Garage – di Lenny Abrahamson: recensione in anteprima
Garage (Garage, Irlanda, 2007) di Lenny Abrahamson; con Pat Shortt, Conor Ryan, Anne-Marie Duff, Don Wycherley, Andrew Bennet.Josie lavora in una pompa di benzina. Ligio al lavoro, obbedisce senza opporre resistenza al suo capo, un ex-compagno di scuola che, secondo lui, l’avrebbe aiutato proprio dandogli il lavoro. Quando il capo decide di tenere aperto il
Garage (Garage, Irlanda, 2007) di Lenny Abrahamson; con Pat Shortt, Conor Ryan, Anne-Marie Duff, Don Wycherley, Andrew Bennet.
Josie lavora in una pompa di benzina. Ligio al lavoro, obbedisce senza opporre resistenza al suo capo, un ex-compagno di scuola che, secondo lui, l’avrebbe aiutato proprio dandogli il lavoro. Quando il capo decide di tenere aperto il servizio anche durante il week-end, Josie si vede affiancare David, un quindicenne che lo aiuterà proprio in quei pochi giorni della settimana. Dopo il gelo iniziale da parte del ragazzino, i due diventano amici…
Nella prima edizione del biennio Moretti del Torino Film Festival, il film di Lenny Abrahamson si è portato a casa il premio maggiore e tanti applausi. Poi sparisce, e due annetti dopo viene fortunatamente rispescato dalla Mediaplex. Esce così quatto quatto, ma il secondo film del regista irlandese ha tutte le carte in regola per essere una delle grandi piccole sorprese di quest’anno.
Scritto da Mark O’Halloran, come il precedente film di Abrahamson, ovvero Adam & Paul, Garage sotto la detestata (da molti) “patina indie” riesce in maniera convincente a dire qualcosa sul mondo di oggi, unendo il cinema sociale di Loach alla parabola triste di un protagonista che non sarebbe dispiaciuta forse a von Trier. Josie infatti è un personaggio a sé, emarginato e a suo modo alienato dal lavoro. Gli hanno neutralizzato la capacità di reagire, e così non può che chinare la testa ad ogni occasione.
Josie si relaziona come può col mondo, e a suo modo tenta di combattere una timidezza e un’ingenuità che sono alla base del suo carattere. L’unica ancora di salvezza dall’opprimente grigiore della vita – che Josie a tratti sembra voler affrontare comunque con positività – sembra proprio essere il giovanissimo David. Col tempo, David diventa qualcosa di più importante per l’uomo. E sarà tuttavia la sua stessa ingenuità a tradirlo.
Se Garage è un film superficialmente divertente ed anche ironico, man mano che il film procede verso una fine che si fa sempre più oscura, esce fuori una inaspettata e crudele visione della vita. Una visione che colpisce per la sua sincera disillusione. Josie non sa neppure che esistono dei desideri inespressi; nel suo inconscio, tenta di viverli come può, ma alla fine non potrebbe comportarsi diversamente da come si comporta. Ma è un “disadattato” da schernire ed insultare. Il teorema è pronto, e il giustizialismo che vive negli occhi degli altri è servito.
Pat Shortt, magnifico con la sua interpretazione mai sopra le righe, sempre attenta e rispettosa verso il personaggio che è chiamato ad interpretare, regala al film una carta indimenticabile. Nel suo piccolo, Garage è una cupissima parabola non sulla provincia, ma sul mondo di oggi e sull’impossibilità dell’uomo di provare empatia. E nel suo piccolo fa venire qualche brivido.
Voto Gabriele: 8
Dal 5 giugno al cinema.