Home Curiosità Trash follie italiane, ovvero i film che osarono, ma che fallirono miseramente

Trash follie italiane, ovvero i film che osarono, ma che fallirono miseramente

Il cinema italiano, in rarissimi casi, rifiuta l’intimismo un po’ sfigato e ripiegato su stesso. In molti invocano come elemento necessario per la rinascita del cinema nostrano il ritorno ad un cinema di genere, magari pensando all’horror dei Fulci, Bava e Argento o al western di Leone e Corbucci per fare qualche esempio. Ma dagli

8 Novembre 2007 08:56



Il cinema italiano, in rarissimi casi, rifiuta l’intimismo un po’ sfigato e ripiegato su stesso. In molti invocano come elemento necessario per la rinascita del cinema nostrano il ritorno ad un cinema di genere, magari pensando all’horror dei Fulci, Bava e Argento o al western di Leone e Corbucci per fare qualche esempio. Ma dagli anni ’80 non mancano pellicole che hanno cercato di rompere le catene del film buonista pieno di carinerie e magari ambientato ai Parioli. I tentativi che sono stati fatti sono, però, alquanto sgangherati. Si tratta alla fine di deliranti remake, storie visionarie con fortissime tendenze autocelebrative e non mancano pellicole con dispendio di mezzi e virtuosismi tecnici.

Una varietà di film che si discosta dalla grande massa di produzioni del cinema italiano e che rappresentano film non completamente riusciti, ma che hanno avuto il pregio (ormai raro) di averci provato! Ora è il turno di 2061 dei Vanzina bros., comicità e fantapolitica in un unico film.
Oltre a questi ce ne saranno sicuramente altri… a voi la parola!

Grunt!, Luotto, 1982. Remake parodistico della Guerra del fuoco di Jean-Jacques Annaud. Sembra incredibile che un film del genere sia stato prodotto per il grande schermo. Luotto ha girato un film comico, usando tantissime sequenze girate al buio, con attori che non parlavano e che grugnivano solamente. Pensate a novanta minuti di film tutti così. Ne è uscito fuori un film che è la parodia di un trattato antropologico e che fa ridere veramente poco. Ma questo esperimento veramente assurdo, che solo un Mel Brooks in palla poteva osare (fece solamente un episodio di questo tipo nella Pazza storia del mondo), non può non destarci un minimo di simpatia nella sua estrema incoscienza. Tra gli sceneggiatori c’era un certo Giorgio Faletti…

Occhiopinocchio, Nuti, 1994. Nuti in quel periodo si prendeva molto sul serio. Movimenti di macchina complessi e una sua ossessiva presenza in scena lo facevano rassomigliare all’Orson Welles più compiaciuto, solo che Nuti aveva anche la fissa di volerci far ridere. Il film più esemplificativo di quel suo particolare momento è stato Occhiopinocchio, un film così spericolato e visionario, ma anche così simpaticamente sbagliato che ha fatto credere che chiunque potesse fare di meglio. E difatti ispirati al burattino in seguito vennero A.I. di Spielberg e il Pinocchio di Benigni. Un vero peccato, il film di Nuti avrebbe meritato sicuramente di più.

Pianosequenza, Nero, 2004. Nella puntata sui migliori piano-sequenza della storia del cinema si è notato che non erano presenti molti film italiani. Eppure esiste nella cinematografia del Belpaese addirittura un film interamente girato in piano-sequenza, come L’Arca russa di Sokurov. Di più: in questo film moltissimi sono gli ambienti e, inoltre, le sequenze girate in esterno si alternano a sequenze girate in interni. Un film dunque girato in tempo reale, in una Torino notturna, quasi un Fuori orario sotto la Mole.

Arrapaho, Ippolito, 1984. Gli Squallor vendevano moltissimi dischi. Questo poteva essere una ragione sufficiente per fare dei film e ad ogni disco seguiva un film, un po’ come accade per alcuni libri. Uno dei modelli di riferimento del film potevano essere Il papocchio o altri di Arbore. Per il loro Arrapaho, gli Squallor decisero quindi di girare un film simil-western in un accampamento indiano (in realtà un luogo vicino ad una discarica della capitale), comprese le interruzioni pubblicitarie e scenette comiche malamente inserite come in un blob televisivo indistinto e repellente. Il film, inoltre, “disastrosamente diretto” (come recitano i titoli di coda) da Ciro Ippolito contiene anche sequenze girate in controluce, ciak sbagliati e tutto un campionario di errori non tagliati. Inutile dire che tutto ciò, insieme ad una volgarità insistita e compiaciuta, assomiglia moltissimo a ciò che ci propina quotidianamente il palinsesto televisivo, ma in modo meno “grezzo”.

Joan Lui, Celentano, 1985. E’ il film che fece capire a Celentano che il miglior mezzo per la sua propaganda di idee era la televisione e non il cinema. Eppure le sequenze iniziali del film, specie quelle di insieme, possedevano una cifra cinematografica abbastanza seducente e che il molleggiato tenterà di non perdere anche negli spettacoli che ambienterà interamente negli studi televisivi.

Chiavi in mano, Laurenti, 1996. Laurenti, uno dei massimi esponenti del trash italico anni 70, decise di fare il remake di Quel gran pezzo dell’Ubalda (film amato, sembra, anche da Veltroni). L’ambientazione medievale e un attore di razza come Martufello potevano essere il grimaldello per rinverdire quella tradizione ormai persa. Ma il cast paratelevisivo e una carenza assoluta di situazioni comiche furono la causa principale del fallimento del film. Ma la colpa maggiore di una operazione di quel genere fu quella di essere il capostipite del filone inutile dell’amarcord trash: Eccezziunale veramente, Il ritorno del Monnezza, L’allenatore nel pallone… finiranno prima o poi?

Chicken park, Calà, 1994. Remake più che demenziale di Jurassic Park. Effetti speciali che nemmeno un Rambaldi sotto effetto di stupefacenti poteva realizzare. Al danno la beffa: tra le attrici c’è anche Alessia Marcuzzi, Calà non la fa nemmeno spogliare… Ecco una sequenza del film: