Due Partite – La recensione in anteprima
Due partite di Enzo Monteleone, con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Valeria Melillo, Claudia Pandolfi, Alba Rohrwacher.1966. Quattro amiche si ritrovano tutti i giovedì per una partita a carte, mentre le rispettive figlie giocano insieme nell’altra stanza. Dai loro discorsi emerge che la condizione di madri e mogli sottomesse non
Due partite di Enzo Monteleone, con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Valeria Melillo, Claudia Pandolfi, Alba Rohrwacher.
1966. Quattro amiche si ritrovano tutti i giovedì per una partita a carte, mentre le rispettive figlie giocano insieme nell’altra stanza. Dai loro discorsi emerge che la condizione di madri e mogli sottomesse non le soddisfa, ma sono costrette ad accettarla, loro malgrado. Trent’anni dopo, in occasione del funerale di una di loro saranno le quattro figlie a ritrovarsi nello stesso appartamento a ragionare sulla loro vita, tanto simile quanto diversa.
Enzo Montelone ha diretto una commedia dolce-amara sul mondo femminile, traendo la sceneggiatura da un brano teatrale di Cristina Comencini (in cui si respira una forte aria autobiografica) e offre un occasione di confronto a otto fra le più note attrici di due intere generazioni di attrici del panorama cinematografico italiano. Due partite è un film da 8 marzo, nel bene e nel male.
Uno spaccato di due generazioni, separate da tre decenni fondamentali per la definizione dei ruoli tra uomo e donna, mettono in luce quanto sia cambiata la posizione sociale della donna sebbene dalla sceneggiatura traspaia una certa incapacità di trovate una risposta definitiva capace di risolvere tutte le domande, ma forse la causa è anche l’assenza di un vero punto di riferimento nel mondo maschile.
L’impianto su cui si basa la storia del film è fortemente teatrale. Unicità di tempo, luogo e azione caratterizzano i due capitoli del film, intervallati dalla una breve sequenza in esterni del funerale di Beatrice (Isabella Ferrari), morta suicida come lo fu a propria volta sua madre. Sebbene la rigidità dei dialoghi non nasconda la sua origine per il palcoscenico, la prova generale del cast è buona (anche se un paio fra loro risultano decisamente impostate e sopra le righe, indovinate voi chi).
Ottimo invece il lavoro realizzato per creare un netto contrappunto tra la due macrosequenze, separate da 30 anni. Il 1966 è caratterizzato da colori saturi, apparentemente vivaci e da una luce che pare offrire speranza alla vita che sta crescendo nel ventre di Beatrice. Il 1996 è invece desaturato, invaso da una luce calliginosa e fredda, i contrasti sono accentuati, netti i bianchi e i neri, c’è una nuova vita per le donne ma anche una maturata disillusione. La nascita che arriva è contrapposta al concepimento desiderato ma che non arriva, la carriera non è sottoposta alle esigenze della famiglia ma l’incazzatura resta.
Tutto cambia perchè tutto resti come prima, secondo una gattopardesca memoria, o forse no?
In uscita il 6 marzo
Voto Carlo 6
Voto Federico 6
Voto Simona 6,5