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Vite interrotte: il corto diretto da Andrea Franchin e scritto da Davide Piasentini

Diamo spazio ancora una volta ad un cortometraggio. Vite interrotte è diretto da Andrea Franchin ed è scritto da Davide Piasentini. E’ proprio con lui che approfittiamo per fare una piccola chiacchierata, affinchè ci spieghi qualcosa sulla realizzazione del corto, che parteciperà a qualche festival, e sui suoi significati. Lo potete vedere dopo l’intervista.Quanto tempo

5 Gennaio 2008 22:32

Vite interrotteDiamo spazio ancora una volta ad un cortometraggio. Vite interrotte è diretto da Andrea Franchin ed è scritto da Davide Piasentini. E’ proprio con lui che approfittiamo per fare una piccola chiacchierata, affinchè ci spieghi qualcosa sulla realizzazione del corto, che parteciperà a qualche festival, e sui suoi significati. Lo potete vedere dopo l’intervista.

Quanto tempo ci è voluto per girare e realizzare interamente Vite interrotte?
Le fasi di realizzazione del corto sono ben separate, temporalmente si intende, fra loro. La sceneggiatura l’ho ultimata più di tre anni fa, era infatti una delle piccole storie che mi dilettavo a scrivere pensando che poi ne sarebbe uscito un libro, magari il libro che mi avrebbe cambiato la vita. Le riprese sono state girate a fine luglio 2007 a Montebelluna (TV) e la post-produzione, comprendente montaggio audio-video, risale ad ottobre. Una lunga realizzazione dunque, dovuta per forza di cose ai vari impegni sia miei che del regista.

Quali sono le influenze nella storia e nella sceneggiatura?
Sono cresciuto con i gangster movies, il genere che prediligo in assoluto, e il mio vangelo è Il Padrino di Coppola. Il mio mito però è Martin Scorsese, a lui e ai suoi film devo l’amore per il cinema. Amo i personaggi dei suoi film e i loro conflitti interiori: penso al folle Joe Pesci di Quei bravi ragazzi, a DeNiro in Taxi Driver, a Daniel Day Lewis in Gangs of New York o a DiCaprio in The departed e The aviator. Personaggi di grande profondità e intensità che ogni scrittore vorrebbe creare.

Inoltre trovo fantastico il suo modo di mostrare la violenza, in maniera forte e diretta lasciando l’occhio dello spettatore a guardare. Sarebbe inutile togliere la violenza dai film perché ormai fa parte della vita di tutti noi.
Se mi chiedi però qual è per me la migliore sceneggiatura di sempre, ti rispondo Pulp Fiction di Tarantino e Avary.

E delle influenze nello stile di regia di Franchin che ci puoi dire?
Il regista Andrea Franchin è un grande talento e spero che un giorno possa raggiungere il suo sogno cinematografico. E’ un perfezionista, cura moltissimo la fotografia e la qualità dell’immagine (anche se questo video di YouTube non gli fa giustizia), pretende molto da se stesso e sa ascoltare i consigli. Credo che il suo modello sia George Lucas, un regista che sa coniugare perfettamente alta tecnologia e poesia dell’immagine. Credo che per ultimare il corto sia rimasto in sala montaggio tutta la notte.

Vite interrotteMi sembra che uno dei temi fondamentali di Vite interrotte sia quello del tema del destino e della tragedia, comune ad entrambi i personaggi principali…
Queste due persone all’inizio si trovano agli antipodi: il giovane killer ha perso quasi del tutto la speranza e senza esitare, ormai non può più permetterselo, accetta un incarico spietato. L’altro invece sta per diventare padre, ama molto sua moglie e sta per cambiare città e lavoro: insomma per lui è uno di quei piccoli momenti chiamati felicità. Alla fine però condividono il medesimo destino. Il tema è secondo me la fragilità della vita, vista in questo caso tragicamente. Quanti sono gli sforzi che servono per ottenere qualcosa di buono e quanto poco basta per perdere tutto e trovarsi spalle al muro. Credo che sia un tema quanto mai attuale e spesso, purtroppo, frequente nella vita delle persone. In questa mia visione non c’è un momento di riflessione ma, pessimisticamente, la morte chiude tutti i discorsi e non lascia seconde opportunità. Sono stato decisamente un po’ fatalista ma ho volontariamente lasciato le riflessioni allo spettatore.

La colonna sonora è interessante: qualche aneddoto su chi l’ha realizzata e su come è stata usata?
La colonna sonora è stata realizzata da Andrea Brunato, percussionista degli Amanita, gruppo rock padovano. Ha fatto, secondo me, un grande lavoro, cogliendo al volo il senso delle immagini. Penso che la colonna sonora sia fondamentale nel cinema d’oggi e che della sua significanza non si possa fare a meno. In questo corto si è voluto rendere la tensione e tragicità dei momenti cercando di sottolineare e supportare a livello emozionale le immagini. Anche qui, il video caricato su YouTube non rende giustizia al lavoro svolto.

Vite interrotteMettiamo un attimo le mani avanti: secondo te, che problemi ci sono nel corto col senno di poi? Sono aspetti fondamentali o si può passare oltre?
Il corto, una volta caricato su YouTube, perde parte del suo smalto. La qualità delle immagini e del suono (comprese le sue sfumature) sono i primi a farne le spese. Purtroppo, ad esempio, nelle scene dove c’è oscurità si tende a non vedere nulla. Questo è un problema di compressione che si verifica solo ed esclusivamente in Internet e, visto che le distribuzioni saranno festival, tv e dvd, non è certo una cosa preoccupante.
Dal punto di vista realizzativo abbiamo avuto il problema sigaretta. Una cosa a cui non avevamo pensato e che rappresenta un errore di inesperienza è l’uso della sigaretta nei campo-controcampo. Il movimento è spesso scoordinato e in futuro cercheremo di non fumare, che oltretutto è anche meglio per la salute. Inoltre abbiamo doppiato i dialoghi, non disponendo di buone tecnologie per la registrazione sonora dal vivo. Il risultato è un suono più pulito e preciso. Certo col sonoro live ci sarebbe stato maggiore realismo.
Per quanto riguarda la sceneggiatura, la mia è stata una scommessa ardua. E’ da sempre molto difficile creare e rappresentare un intreccio completo ( in questo caso due trame) in un cortometraggio, essendo la durata quasi sempre inferiore ai 15 minuti. Il risultato complessivo mi sembra però discreto. Il fatto è che realizzare un lungometraggio, se non sei professionista, significa spesso lasciarlo in archivio. Per partecipare a festival e per avere un po’ di visibilità meglio allenarsi con il buon vecchio cortometraggio.

Ed ecco Vite interrotte per voi.