Il sangue dei vinti – La recensione in anteprima
Il sangue dei vinti di Michele Soavi, con Michele Placido, Barbora Bobulova, Alessandro Preziosi, Philippe Leroy, Giovanna Ralli, Stefano Dionisi, Alina Nadelea, Daniela Giordano, Valerio Binasco, Massimo Poggio.Nel pieno dei bombardamenti su Roma, il commissario di polizia Francesco Dogliani si impunta nel voler scoprire l’assassinio di una giovane prostituta. La donna ha una figlia che
Il sangue dei vinti di Michele Soavi, con Michele Placido, Barbora Bobulova, Alessandro Preziosi, Philippe Leroy, Giovanna Ralli, Stefano Dionisi, Alina Nadelea, Daniela Giordano, Valerio Binasco, Massimo Poggio.
Nel pieno dei bombardamenti su Roma, il commissario di polizia Francesco Dogliani si impunta nel voler scoprire l’assassinio di una giovane prostituta. La donna ha una figlia che viene presa in consegna dalla sorella, un’attrice vicina al Fascio. Con l’intensificarsi della guerra anche gli animi in casa di Dogliani si accendono. Mentre Francesco affronta la seconda guerra mondiale senza scegliere uno schieramento, suo fratello Ettore sceglie i partigiani, mentre la sorella Lucia diventa una repubblichina. La guerra finirà il 25 aprile 1945, ma Francesco non avrà pace fino a quando tutti i morti troveranno una giusta sepoltura.
Non è facile confrontarsi con film di Michele Soavi prescindendo dalla propria posizione politica nei confronti della storia, forse non è nemmeno corretto farlo. Il sangue dei vinti, liberamente tratto dal libro omonimo dello storico Giampaolo Pansa, è secondo quello che ha dichiarato il regista l’equivalente odierno di un combat film. Bisogna precisare che un combat film è una documentazione per immagini, realizzato da cineoperatori militari, ripreso durante i combattimenti. Per essere più precisi il lavoro di Soavi dovrebbe essere definito un “film a tema”, un esempio di come la Storia possa essere manipolata da chi la racconta. Il luogo comune vuole siano i vincitori a scrivere i libri in cui si raccontano gli episodi che hanno portato a un certo risultato, di tanto in tanto però c’è anche la voce di chi è vinto che grida per essere ascoltata.
Nel libro di Giampaolo Pansa sono elencate, in bilico tra la forma del romanzo e quella del saggio, vengono descritte esecuzioni e crimini compiuti da ex partigiani ed altri individui dopo il 25 aprile 1945. Una sorta di “libro nero dei partigiani” che non è certo piaciuto ai reduci dell’Anpi e a chi della Resistenza a fatto un valore fondante della nostra costituzione. Storia recente rivela che la diatriba tra chi ha vinto e chi ha perso si ancora molto sentita è la polemica sulla proposta di legge di equiparare i partigiani ai repubblichini, ma questo dibattito è fuori luogo in queste righe. Nell’opera di trasposizione dalle pagine stampate alla pellicola cinematografica, la coppia Dardano Sacchetti e Massimo Sebastiani, ha costruito un intreccio di finzione che avesse come sfondo le vicende narrate da Pansa. Gli sceneggiatori, si legge in una nota, non hanno voluto rileggere la storia, tanto meno scoprire cose in realtà già note e ininfluenti rispetto al valore della Liberazione.
Sebbene gli sceneggiatori abbiano così messo le mani avanti per allontanare il sospetto di revisionismo storico, un film come Il sangue dei vinti diventerà immediatamente una bandiera per chiunque voglia screditare l’operato dei partigiani e non potrà quindi essere letto al di fuori del contesto politico che lo ha generato, frutto di una classe dirigente che evidentemente non nasconde evidenti simpatie e che non gradisce il fervore con cui viene esaltata la Resistenza. E’ necessario sottolineare però che il film di Soavi può generare esclusivamente futili polemiche di carattere politico, poiché dal punto di vista cinematografico risulta indifendibile. Un film mediocre indipendentemente dal messaggio che vuole comunicare, costruito nello stile della fiction televisiva più becera. La costruzione del racconto, l’intreccio dei personaggi e la loro caratterizzazione, finanche i dialoghi inverosimili, sono mascherate da una trama fitta di salti temporali che nascondono incongruenze narrative e psicologie dissennate.
Il personaggio di Francesco Dogliani sarebbe stato punito nell’inferno dantesco con il girone degli ignavi, per il suo continuo rifiutare di prendere una posizione per la quale combattere. Il fratello partigiano e la sorella repubblichina, nel bene e nel male, hanno compiuto questa scelta e ne hanno subito le conseguenze, Francesco invece combatte una personale guerra solo quando la guerra entra nella sua famiglia perché quando un parente viene toccato dalla violenza, allora il responsabile è il “cattivo”. I partigiani diventano delle bestie quando viene toccata la famiglia, la monade della società italiana, i legami di sangue divisi dalla guerra sono più forti di qualsiasi ideologia. Anche sul piano visivo il film regala delle metafore logore e banali come la sventagliata di mitragliatore che lacera una cartina dell’Italia separandola di netto in due parti.
Infine l’ultima nota dolente è il cast, sulla carta ricco e promettente, che però dimostra evidenti carenze nella direzione degli attori, soprattutto per colpa di dialoghi spesso imbarazzanti. Michele Placido appare fuori luogo nel doppio ruolo, giovane e anziano, ma soprattutto chi lo conosce si chiede perché abbia accettato un ruolo del genere. In un intervista al Corriere della Sera, Placido ha dichiarato che, pur votando da sempre a sinistra si reputa contento di mostrare al pubblico un punto di vista differente: se un comunista, in passato si è comportato come un nazista,è un nazista. Pansa, continua Placido, ha avuto il coraggio di mettersi in discussione e smuovere le coscienze. Forse Placido ha avuto più coraggio rispetto da altri suoi colleghi nell’accettare il ruolo, anche se quando ha dovuto indossare la camicia nera, ammette, ha avuto un moto di ripulsa.
Al suo fianco Ana Caterina Morariu (Il mio miglior nemico), Alessandro Preziosi (Vaniglia e cioccolato) ed i veterani Philippe Leroy (Milano calibro 9) e Giovanna Ralli (Il pranzo della domenica). Incredibile la sequenza sui titoli di coda in cui Barbaba Bobulova canta brandi dell’Antigone di Sofocle come se fosse un musical di una recita dell’oratorio. Viene da chiedersi però cosa centra Rorsharch degli Watchmen sul palco di Sofocle (vedere per credere)?
Giusto per la cronaca, Il sangue dei vinti è stato presentato ufficialmente allo scorso Festival di Roma (preceduto da interventi di autarchia cinematografica del sindaco Gianni Alemanno) suscitando forti critiche da parte degli spettatori di sinistra, ma non piacendo neppure a quelli di destra.
Il sangue dei vinti uscirà in sala il giorno 8 maggio.
Voto Carlo s.v.