Andy Warhol: 6 agosto 1928 – 22 febbraio 1987
Venti anni fa moriva il più grande esponente della Pop Art americana. Ma anche uno dei più grandi artisti dell’arte contemporanea, che ha influenzato anche il cinema. Tra trasgressione, miti e quindici minuti di fama. Lo scorso anno all’Ex-Pescheria Centrale di Trieste si è tenuta per un lungo periodo (dal 22 luglio al 22 ottobre)
Venti anni fa moriva il più grande esponente della Pop Art americana. Ma anche uno dei più grandi artisti dell’arte contemporanea, che ha influenzato anche il cinema. Tra trasgressione, miti e quindici minuti di fama.
Lo scorso anno all’Ex-Pescheria Centrale di Trieste si è tenuta per un lungo periodo (dal 22 luglio al 22 ottobre) un’interessantissima mostra chiamata Andy Warhol’s Timeboxes. Fu un occasione per (ri)scoprire il mito dell’artista attraverso alcune sue celeberrime opere di pittura, di scultura, opere cinematografiche ma soprattutto queste “misteriose” Time Capsules. Semplicemente delle scatole contententi oggetti di uso quotidiano (cartoline, scarpe, ricordini, ecc.) raccolti e custoditi da Warhol nel corso della sua vita. Fino alla sua morte, il 22 febbraio 1987 per un intervento alla cistifellea, ne aveva raccolti più di seicento.
Quelle scatole, quelle capsule fanno parte dell’opera dell’artista: perchè tutto fa parte della memoria e tutto può diventare icona. Come tutti diventeremo prima o poi famosi almeno per 15 minuti.
Il più grande esponente della Pop Art americana (e popolare vuol dire “massa”, e non arte bassa) ha segnato l’arte contemporanea in tutti i campi. Celeberrime le sue opere serigrafiche di Marilyn Monroe, di Che Guevara e di Mao Zedong, ma fondamentale per capire la sua idolatria del consumismo e della merce le due tele con la ripetizione delle bottiglie di Coca-Cola o le lattine di zuppa Campbell’s.
“Quel che c’è di veramente grande in questo paese è che l’America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca-Cola, sai che anche il Presidente beve Coca-Cola, Liz Taylor beve Coca-Cola, e anche tu puoi berla”. Forte, trasgressivo, controcorrente e scomodo, come sempre.
Ma a noi del Cineblog piace ricordarlo anche come un regista e produttore fondamentale e strabiliante. Prima di Kubrick fu lui che portò sul grande schermo il romanzo di Anthony Burgess A Clockwork Orange, con quel piccolo gioiellino sadomaso di Vinyl, girato praticamente (quasi) sempre in piano-sequenza con una sola inquadratura.
E poi ci sono i dialoghi irresistibili di My Hustler, lo schermo diviso di The Chelsea Girls o la Factory in “trasferta west” in Lonesome Cowboys.
Senza dimenticare la stupenda trilogia girata dall’amico Paul Morrissey (Flesh, Trash, Heat), che celebrò il mito del bellissimo bisex Joe Dallesandro, la più importante icona dell’argentata Factory.
Ma la vita di Warhol, sia privata -dovremmo pur citare anche la giornata del 3 giugno 1968, quando Valerie Solanis gli sparò- che artistica (altri nomi: Velvet Underground, Interview, Andy Warhol’s TV e tantissima pubblicità) è lunga, lunghissima ed appassionante. Lo spazio che ora gli dedichiamo per ricordarlo un po’ troppo poco. Ci sembra giusto che ora parlino le immagini.