Defiance – I giorni del Coraggio: Recensione in Anteprima
Defiance – I giorni del Coraggio (Defiance, Usa, 2008) di Edward Zwick; con Daniel Craig, Liev Schreiber, Jamie Bell, George MacKay, Mia Wasikowska, Tomas Arana, Rolandas Boravskis, Allan Corduner, Alexa Davalos, Mark Feuerstein, Iddo Goldberg, Jacek Koman, Mark Margolis, Jodhi May, Sam Spruell, Sakalas Uzdavinys, Markus von Lingen.1941. La Germania nazista occupa la Bielorussia, cominciando
Defiance – I giorni del Coraggio (Defiance, Usa, 2008) di Edward Zwick; con Daniel Craig, Liev Schreiber, Jamie Bell, George MacKay, Mia Wasikowska, Tomas Arana, Rolandas Boravskis, Allan Corduner, Alexa Davalos, Mark Feuerstein, Iddo Goldberg, Jacek Koman, Mark Margolis, Jodhi May, Sam Spruell, Sakalas Uzdavinys, Markus von Lingen.
1941. La Germania nazista occupa la Bielorussia, cominciando il rastrellamento nei confonti degli ebrei. Tre di questi, tre fratelli, sfuggono alla morte, trovando rifugio nei boschi dell’entroterra polacco. Qui, braccati come topi, al gelo ed affamati, inizieranno la loro disperata ed impossibile resistenza nei confronti dei nazisti, salvando migliaia di persone in nome della vita e della libertà…
Tratto da una storia realmente accaduta, e raccontata nell’omonimo romanzo di Nechama Tec, Defiance di Edward Zwick non convince pienamente, a causa di una sistematica lentezza, una sceneggiatura non eccelsa, un cast non omogeneo e ad una serie infinita di metafore bibliche alla fine forzate ed eccessive. Senza dimenticare che Zwick non è Steven Spielberg e che quando Hollywood incontra l’olocausto… c’è solo che da tremare…
Una pagina di storia straordinaria, per troppo tempo taciuta e dimenticata. Gli ebrei non subirono passivamente il rastrellamento mortale portato avanti dalle truppe di Adolf Hitler. Molti di loro combatterono con forza e coraggio in nome della vita, della libertà. Decisi a formare il proprio destino, a vivere liberi come tutti gli esseri umani, perchè ogni singolo giorno di libertà è una vittoria, per morire, in caso, come persone e non come bestie.
A capire questo tre fratelli entrati nella leggenda, i fatelli Bielski. Ricercati dalle S.S., i tre fuggirono nei boschi che conoscevano sin dall’infanzia, nascondendosi agli occhi e alle orecchie dei nazisti. Qui, nel freddo e nel gelo, riuscirono a formare un gruppo di partigiani determinati a combattere il nemico, a difendere la propria vita con le unghie e con i denti.
Braccati dagli uomini di Hitler e attaccati dal terribile inverno bielorusso, l’incredibile comunità riuscì a resistere dentro la foresta per 3 lunghi ed infiniti anni, spostandosi in continuazione e creando veri e propri villaggi, con tanto di Chiesa, scuola ed ospedale. In più di mille riuscirono a salvarsi. A comandarli, e a diffondere loro speranza, i tre fratelli Bielski, Tuvia, Asael e Zus, entrati nella storia…
Si può definire un film non riuscito del tutto questo Defiance, ritorno in sala di Edward Zwick, regista de L’ultimo Samurai e Blood Diamond. Inizialmente lentissimo e snervante, il film spinge sull’accelleratore delle emozioni facili, trattando una storia che a tutto ciò si prestava già di suo. Swick porta in sala giustamente pregi e difetti dei fratelli Bielski, portati a trasformarsi in carnefici assetati di vendetta come i loro stessi aguzzini. Crimini, omicidi e furti, in nome di una libertà da conquistare anche con la violenza, quella stessa violenza deprecabile che combattevano con la vita, e la dittatura, fatta di leggi imposte all’intero gruppo di resistenti.
Eloquente da questo punto di vista una scena che vede un soldato nazista letteralmente linciato dagli ebrei nascosti dentro il bosco. Un vero e proprio sfogo personale, un bagno di vendetta da fare con il sangue nemico, sotto gli occhi giustificatori dello stesso Tuvia, leader della comunità. Una comunità gestita da questri tre fratelli, in rivalità tra loro, sicuramente non santi ma indubbiamente leader capaci di salvare oltre 1000 ebrei, assumendosi enormi responsabilità per 3 sfiancanti anni.
Ad interpretarli 3 attori troppo diversi tra di loro. Promosso Daniel Craig, che evita di scendere nello stereotipo bondiano o ‘rambiano’, del tipo “solo ed imbattibile contro tutto e tutti”, mentre non convincono Liev Schreiber e Jamie Bell, fastidiosi urlatori per buona parte della pellicola. Attorno a loro ruotano poi una serie di attori comprimari mal tratteggiati e diretti, che troppo spesso finiscono per far sembrare l’intera pellicola un film per la tv, e non una produzione hollywoodiana da 50 milioni di dollari di budget.
Fastidiosa e troppo ostentata la scelta di Zwick di disseminare lungo tutto lo script metafore bibliche, con continui rimandi all’ebraismo e tanto di fugone “alla Mosè” finale nel giorno di Pasqua che rasenta sinceramente il ridicolo per quanto forzato. Anche l’azione, per essere un film made in Usa, langue, con Craig più impegnato a regalare lunghi sguardi sofferenti e ricchi di tensione rispetto a scene più fisiche, alla Bond per intenderci.
Ciò che ne resta è una pagina di storia commovente ed incredibile, forte e potente, puntellata da una discreta fotografia e da una voglia, probabilmente, di poter dire e mettere troppa carne al fuoco. La vendetta, la resistenza, la libertà, l’amore, l’amicizia, la violenza, la crudeltà, la famiglia, la storia, la religione, il potere e l’unione che fa la forza, tutto insieme, in 140 lunghissimi minuti, alla fine obiettivamente deludenti, propro perchè forse troppo pretenziosi.
Voto Federico: 5
Voto Simona: 6