidson, John Salley, Salli Richardson-Whitfield. Presentato lo scorso anno al Sundance Film Festival, Black Dynamite – film low budget, esagerato ed eccessivo, che dà l’impressione di essere stato decisamente molto divertente da girare – non mantiene tutte le promesse e non è all’altezza di quanto ci si aspetterebbe dai trailer (che trovate qui, mentre qui ci sono le locandine). Si sorride più di una volta, ma le numerose gag strampalate non riescono mai a strappare una vera e propria sonora risata. Un applauso comunque al regista Scott Sanders, al direttore della fotografia Shawn Maurer ed alla costumista (Ruth E. Carter: due nomination all’Oscar, per malcom X ed Amistad), per come sono stati ricreate le atmosfere, i clichè, i colori e le luci tipiche di quegli anni. Da segnalare la spiritosa colonna sonora originale. Voto Simona: 6
La Dame de Trèfle, di Jérôme Bonnell – Concorso
Aurélien e Argine non sono mai riusciti a separarsi. Fratello e sorella vivono insieme da sempre, sono orfani e si sono sempre occupati l’uno dell’altra. Lui lavora in un negozio di fiorista, ma per arrotondare si è lasciato coinvolgere in un commercio illegale di metallo rubato. Lei non riesce a tenersi nessun lavoro e nessun uomo. Quando Simon, il complice di Aurélien braccato dalla polizia, pretende soldi in cambio del silenzio, per Aurélien significherà entrare in una spirale fuori dal suo controllo, che lo costringerà a confrontarsi con la sua stessa violenza.
Ambientato in un bucolico scenario francese, il film risente di eccessiva lentezza, di troppi silenzi e di sovrannumero di dialoghi e situazioni irrilevanti ed inutili. Vorrebbe essere un’opera intellettuale, ma finisce solo con il suscitare un inarrestabile senso di noia. Malik Zidi, Florence Loiret-Caille, Pierre Darroussin, Marc Barbé, Nathalie Boutefeu, Marc, Judith Rémy sono gli interpreti. Voto Simona: 3
Vengeance, di Johnny To – Concorso
Una donna, un uomo, due bambini. Lei di origine francese, lui cinese. Suona il campanello della porta, tre uomini armati fanno irruzione e aprono il fuoco compiendo una strage. La donna, pur ferita in modo gravissimo, si salva e chiede a suo padre – che dalla Francia è subito accorso a Hong Kong – una sola cosa: vendetta. Costello, ufficialmente uno chef francese, vent’anni prima uno che usava la pistola, ingaggia tre killer che ha casualmente incontrato mentre eliminavano in una stanza d’albergo l’amante infedele di un boss della malavita. Con il loro aiuto cercherà di portare a compimento una difficile missione, complicata anche perché l’uomo – che ha un proiettile nel cervello, ricordo di una sparatoria di vent’ani prima – perde di continuo la memoria.
Già passato in concorso al Festival di Cannes lo scorso mese di maggio (qui il trailer), il film di Johnny To parte bene con un incipit allettante. Prosegue per la prima metà in modo avvincente, sullo sfondo delle luci al neon e delle strade affollate di Macao ed Hong Kong, con sequenze ben ritmate ed una trama coinvolgente. Poi si perde completamente in una serie di incongruenze, buchi di sceneggiatura e sequenze assurde. Caricatori da almeno 100 proiettili ciascuno, cecchini in grado di colpire un’ape in volo a cento metri di distanza che sbagliano la mira quando si trovano il nemico a due passi, uomini che con 4 o 5 proiettili in corpo continuano a correre e a sparare come se nulla fosse, un protagonista che gira con una serie di fotografie in tasca per ricordarsi chi sono gli amici e chi, invece, i cattivi da eliminare… Un gran peccato perchè, come detto, la storia sembrava promettente, la regia di To è accattivante ed i protagonisti (Johnny Hallyday, Sylvie Testud, Anthony Wong, Lam Ka Tung, Lam Suet, Simon Yam, Cheung Siu Fai, Maggie Shiu) offrono tutti un’ottima prova attoriale. Voto Simona: 5