Festival di Roma 2009: La Zampa del cinema colpisce ancora
Non direi che si possa dire quel che sto per dire. Tuttavia. Da un decennio stiamo grattando il fondo del barile italiano, del cinema italiano. Si scoprono bufale deteriorate, altre volte ci pentiamo di aver sorvolato su lavori degni, degnissimi, dimenticati.In genere, siamo scontenti di ciò che passa il convento (qualche eccezione c’è, c’è…) e
Non direi che si possa dire quel che sto per dire. Tuttavia. Da un decennio stiamo grattando il fondo del barile italiano, del cinema italiano. Si scoprono bufale deteriorate, altre volte ci pentiamo di aver sorvolato su lavori degni, degnissimi, dimenticati.
In genere, siamo scontenti di ciò che passa il convento (qualche eccezione c’è, c’è…) e quindi voltiamo gli occhi all’indietro. Non sono le università o le scuole di cinema, che pure dovrebbero farlo, a proporci ritorni; sono soprattutto i festival, le rassegne piccole e grandi che inseguono maestri del passato (ci si ferma al dopoguerra per lo più), pellicole non restaurate e da restaurare.
Il restauro- secondo le intenzioni di Martin Scorsese, parroco americano del nostro cinema- è in gran voga, e io sono un sostenitore delle iniziative su questo piano. Purché non si esageri. Si può arrivare al punto, come è accaduto in un centro di provincia dove sono stati realizzati alcuni film, in cui l’amministrazione comunale immagina di organizzare una sorta di via crucis tra icone dedicate ai registi e film benemeriti, nel senso che sono stati girati lì. Oibò.
Per fortuna, ci sono altre iniziative che vanno invece salutate con grande interesse. Ad esempio, quella che sta per cominciare al Festival di Roma (giorno d’apertura il 15 ottobre). Si tratta di una selezione di 26 film di Luigi Zampa, regista romano scomparso nel 1991. Una zampa dalle unghie di cinema. Da “Vivere in pace” (1947) a “Processo alla città” (1952), da “La romana” (tratto dal romanzo di Alberto Moravia) a “Il medico della mutua”, indimenticabile film con Alberto Sordi (1968), al precedente “Il vigile” (1960) sempre con Sordi. Tutti da vedere o meglio da rivedere.
Come si dice, con frase fatta, da non perdere “Anni difficili” (1947), “Anni facili” (1953), “L’arte di arrangiarsi” (1954). Tutti sceneggiati da un grande scrittore, Vitaliano Brancati, e felicissimi nell’individuare e nel mettere in satira i caratteri degli italiani. Sarà un tuffo nel trash- i caratteri, i comportamenti di noi italiani- del cinema prima della tv , e si vedrà come lo spettacolo era penetrante e acuto.
Il trash era mezzo di denuncia e non di godimento, di identificazioni come in tv . Su la zampa, cinema.