Torino Film Festival 2008: recensioni di Tony Manero di Pablo Larrain, Demain di Maxime Giroux, Lake Tahoe di Fernando Eimbcke, Gigantic di Matt Aselton, The Escapist di Rupert Wyatt
Continuiamo le nostre panoramiche giornaliere sui film visti al Torino Film Festival 26, e come al solito incominciamo con le pellicole del concorso ufficiale. Finalmente il pubblico ha potuto vedere l’atteso Tony Manero (qui il trailer), co-produzione Cile-Brasile diretta da Pablo Larrain: e le attese sono state ripagate. Vedere questo uomo di mezza età che
Continuiamo le nostre panoramiche giornaliere sui film visti al Torino Film Festival 26, e come al solito incominciamo con le pellicole del concorso ufficiale. Finalmente il pubblico ha potuto vedere l’atteso Tony Manero (qui il trailer), co-produzione Cile-Brasile diretta da Pablo Larrain: e le attese sono state ripagate.
Vedere questo uomo di mezza età che sogna in una sala deserta guardando per la centesima volta La febbre del sabato sera, che tenta di “sfondare” nel mondo dello spettacolo convinto di avere un gran talento, e che pur di ottenere ciò che vuole è disposto ad uccidere non crea affatto un clima grottesco, ma provoca nello spettatore solo compassione e pena.
Perché poi c’è da inserire il discorso di non poca importanza della dittatura di Pinochet: e allora tutto assume un connotato ancora più inquietante. Raùl, convinto di poter essere il Tony Manero latino-americano, è vittima del colonialismo culturale (il regista non attacca La febbre del sabato sera, che tra l’altro non è sicuramente un film che esalta le luci della ribalta, e neanche la figura di Tony Manero: semmai l’uso che ne viene fatto dal mondo dello spettacolo, che lo usa come emblema e come mito), ed è vittima di una nazione allo sbando, senza più un’identità. Tony Manero è intelligente, mai banale, a tratti sorprendente: vedere anche la scelta del protagonista verso la fine, quando in casa si ritrova la polizia. Una pellicola coraggiosa e da non perdere.
Meno convincente, nonostante le voci che lo definivano un buon film, il canadese (francofono) Demain di Maxime Giroux. E’ la storia di tre personaggi e delle loro solitudini: Sophie intraprende una relazione con Jérome, conosciuto una sera in discoteca, e intanto si prende cura del padre malato, in condizioni sempre più gravi. A Venezia avevamo visto un film in cui si analizza la situazione padre-figlia, ovvero il bellissimo 35 Rhums: purtroppo Giroux non è Claire Denis e non ha la sua forza, e il ritmo sparisce man mano. La tensione non cresce, e quando il film può prendere una seria svolta ritorna sui suoi binari. Un peccato.
Passiamo alla sezione non competitiva. Lake Tahoe è una delle sorprese di questo festival. Piccolo film messicano diretto da Fernando Eimbcke, classe ’70 con alla spalle vari corti e qui al secondo lungometraggio, narra le vicende alla “Fuori orario” di Juan, un ragazzo che fa un incidente in macchina ed è alla ricerca di un pezzo di ricambio per poter far funzionare la vettura.
Nel suo percorso conosce alcune persone con cui instaurerà dei rapporti, da uno scorbutico vecchietto ed il suo cane Sica ad una giovane ragazza madre, super tabagista, fino ad un ragazzo appassionato di arti marziali. Il ragazzo tornerà anche a casa, e solo qui si capirà qualcosa in più di lui e della sua storia… Se volete un film non retorico che affronti il doloroso tema del lutto, senza sviolinamenti e piagnistei vari, Lake Tahoe fa per voi: e si esce devastati col magone in gola, perché il dolore non è mai urlato. E, cosa importante, il film è soprattutto una commedia: che ha i suoi ritmi, ha battute e gag azzeccate, ed è montata con stacchi netti in nero tra una sequenza e l’altra che corrispondo a brevi ellissi temporali. Provate poi a scoprire cos’è questo Lago Tahoe: e quando lo scoprirete, vediamo se non vi sciogliete sulla poltrona anche voi. Consigliatissimo.
Sempre fuori concorso abbiamo visto l’americano Gigantic, commedia simpaticissima e non poco stralunata con personaggi al limite del surreale. Brian lavora per una ditta che vende costosissimi letti: un giorno un cliente gli chiede di comprare uno dei letti più costosi; al pagamento ci penserà poi l’assurda figlia, che s’addormenta proprio in negozio sul letto. Brian sì’invaghisce di lei; intanto continua a seguire il sogno di adottare una bambina cinese…
Gigantic è un film divertente che fa delle situazioni più improbabili il suo punto di forza. E ovviamente stupisce per la costruzione non ordinaria dei suoi personaggi, a cui però ci si affeziona subito. Grandissimo il cast, da un Paul Dano sempre grande ad una sorprendente Zooey Deschanel (sì, la terribile attrice di E venne il giorno ha trovato la sua strada in ruoli brillanti), passando per il sempre abnorme – in tutti i sensi – John Goodman.
Altro film fuori concorso è The Escapist, co-produzione Inghilterra-Irlanda. E’ un film di genere che va ad aggiungersi alle pellicole del filone carcerario, con una storia e una tensione da thriller. Frank Perry, uomo ormai di una certa età, passerà il resto dei suoi giorni in carcere. Un giorno però riceve una lettera e scopre che la figlia ha gravi problemi di droga e rischia addirittura la morte. Progetta così la sua fuga assieme a pochi altri eletti del carcere, ma l’evasione sarà tutt’altro che facile, anche per la rivalità con altri carcerati.
Il regista Rupert Wyatt, classe ’72, alla sua opera prima dirige un film onestissimo e abbastanza robusto, che si segue senza tregua dall’inizio alla fine. Tutti i cliché del filone ci sono, è abbastanza innegabile. Ma è anche vero che la pellicola ha una certa energia e che il regista è abile a mescolare gli stereotipi, divertendo. Non mancano pure un paio di colpi di scena ben assestati, di cui uno costringe lo spettatore a rileggere tutto il film. Buono il gruppo di attori, capitanati dal trio Brian Cox – Liam Cunningham – Joseph Fiennes.