Cineblog Consiglia: Matrix
Matrix (1999) di Larry e Andy Wachowski. Con Laurence Fishburne, Keanu Reeves, Carrie-Ann Moss, Hugo Weaving, Joe Pantoliano.Stasera 11 settembre su Italia 1 alle ore 22:45 Morpheus, rivolto a Neo: “Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non dovessi più svegliarti, come potresti distinguere il mondo
Matrix (1999) di Larry e Andy Wachowski. Con Laurence Fishburne, Keanu Reeves, Carrie-Ann Moss, Hugo Weaving, Joe Pantoliano.
Stasera 11 settembre su Italia 1 alle ore 22:45
Morpheus, rivolto a Neo: “Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non dovessi più svegliarti, come potresti distinguere il mondo dei sogni dalla realtà?”
Esistono film che passano dall’essere semplice appuntamento per cinefili a fenomeno di massa, di costume, in grado di dettare norme e regole non solo per quanto riguarda il “fare-cinema” ma anche, ad esempio, nel campo della moda e, perché no, del linguaggio. Fino a diventare cult, presenza dotata di una sua autonoma esistenza che va aldilà del ciclo sala-home video. Entrando di diritto in quella melmosa sostanza chiamata Storia.
Matrix, che viene riproposto su Italia 1 stasera, si presenta al mondo nel 1999 ed entra con prepotenza nella categoria succitata, creando scompiglio in un anno in cui anche George Lucas, in maniera diversa e con risultati controversi, cerca di riscrivere le categorie del filmico.
I fratelli Wachowski a quel tempo erano dei registi davvero poco conosciuti (al loro attivo il solo Bound, Torbido inganno) per far presagire un botto di dimensioni così epiche: incassi da record e premi Oscar in pressoché tutte le categorie tecniche. Per non parlare degli incassi successivi dovuti allo svilupparsi del fenomeno Matrix, ed alla possibilità di completare (in maniera a mio parere insoddisfacente) la trilogia che fin dall’inizio avevano in mente.
Sebbene parte di una trilogia, comunque, questo primo episodio è completamente autonomo e forte della sua unicità. Matrix è la storia di un uomo alla scoperta della vera natura di se stesso, del suo popolo, del suo mondo. Neo (ruolo più che mai perfetto per Keanu Reeves) è un hacker che un giorno, “seguendo il bianconiglio”, scopre l’atroce verità sul destino dell’umanità.
Nel passato è stata combattuta un guerra tra l’uomo e le macchine da lui stesso costruite per adempiere alle mansioni più umili. Le macchine, sviluppata un’intelligenza superiore ad ogni aspettativa, ben presto hanno il sopravvento, costringendo gli uomini ad un destino di illusioni che nascondano la tragicità della loro vera esistenza: costretti come feti in boccioli, nati e cresciuti per essere nutrimento delle macchine stesse.
Sta quindi a Neo, una volta entrato a far parte del gruppo di ribelli che è riuscito a liberarsi dal giogo dell’illusione, dimostrare di essere davvero quel che tutti sperano lui sia: il prescelto. Neo come One, l’unico che possa portarli alla ribellione e alla vittoria. Sarà una strada tutt’altro che facile, costellata da prove interiori (la ricerca della fede in se stesso) ed esteriori (le estenuanti battaglie con l’agente Smith).
Un ottimo film, ma non tanto geniale quanto sembri. Almeno a livello tematico. Il film mescola con sapienza (e furbizia) teorie e filosofie prese in prestito da diverse correnti (ed autori) della fantascienza nonché spesso, di rimando, da filosofi come Schopenhauer (il velo di maya) e Platone (il Demiurgo).
Phili K. Dick è il rimando principale, soprattutto se si prende in conisderazione la sua produzione degli anni ’70 (la nera prigione nel cielo), ma in generale per la sua teoria della falsificazione della realtà e per il tema più volte trattato dello scontro tra uomo e macchina (cos’altro è Blade Runner?). L’immagine della coltivazione degli uomini viene invece dritta dritta da Philip Farmer.
Dove il film segna davvero una svolta è a livello tecnico, con l’utilizzo su larga scala ed insistito del cosiddetto bullet time, che permette di rallentare l’azione ed entrarvi dentro per osservarla quasi girando attorno agli attori. Anche qui niente di così eclatante, comunque, dato che la tecnica era già utilizzata da qualche tempo nel cinema asiatico. Non a caso per le coreografie (perché tali sono) è stato utilizzato un gruppo di esperti asiatici di arti marziali.
Il montaggio frenetico e le musiche assordanti fanno il resto, coinvolgendo lo spettatore nel viaggio che porta un semplice hacker a diventare capo di una ribellione che deciderà, stavolta per sempre, i destini di tutti noi. A me è venuta spesso la voglia di alzare la cornetta del telefono per poter sospirare un liberatorio “Siamo dentro“. Perché, aldilà della patina action, questo film lascia addosso un’inquietudine che porta a riflettere, a guardarci intorno con sospetto. Peccato che i due film successivi non abbiano mantenuto le promesse, trascinando la saga stancamente tra ingorghi di sceneggiatura e scene di combattimenti francamente eccessive (se si esclude la bellissima battaglia con gli agenti Smith sotto la pioggia nel secondo episodio).
Voto Mario: 8,5