Torino Film Festival: Alexandra, Nelle tue mani, The Elephant and the Sea, The Blue Hour
Per fortuna che c’è Sokurov. In questa ordinaria seconda (personalmente parlando: il festival è in realtà al suo quinto giorno) giornata del Torino Film Festival, il regista russo dà una lezione di cinema a tutti. Il suo Alexandra, già osannato a Cannes 60, riprende il tema caro al regista della Storia, raccontato ancora con la
Per fortuna che c’è Sokurov. In questa ordinaria seconda (personalmente parlando: il festival è in realtà al suo quinto giorno) giornata del Torino Film Festival, il regista russo dà una lezione di cinema a tutti. Il suo Alexandra, già osannato a Cannes 60, riprende il tema caro al regista della Storia, raccontato ancora con la poesia e la raffinatezza tecnica che ha fatto grande la filmografia di Sokurov.
Se a Venezia Mikhalkov ci presentava col suo bel 12 una versione di La parola ai giurati aggiornata ai tempi delle tensioni della guerra in Cecenia, anche il regista di Arca Russa vuole dire la sua su questa guerra. Ma non in modo politico o “banalmente” schierato, anche perché la guerra e le battaglie non si vedono: si vedono semmai le conseguenze sul territorio e gli stati d’animo degli esseri umani.
In più Galina Vishnevskaija offre una prova molto naturale del suo personaggio, e rende la sua Alexandra una nonna con le idee chiare, convinta delle sue idee per quanto riguarda la guerra, piena di amore per il nipote e piena di speranze. Da segnalare la splendida fotografia e l’uso delle luci, il tutto finalizzato a rendere le inquadrature più marroni possibili. Per ora è il film che più mi è piaciuto in questi primi due giorni.
Poi la giornata mi ha offerto film che non mi hanno entusiasmato. Ad iniziare da The Elephant and the Sea del malese Woo Ming Jin, che racconta la storia di due persone nella costa malese in un periodo contaminato da un’epidemia. Poesia e tante domande si fondono in uno stile che manderà in visibilio gli appassionati del cinema orientale puro, mentre provocherà grandi sbadigli in chi non può manco vedere un Kitano qualsiasi.
In concorso, come il precedente, troviamo anche The Blue Hour di Eric Nazarian, un film corale con quattro personaggi principali. La tradizione americana in questo campo la conosciamo tutti: da Altman fino agli episodi più recenti, come P.T. Anderson e Inarritu, questo tipo di pellicole hanno appassionato e fatto discutere critica e pubblico.
La pellicola ha dei momenti interessanti, soprattutto nell’episodio del chitarrista di colore, però la scelta (condivisibile) di usare una sceneggiatura con meno dialoghi possibili si rivela un’arma a doppio taglio: non avvince e rischia di annoiare. E poi la scelta di far incrociare in poche ma significative scene alcune delle storie principali sembra agli occhi dello spettatore solo l’ennesima furbata per mantenere alta un’attenzione che altrimenti non ci sarebbe.
Va ancora peggio, purtroppo, con Nelle tue mani di Peter Del Monte, che torna sul grande schermo dopo sette anni dal suo ultimo film. Interpretato da una bellissima (e spesso anche non male) Kasia Smutniak e da un convincente Marco Foschi, il film è una tormentata storia d’amore divisa tra la presunta follia di lei e la pazienza (pure troppa!) di lui.
La tensione necessaria per un’operazione drammatica del genere, nonostante un’imbarazzante scena d’apertura, sembra cominciare subito, ma la pellicola fa subito calma piatta. E non solo: tra scene comiche che nulla c’entrano col contesto e alcuni dialoghi e situazioni assolutamente prevedibili oppure improbabili, si arriva ad un finale che più irritante non si può. Un gran peccato, ma le risate in sala del pubblico confermano l’idea di essere davanti ad un brutto film: con alcune potenzialità, forse, ma non sfruttate a dovere.