Roma Film Festival 2009: Il cinema con dentro i film – Il caso Tullio Kezich
Al Festival di Roma 2009, in mezzo ai film (per ora non da impazzire), c’è il cinema Sì, perché esiste un cinema con dentro i film (ed è il cinema che va in scena) e poi c’è il cinema senza film. Paradossalmente. Lo dimostrano, anche in questa rassegna romana, le molte iniziative collaterali o centrali
Al Festival di Roma 2009, in mezzo ai film (per ora non da impazzire), c’è il cinema Sì, perché esiste un cinema con dentro i film (ed è il cinema che va in scena) e poi c’è il cinema senza film. Paradossalmente. Lo dimostrano, anche in questa rassegna romana, le molte iniziative collaterali o centrali che, a secondo i casi, ricordano personalità importanti che non sono né attori né registi né attori.
Una di queste persone, di queste personalità, è stato Tullio Kezich, critico, scrittore, autore teatrale, produttore, sceneggiatore, memorialista. Tutte queste valenze stanno sicuramente alla base dell’attenzione che tocca a Kezich a due mesi dalle scomparsa; e che durerà: la Fondazione Fellini di Rimini gli dedicherà un convegno a novembre.
Non voglio né ricordare né celebrare Tullio. E’ già stato fatto. Voglio parlare, citando il titolo di una serie televisiva Six Feet Under, dei sei piedi sotto terra. Sono certo che Tullio si divertirà.
Sono arrivato tardi fra i numerosi necrologi, tutti molto affettuosi, che sono toccati a Tullio Kezich. Ero fuori Italia. Poi, rapidamente, ho cercato di rimediare e ho scritto qualche riga pubblicata in fondo agli ultimi di questi necrologi (saranno così belli anche per tanti di noi?). Il caso, o la disattenzione, ha voluto che saltasse la mia firma sotto quelle righe.
Nessuno avrebbe potuto immaginare chi fosse l’autore del pensiero all’amico e maestro che se n’è andato, se le righe non fossero state ripubblicate finalmente con la firma. Nell’attesa che l’inconveniente venisse riparato, ho provato ad immaginare cosa potesse pensare Tullio che le aveva sicuramente lette da dove si trovava, prima di passarle in archivio insieme alla gran massa di necrologi.
Cosa poteva pensare Tullio soprattutto di fronte alle ultime parole delle mie righe? righe che suonavano così’: “…non potrò mai dimenticare l’urlo che, durante le proiezioni noiose o peggio, gli usciva spontaneo, qualcosa di più che un urlo di dolore”.
Ecco, vorrei aggiungere qualcosa e spiegare meglio. In quella reazione, che ci faceva tutti felici, c’era non soltanto una protesta o una invettiva quanto un sentimento di intelligenza e di nostalgia per il cinema come piaceva a lui, e a molti di noi: un cinema sobrio o impetuoso, brillante o drammatico, italiano o straniero, ad alto o a basso costo, potente o discreto; un cinema soprattutto che uscisse libero da un autore e raggiungesse lo spettatore, autore anche lui, per la sua parte, di un’arte (come mai smise di definirla Tullio) che in tanti ieri e oggi tendono a fare servile, togliendole il respiro e gli orizzonti.
Questa è la lezione che, come amico e come persona, debbo al critico-scrittore-produttore Tullio Kezich. E adesso mi sembra che quell’urlo non fosse di rabbia ma fosse nell’intimo un canto d’amore che chiedeva , esigeva ben altro da un cinema che ci passava davanti addolorandoci, ed era consigliabile che scomparisse, in attesa che arrivasse (e arriva talvolta) quello migliore. Ehi, Tullio, il cinema è una foresta e tu eri più grande di Tarzan.