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Bleed – Più forte del destino: recensione in anteprima

Volontà e abnegazione sono i temi principe di Bleed – Più forte del destino, più che accessibile parabola tratta dalla storia realmente accaduta al pugile americano Vinny Pazienza, con due centrati Miles Teller ed Aaron Eckhart

pubblicato 2 Febbraio 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 03:07

Vinny Pazienza è un pugile italo-americano che si è imposto nella categoria dei Pesi leggeri. Testa calda, se non altro per la sua ostinazione: gli rimproverano di dare sempre tutto sé stesso, ma lui non capisce perché mai questo sia un male. Il padre Angelo lo venera, mentre il suo procuratore, dopo una brutta sconfitta, ritiene che per Vinny sia giunto il momento di abbandonare, urlando a mezzo televisione. Vinny non ci sta, si riprende, scala addirittura due categorie arrivando ai Pesi supermedi, e vince. L’inerzia è tutta a suo favore, finché un frontale in autostrada non gli rompe il collo e per tre mesi è costretto a tenere un cerchio sulla testa con dei chiodi conficcati nel cranio.

Prodotto da Martin Scorsese, Bleed – Più forte del destino è storia di riscatto, a suo modo un feel-good movie che muove dal dramma per enfatizzare la forza di volontà di quest’uomo che riesce effettivamente a ribaltare ogni pronostico. D’altra parte non è possibile cassare una storia di questo tipo troppo sbrigativamente, visto e considerato che i fatti sono veri, per quanto inevitabilmente romanzati. Vinny (Miles Teller) davvero rischiò di rimanere paralitico dalla vita in giù e perciò di non camminare per il resto dei suoi giorni; eppure lui che fece? Durante la convalescenza, con questo accrocchio addosso, si sottopose ad un ferreo regime di allenamento, aiutato dal suo fidato amico e allenatore Kevin (un quasi irriconoscibile Aaron Eckhart, finalmente fuori dalla sua comfort zone).

Film duro, molto mascolino, che oltre a trarre linfa dalla già citata verità della storia, si serve giocoforza del contesto, ossia quello della boxe; e la boxe è quasi sempre foriera di buoni riscontri al cinema. Non tutto convince a pieno, come per esempio l’asciuttezza della trama, che però è al tempo stesso indispensabile per un film che dura già quasi due ore. Sta di fatto che di Vinny, così come di altri personaggi, finiamo col sapere pochissimo, se non quello che ci serve per recepire il messaggio: la madre estremamente religiosa, il padre innamorato ma anche ambizioso di successo; l’allenatore ubriacone al quale si presenta l’ultima chance per rimettersi in carreggiata; e chiaramente il protagonista, emblema della volontà che si fa carne, sostanza.

Malgrado questo, è innegabile… il film funziona. Bleed fa talmente leva su fattispecie universali, che difficilmente si finisce col rimanere esclusi da questa parabola ascendente. Il cameratismo tra Vinny e Kevin; la tenera rassegnazione della madre che durante gli incontri del figlio sgrana il Santo Rosario davanti a immagini e statuette sacre; la sofferenza quale catalizzatore di ogni cosa, con tanto di riflesso cristologico allorché scopriamo per la prima volta le ferite sulla fronte del protagonista, sottoposto al suo personale calvario, dopo il quale, per l’appunto, risorge. Sapere poi che tutto ciò è accaduto, che qualcuno ce l’abbia fatta davvero, beh, contribuisce in positivo anziché no. In Teller, peraltro, il personaggio di Vinny “Paz” Pazienza trova forse l’interprete ideale, sulla scorta dell’Andrew batterista in Whiplash.

Qualcuno potrebbe rimproverare al film una certa superficialità, critica non del tutto infondata anche alla luce di quanto scritto sopra in relazione al trattamento dei personaggi; è vero, non vengono sondati chissà quali misteri, per quanto attinenti all’animo umano. C’è però altresì da riconoscere che con Bleed non si vuole caricare lo spettatore di ragionamenti particolari o riflessioni articolate: il film di Ben Younger punta dritto allo stomaco ma non lo fa in maniera “scorretta”. Non solo. Nel farlo ci riesce pure, ossia tocca giusto quei due/tre tasti che gli interessano, non uno di più non uno di meno.

A confermarcelo è la parte conclusiva del film, che tiene incollati, in apprensione per le sorti di Vinny, la cui apparente sconsideratezza potrebbe costargli molto caro. Si segue perciò quell’incontro come fosse un vero match, al di là di qualsivoglia verosimiglianza tecnica: c’interessa capire come finirà, non tanto per l’esito, quanto per ciò che potrebbe avvenire un istante dopo l’ultimo gong. Una storia di sport, di agonismo sfrenato, qualcosa che si attaglia molto bene all’esistenza grossomodo di ciascuno di noi, che si tirino pugni o meno. Quella forma di cinema che è anzitutto prodotto; ma finché riesce a raccontare una storia in modo accettabile, va decisamente bene così.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6.5″ layout=”left”]

Bleed – Più forte del destino (Bleed for This, USA, 2016) di Ben Younger. Con Miles Teller, Aaron Eckhart, Katey Sagal, Ciarán Hinds, Ted Levine, Christine Evangelista, Amanda Clayton, Tina Casciani, Kimberly Howe, Chaunty Spillane, Susan Garibotto, Julie Ann Dawson, Liz Carey, Gia Skova, Kim Mulhauser, Stephanie McIntyre, Stacey Forbes Iwanicki, Lilith Astaroth, Ashley Tramonte, James Wilcox, Dante Palminteri e Tim Fields. Nelle nostre sale da giovedì 9 marzo 2017.