Cineblog Consiglia: Totò Peppino e la malafemmina
Totò, Peppino e… la malafemmina (1956) di Camillo Mastrocinque. Con Totò, Peppino De Filippo, Dorian Gray, Teddy Reno, Mario Castellani.Domani lunedì 8 settembre su Rai 1 alle ore 9:50Nell’immaginario comune quello proposto nella mattinata di domani è “il” film di Totò, quello che chiunque, interrogato a proposito della chilometrica produzione del comico napoletano, ricorderà come
Totò, Peppino e… la malafemmina (1956) di Camillo Mastrocinque. Con Totò, Peppino De Filippo, Dorian Gray, Teddy Reno, Mario Castellani.
Domani lunedì 8 settembre su Rai 1 alle ore 9:50
Nell’immaginario comune quello proposto nella mattinata di domani è “il” film di Totò, quello che chiunque, interrogato a proposito della chilometrica produzione del comico napoletano, ricorderà come esempio principe, punta dell’iceberg, “capolavoro”. A torto o a ragione, questo è tutto da verificare, ma non c’è dubbio alcuno che Totò, Peppino e la malafemmina sia un gran film. Divertente e intelligente come solo le migliori commedie della tradizione filmica italiana.
Totò e Peppino interpretano qui i fratelli Caponi, passati alla storia della cultura partenopea fino a divenire oggetto di culto e merce da marketing regionale. I fratelli Caponi vivono in un paesello dell’entroterra campano, lontano dagli squilli della civiltà tecnologica, in un piccolo mondo antico fatto di lavoro e pochi divertimenti. Almeno questo vale per Peppino, il “secondogenio” della coppia. Totò, il “primogenio”, come spesso altre volte nella sua carriera, interpreta uno scanzonato scansafatiche che approfitta della credulità del fratello per rubargli soldi e fare “la bella vita”.
I due vivono con la sorella in una masseria vecchio stile dove Peppino lascia pascolare le sue mucche e Totò è sempre impegnato a combinarne una nuova, con preferenza per il vecchio amico-nemico Mezzacapa, proprietario della tenuta adiacente alla loro. Il vero orgoglio della famiglia è però il figlio della sorella (interpretato da Teddy Reno), che all’inizio del film parte per Napoli per studiare medicina e fare carriera nella grande città.
Ma la grande città, si sa, è fatta non solo di lavoro, ma anche di divertimenti. Capita quindi che il nipote studioso incontri per caso una bella ragazza, una soubrette che gli fa perdere la testa. Quando “un’amica” avverte con una lettera anonima la famiglia che “vostro nipote invece di studiare si perde con donne di malaffare” si scatena il putiferio in casa Caponi, con la decisione di richiamare il ragazzo all’ordine. Solo che a quel punto il nipote, per seguire il suo amore, si è già spostato a Milano. E loro, volenti o nolenti, per terra o per mare, devono andare a riprenderlo.
Ed è qui che inizia davvero il film, un fuoco di fila di scene da antologia e di battute memorabili. Il film è sorretto da una sceneggiatura solida e, pur nelle limitazioni imposte dalla morale censoria democristiana a quei tempi tanto in voga (evidente soprattutto nel finale), riesce davvero a divertire dal primo all’ultimo minuto. La grandezza dei due attori prende di peso il film e lo trasforma da una commedia potenzialmente normale in un qualcosa di mitico: l’interazione tra i due (e tra i due e Mezzacapa) e le continue improvvisazioni donano una freschezza tale che questo film lo si vede e rivede senza mai stancarsi (io ho ormai superato le 50 visioni) e senza che le battute perdano un grammo della loro bellezza.
Gli unici momenti dove il film perde un pò di ritmo sono quelli dove in scena ci sono solo Reno e Dorian Gray, soubrette molto famosa all’epoca. Un evidente pegno pagato alla carriera in ascesa del primo ed al divismo della seconda. Il resto è tutto oro che cola, con almeno due scene entrate di diritto nell’immaginario collettivo, riproposte alla fine del post: la lettera improvvisata che Totò e Peppino scrivono alla soubrette (che dovette essere ripetuta molte volte perché, mentre la giravano, i membri della troupe non riuscivano a trattenere le risate), e la ricerca del teatro da parte dei due poveri fratelli sperduti in una Milano in mano ai “generali austroungarici”. Ma davvero è riduttivo parlare solo di questi due momenti. Questo è uno di quei film che, quando lo vedi per la prima volta, ti resta nel cuore, e te lo porti dietro per tutta la vita. Non vederlo neanche una volta invece diventa un delitto. E senza timori chiudo quindi con un: Gloria a Totò, il Principe della risata.
Voto Mario: 8,5
Totò e Peppino alle prese con la lettera
Totò e Peppino alle prese col “generale”