La siciliana ribelle – La recensione in anteprima
La siciliana ribelle di Marco Amenta, con Veronica D’Agostino, Gerard Jugnot, Marcello Mazzarella, Lucia Sardo, Primo Reggiani.Difficile essere in grado di comprendere un fenomeno (sociale) essendoci immerso da sempre. Senza la possibilità di uscirne, per osservalo da un punto esterno, tutto viene dato per scontato, così come è sempre stato. Anche la Mafia. Lo dimostra
La siciliana ribelle di Marco Amenta, con Veronica D’Agostino, Gerard Jugnot, Marcello Mazzarella, Lucia Sardo, Primo Reggiani.
Difficile essere in grado di comprendere un fenomeno (sociale) essendoci immerso da sempre. Senza la possibilità di uscirne, per osservalo da un punto esterno, tutto viene dato per scontato, così come è sempre stato. Anche la Mafia.
Lo dimostra la storia di Rita, una ragazzina di 17 anni, che nel novembre del 1991 si è presenta innanzi al Procuratore di Palermo con il preciso intento per vendicare l’assassinio del padre e del fratello, entrambi uccisi per volere di uno zio. Rita diventerà così uno dei primi collaboratori di giustizia ma la sua scelta non sarà semplice da compiere, anche solo da capire. C’è una differenza tra giustizia e vendetta, solo chi ha capito che la mafia non è la soluzione può comprenderne a pieno la distanza. Rita sarà così costretta a entrare nel progetto di protezione dei testimoni, accompagnato da un giudice che la tratterà da figlia più di quanto lo fece suo padre. L’aula bunker del Tribunale di Palermo sarà il luogo dove Rita finalmente capirà quale è la sua strada, ma dovrà infine scegliere un’estrema soluzione per conquistare la sua libertà.
Il tema della lotta contro la mafia è molto sentito dal regista Marco Amenta tanto che il suo ritorno al cinema avviene con un film che ritorna sui passi del suo documentario Il fantasma di Corleone, film che cercava di rivelare il vero volto del boss Bernardo Provenzano. La siciliana ribelle si ispira alla vera storia di Rita Atria, morta suicida dopo aver contribuito a dare un duro colpo a Cosa Nostra. Il suo allontanamento dai rituali (quasi) tribali a cui è stata abituata dalle consuetudini familiari è un percorso irto di ostacoli, specialmente antropologici, ma che a piccoli passi viene conquistato dall’amore per la giustizia del Procuratore Antimafia (un ritratto non dichiarato di Paolo Borsellino).
Amenta propone un cinema civile, fortemente radicato con le origini del regista (nato a Lampedusa). Il difficile percorso di formazione di Rita è una storia importante da raccontare, considerato quanto il cinema possa essere utilizzato come strumento divulgativo e persuasivo. Peccato che trascorso l’incipit in cui Rita bambina assiste all’omicidio del padre nella piazza del paese di Partanna (oggi intitolata proprio a Falcone e Borsellino), il film assuma le connotazioni estetiche del classico sceneggiato in puro stile La Piovra, perdendo gradualmente il fascino della fotografia di Luca Bigazzi per lasciare posto ad una rappresentazione classica dell’estetica televisiva.
Un film che sicuramente sarà mostrato nelle scuole, agli adolescenti, non solo nelle regioni dove la mafia è una realtà tangibile. Il tema è forte, la storia non deve essere dimenticata. Il cinema però poteva chiedere qualche cosa in più.
Il film uscirà il 27 febbraio 2009
Voto Carlo 6