Korea Film Festival
Ecco le ultime, nel senso che si è chiusa la mia escursione fiorentina, dal Korea Film Festival. Ma non perdiamo tempo a parlare delle note di colore e dell’organizzazione disponibile e amichevole e degli errorini tecnici che ogni tanto si sono presentati, ma c’è da dire che la puntualità è quasi sempre stata rispettata e
Ecco le ultime, nel senso che si è chiusa la mia escursione fiorentina, dal Korea Film Festival. Ma non perdiamo tempo a parlare delle note di colore e dell’organizzazione disponibile e amichevole e degli errorini tecnici che ogni tanto si sono presentati, ma c’è da dire che la puntualità è quasi sempre stata rispettata e i registi Im Sang-soo e Lee Jae-yong sono stati sempre presenti e pronti a parlare con tutti del loro lavoro.
Woman On The Beach : non conosco molto Hong Sang-soo ma dopo questo film è doveroso un recupero dei suoi film, delicato e leggero riesce ad arrivare nel profondo degli animi dei suoi personaggi, una sequenza da brivido (costruita sul nulla, un foglio di carta e una penna, ma quante vie apre all’immaginazione) e tante immagini che rimangono impresse. Ho trovato però orribili le zoomate che ad ogni inquadratura avvicinano il nostro sguardo ai personaggi, magari ora, ad un paio di giorni di distanza, ripensandoci, riesco anche a capire il perchè di quelle zoomate, ma restano orribili quanto un pugno in un occhio.
Tears: Il secondo film di Im Sang-soo è invece la storia difficile e triste della vita ai margini di 4 ragazzi disadattati: prostituzione, disagi familiari e esistenziali, macchina digitale e motociclette, l’amore che un po’ allieva le sofferenze e la solitudine che si mangia tutto. Rispetto al primo film siamo già ad un livello nettamente superiore, ancora un paio di cose che non mi hanno convinto ma un’altro film davvero toccante. Im Sang-soo ha dichiarato che lo ha rivisto recentemente ma non è riuscito ad arrivare alla fine e non sa nemmeno perchè.
Raging Years/ Low Life: di questo film del maestro Im Kwon-Taek se ne parla generalmente male, ma per me è stata una rivelazione, forse il film che più mi è garbato del festival, forse il budget risicato (è un inferenza dalle scenografie e dalla fotografia piuttosto povera) ha inciso un po’ sulla resa della messa in scena, ma oltre al fatto che ripassiamo un po’ di storia coreana del dopoguerra (non in modo didascalico) l’ho amato perchè nella cornice di un film d’autore (e pensate agli autori europei con la A maiuscola) ci sono scazzottate, taekwondo e mattonate nel viso, mai vista una cosa del genere.
Dasepo Naughty Girls: Sembra una semplice commedia demenziale ambientata in una scuola superiore e fra i pruriti sessuali di insegnanti e studenti, ma oltre alle sequenze musicali superkitsch e una fotografia ultrapop, fra gangster travestiti e sfigati con un solo occhio si scorge una realtà più cupa e dura di quello che appare dai lustrini della copertina: sembra una presa di coscienza della crisi dei valori tradizionali e della famiglia, che non riescono più a soddisfare i bisogni dell’individuo, a maggior ragione dei più giovani, ormai totalmente immersi in una società totalmente occidentalizzata.
The Old Garden: L’ultimo film di Im Sang-soo è davvero un gran film, riesce proiettare il privato nel pubblico e viceversa, a tenere insieme la memoria (del massacro di Kwangju) e del cambiamento dei tempi che questa memoria cancella. Le sequenze di guerriglia nell’università sono molto realistiche e fanno rabbrividire, la forza della protagonista è straziante. Come sempre da parte di Im Sang-soo c’è una cura formale davvero notevole e un’eleganza sempre vivida, anche nelle scene che meno si presterebbero all’estetizzazione, devo decidere se mi è piaciuto più questo o The President’s Last Bang.
The General’s Son: Questa pellicola è invece un lavoro più prettamente commerciale di Im Kwon Taek, sempre la storia della corea sullo sfondo, questa volta durante l’occupazione Giapponese durante gli anni 30 e il piccolo gangster che sa menare le mani come pochi altri viene elevato a sorta di baluardo patriottico contro l’invasore straniero. Tanta azione e duelli a mani nude, le arti marziali coreane contro quelle giapponesi, collaborazionisti in città e partigiani fuori dai confini nazionali, sono solo le gang di strada a difendere l’orgoglio nazionale. Malgrado la qualità delle arti marziali sia ragguardevole c’è da dire che Im Kwon-Taek, non me ne vogliano gli estimatori, è piuttosto infantile nel girare le scene di combattimento, almeno paragonandolo ad un regista cinese.
The President’s Last Bang: Racconta la storia dell’omicidio del dittatore sudcoreano Park Chung-hee, avvenuta nel 1979 per mano del capo dei servizi segreti sudcoreani (che lo fece per la democratizzazione del paese, avvenuta poi nel non troppo lontano 1988). Un thriller politico come non mi capitava di vederne da molto tempo, serio, cupo, diretto con maestria e forza visiva, riesce a criticare quel potere (e quel modo di gestirlo) trattandolo come una vicenda privata, quasi da congiura romana. Finalmente si è potuto vederlo in versione integrale con gli spezzoni di documentario in testa e in coda al film (spezzoni che erano stati censurati nella prima edizione del film).
Gli altri film di cui abbiamo parlato potete trovarli su questo post.