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INLAND EMPIRE secondo Lucio

Vi prego perdonatemi, vi avevo promesso che l’iniziativa legata ad INLAND EMPIRE era chiusa ma ci siamo persi la mail di Lucio e non possiamo non pubblicare anche il suo parere. Questa è l’ultima, giuro.C’è un omicidio, in questo film? Nella stanza (verde) dei conigli ce ne sono tre apparentemente, anche se le ombre proiettate

di carla
21 Febbraio 2007 15:11

Vi prego perdonatemi, vi avevo promesso che l’iniziativa legata ad INLAND EMPIRE era chiusa ma ci siamo persi la mail di Lucio e non possiamo non pubblicare anche il suo parere. Questa è l’ultima, giuro.

C’è un omicidio, in questo film?
Nella stanza (verde) dei conigli ce ne sono tre apparentemente, anche se le ombre proiettate sul muro – a un certo momento – sono quattro: due donne e un uomo, un triangolo quindi.
Una donna-coniglio veste una vestaglia rosa e sembra intenta a preparare qualcosa da mangiare (o a stirare?) in quella che una cucina non è, gli altri due sono seduti sul divano: parlano e ogni loro frase è accompagnata da applausi e risate finte.
La donna-coniglio seduta sul divano ha una minigonna che lascia vedere le sue lunghe (attraenti?) gambe ricoperte di pelo marrone, l’uomo-coniglio è appena tornato a casa e deve sorbirsi tutta una serie di lamentele; forse quindi la donna-coniglio in vestaglia rosa non è altri che la madre di uno dei due, forse dell’uomo, e in questi casi il triangolo è ancora più pericoloso, perché di natura incestuosa e quindi portatore di un amore ancora più forte, e devastante.
Ora sarebbe assai stupido sentire paragoni, fare richiami, a Donnie Darko, film che metteva al centro di sé un non meglio identificato essere-feticcio dalle grottesche sembianze di un gigantesco coniglio(-uomo) nero et inquietante, film che doveva molto a Lynch, peraltro; certo non è da escludere che il buon David, anche se non nuovo ai rabbits, nel mettere su questa grottesca sit-com conigliesca abbia voluto in un certo senso anche, chissà, un po’ “deridere” quel film-culto/generazionale che non sembrava altro che un episodio dilatato del suo serial più famoso: Twin Peaks. Ma ovviamente queste supposizioni lasciano il tempo che trovano.
Certo è che, anche, in quest’ultimo, dilatatissimo, film del maestro ritornano molte di quelle fredde atmosfere in cui ci aveva avvolto quella strana cittadina montana, e non solo perché alcune facce non risultano nuove: l’immobilità, l’inquietudine, è proprio quella.
Non accade nulla, eppure i fantasmi sono sempre gli stessi.

Il film di Lynch, azionato il proiettore, comincia con una misteriosa scena in un bianco e nero (virato al viola, al blu, forse) interpretata da due personaggi, la loro lingua è straniera, le loro facce sfumate. La donna chiede all’uomo cosa vuoi che faccia, l’uomo le risponde domandandole se sa cosa fanno le puttane; le puttane scopano, dice lei, mentre comincia a spogliarsi, e lui conclude dicendo che sa lui cosa vuole che lei faccia. Da qui in poi tre ore di cinema, o sogno forse.
Questi due personaggi non ritorneranno più, o forse sì, i conigli li vedremo spesso… i conigli, il lato animale dell’uomo, come si dice: Scopare come…, conigliette, vengono dette le ragazze di (un) playboy, e poi giù riso, finto o meno è pur sempre una delle manifestazioni emotive più sincera e spontanea dell’uomo. Segui il Bianconiglio…, scriveva d’altronde qualcun altro.
La protagonista del film è una donna, Nikki, il cui viso è quello spigoloso di Laura Dern, lei è stata ingaggiata per un film (sì) e salta e ride come una pazza, come un’adolescente, appena appresa la notizia, anche se giusto poco prima una disturbante vicina che vive in una casa invisibile dalla strada l’aveva avvertita di un pericolo incombente, un omicidio.
Tutto il film gira intorno a Nikki, o forse sarebbe meglio dire Susan, il personaggio interpretato da Nikki per Kingsley Stewart: quello che stiamo guardando è il film di Lynch o del regista interpretato da Jeremy Irons?
La chiave è nei nomi, attenzione, o potrebbe capitare di scambiare una persona per un’altra, come accade nei sogni: credi di essere vicino a uno, e invece ti ritrovi accanto a un’altra.
Il film in questione è maledetto, il remake di un originale mai portato a termine: perché?
Nessuno sembra saperlo.
Gli attori precedenti sono stati ammazzati… forse perché il marito dell’una ha ucciso ambedue, causa tradimento. Ecco, il punto centrale: il tradimento.
Nel film di Stewart ci sono una donna e un uomo che hanno una storia, pare di capire, ma riusciranno, gli attori, chiede subito loro una laida conduttrice di talk-show, a non infilarsi l’uno nel letto dell’altra? Andando avanti (o indietro) i piani di realtà (?) s’intrecciano, Susan sta scopando con Billy (il personaggio) o piuttosto Nikki sta facendo l’amore con Devon (l’attore)?
Chi li guarda, tuttavia, è sempre unico, oltre a noi, certo: il marito, pazzo e feroce, di Susan.
La stanza è tutta illuminata di blu, e i due corpi vicini, vicinissimi, lasciano ampio sfogo al loro lato animale.

