Ti Amerò Sempre (Il y a longtemps que je t’aime) – Recensione in anteprima
Ti amerò sempre (Il y a longtemps que je t’aime – Drammatico, Germania/Francia 2008) Regia di Philippe Claudel, con Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein, Serge Hazanavicius, Laurent Grevill, Frédéric Pierrot, Claire Johnston, Catherine Hosmalin, Jean-Claude Arnaud, Olivier Cruveiller, Lise Ségur, Mouss, Souad Mouchrik, Nicole Dubois, Laurent Claret, Marcel Ouendeno. Juliette viene rilasciata dopo quindici anni
Ti amerò sempre (Il y a longtemps que je t’aime – Drammatico, Germania/Francia 2008) Regia di Philippe Claudel, con Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein, Serge Hazanavicius, Laurent Grevill, Frédéric Pierrot, Claire Johnston, Catherine Hosmalin, Jean-Claude Arnaud, Olivier Cruveiller, Lise Ségur, Mouss, Souad Mouchrik, Nicole Dubois, Laurent Claret, Marcel Ouendeno.
Juliette viene rilasciata dopo quindici anni trascorsi in carcere. E’ accolta in casa dalla sorella minore Léa, che vive a Nancy con il marito Luc e le due figlie adottive. Juliette e Léa in questi anni non hanno mantenuto i contatti e vista anche la differenza di età sono più o meno estranee l’una all’altra. Con il passare del tempo, e grazie anche all’affetto delle nipoti, dell’anziano padre di Luc ed alla frequente presenza degli amici più stretti della sorella, Juliette riuscirà ad abbattere il muro di solitudine che si è costruita in prigione. Le due donne impareranno a conoscersi, tentando nel frattempo di ricostruire il legame interrotto tanti anni prima. Legame che verrà cementato dalla sofferta rivelazione del terribile segreto che Juliette ha custodito per tanto tempo.
Nei nostri cinema da venerdì 6 febbraio, Ti Amerò Sempre è stato presentato con successo alla Berlinale dello scorso anno ed ha raccolto, nei dodici mesi trascorsi, sempre maggiori consensi, rastrellando un buon numero di nominations (non ultime quelle ai Golden Globes nelle categorie Miglior Film Straniero e Miglior Attrice Drammatica) e di premi (fra cui la statuetta consegnata a Kristin Scott Thomas agli European Film Award).
Parlare di questo film senza svelarne alcuni particolari è molto difficile. Perciò è meglio che lo sappiate prima di continuare la lettura di questa recensione: quanto segue contiene spoilers.
Philippe Claudel, romanziere e sceneggiatore di successo, arrivato alla soglia del proprio 47esimo compleanno ha deciso di mettersi dietro la macchina da presa e di dirigere in prima persona una delle sue sceneggiature. La prima interamente al femminile. Per il proprio debutto registico, Claudel non ha certo scelto una storia facile, tutt’altro (nonostante il titolo possa indurre in errore e far pensare ad un intreccio romantico).
Con rara delicatezza e discrezione, l’autore è riuscito a portare sullo schermo un dramma intenso e di grande attualità, senza cercare il sensazionalismo nè la lacrima facile. Un dramma che ha il pregio di portare in scena dei personaggi molto reali, in cui è davvero facile riconoscersi ed immedesimarsi; e che commuove profondamente per la semplicità e la naturalezza con cui affronta i difficili temi della solitudine e di un gesto di amore estremo e disperato come l’eutanasia.
Come ha confermato lo stesso Claudel, presente ieri sera all’anteprima del film al cinema Anteo di Milano, sono numerose le prigioni raccontate nel film. Ciscun personaggio, pur non essendo stato in carcere come Juliette, è rinchiuso nella propria personale prigione di dolore e solitudine. Per il papà di Luc è il proprio silenzio, per la mamma di Juliette e Léa il morbo di alzhaimer, per l’ispettore del comando di polizia è la disperazione di essere stato abbandonato dalla moglie e dalla figlioletta…
Ma Ti Amerò Sempre (Il y a longtemps que je t’aime è il titolo di una canzone che Juliette e Léa suonavano al piano da bambine) parla anche di amore, di amicizia e di ritorno alla vita ed alla speranza.
Ritengo che quello di Juliette sia uno dei migliori personaggi femminili visti al cinema negli ultimi anni. Una donna misteriosa e un po’ inquietante, nella prima parte della pellicola, che per anni sopporta da sola il peso di un enorme fardello, incapace di credere che qualcuno – nemmeno i genitori o la sorella – possa aiutarla o, semplicemente, capirla.
Una madre che, scopriremo alla fine, sopraffatta dal dolore per l’incurabile malattia del figlio, volta le spalle al resto del mondo e si chiude a riccio, costruendo attorno a sè un muro di silenzio e indifferenza per difendersi da ciò che la circonda. Una madre che, come estremo gesto d’amore, sceglie di uccidere il proprio bambino per sottrarlo alle atroci sofferenze che lo affliggono, e che poi accetta serenamente il carcere, senza cercare di difendersi, senza spiegare mai a nessuno le motivazioni del proprio gesto.
Kristin Scott Thomas rende al meglio il personaggio di Juliette, impostando la sua straordinaria performance sull’introspezione e sulla sottrazione; compensando la scarsità di battute che il copione le offre, con le eloquenti espressioni del suo volto. Nessun gesto plateale, nessuna palese esternazione di sofferenza o gioia, solo piccoli battiti di ciglia, sorrisi appena accennati, un lieve aggrottare della fronte…Un vero peccato che l’Academy non l’abbia premiata con una nomination all’Oscar che sarebbe stata assolutamente meritatissima.
Voto Simona: 9
Voto Gabriele: 8