Ci sono delle scene, in questi due film, riempite di giovani donne provocanti: una di loro si alza la canotta e lascia ammirare a tutte delle tette palesemente rifatte. Con queste cadranno tutti ai miei piedi, pensa e dice ognuna di loro; è il Femminile che prepotente rimbomba nell’intimo di ogni donna: quanti uomini sono capace di conquistare? Sono sposata, ma sono ancora piacente?, potrebbe chiedersi una perplessa Susan. E la risposta sarebbe: you gotta swing your hips, now. Seduzione, that’s it…
Una di queste giovani donne chiede a Susan se si sono mai conosciute, e Susan non sa davvero cosa risponderle perché probabilmente lei quelle lì non le ha mai viste, ma poi capisce e con fare sguaiato comincia a chiedere anche lei, in strada, come una puttana qualunque: ci siamo mai incontrate?
L’uomo chiama puttana e uccide chi in tempi antichi era qualcosa di sacro, per possederla e sottometterla al fine di mettere fine alla propria paura.
I sogni sono fatti di simboli, e quelle donne più che una conoscenza nel vero senso della parola stanno chiedendo conto a Susan di altro: è ancora capace lei, donna sposata e adulta, di dimenare i suoi fianchi come una spogliarellista? È ancora capace lei, donna responsabile e fedele, di conquistare un uomo (come una puttana?) e affrontarne le conseguenze?
Ecco, il tradimento… e il senso di colpa.
(tradimento di sé, o dell’altro?)

È come se questo film fosse girato tutto all’interno della mente di Susan, ed ecco che il titolo acquista un (nuovo) senso, completo: l’impero della mente. Il tradimento c’è stato, o forse no, ed ecco quindi Susan sprofondare all’interno di sé, divorata dal senso di colpa.
In una scena di questi film c’è Susan, il volto livido e tumefatto, che si ritrova in un palazzo fatiscente, sale le scale e ad aspettarla di sopra c’è un uomo grasso, impiegato burocratico che la guarda indagatorio attraverso occhiali posti di sbieco: Non so nemmeno perché sono qui, lei dice, e subito torna in mente un certo Joseph K.. Qual è la colpa? Ma soprattutto, c’è stata colpa?
Il tradimento è avvenuto, o no? Il cinema s’è fatto vita – queste battute sembrano prese dal nostro copione, urla isterica Susan – o è la vita a essere diventata sogno?
(nota: esiste un posto dove le stelle diventano sogni, e i sogni diventano stelle)
Non ha importanza quello che è successo, perché basta il pensiero, ed ecco quindi Susan sprofondare, folle-mente, all’interno di sé, combattuta e divorata dal suo stesso femminile: un femminile perturbante che stordisce e confonde nel momento stesso in cui prepotentemente ritorna a farsi sentire (la sconsideratezza delle giovani donne sicure di sé) e deve fare i conti, adesso, con la mente, adulta. Susan ha ancora un corpo? Cosa ne è rimasto?

Questo film è alfine un lungo processo quindi, la cui fine lieta e familiare lascia sfuggire un «bello», ironico e compiaciuto, sì… così come bella è una giovane donna, sensuale e conturbante, donna a cui manca una gamba, però. Le sue labbra sono bellissime, i suoi occhi invitanti, possiamo andare a letto con lei, avere il suo corpo, ma niente cambia il fatto che lei non sia, e mai sarà, perfetta.
…e non c’è meditazione trascendentale che tenga, quando ci si ritrova a vagare nell’oscurità.

(le vie dell’Amore sono infinite, comunque)

Lucio
http://www.inlandempirecinema.com/