INLAND EMPIRE secondo Andrea
E’ arrivata la seconda recensione dei nostri lettori. Ci scrive Andrea:Dopo i fasti di “Mulholland Drive” e la relativa assegnazione della Palma d’oro a Cannes, David Lynch torna al cinema con INLAND EMPIRE (tutto maiuscolo, of course), film avvolto nel fitto mistero fin dai primissimi passi produttivi avvenuti ormai un paio di anni or sono
E’ arrivata la seconda recensione dei nostri lettori. Ci scrive Andrea:
Dopo i fasti di “Mulholland Drive” e la relativa assegnazione della Palma d’oro a Cannes, David Lynch torna al cinema con INLAND EMPIRE (tutto maiuscolo, of course), film avvolto nel fitto mistero fin dai primissimi passi produttivi avvenuti ormai un paio di anni or sono ed approdato quasi miracolosamente nel circuito internazionale. Set blindatissimi, attori costretti al silenzio, sinossi sbrigative, interviste incomprensibili e chi più ne ha più ne metta: puro Lynch, se possibile portato ancor più all’estremo rispetto a quello cui eravamo abituati. E dopo aver visto la sua nuova creatura si comprende perfettamente il perchè di tutto questo: se dovessi descrivere INLAND EMPIRE direi che ciò che gli si avvicina di più è una seduta ipnotica di tre ore, un qualcosa ai limiti della psicoterapia al quale bisogna abbandonarsi incoscientemente, senza sforzarsi di trovare un filo conduttore o un insieme di elementi che possano contribuire alla stesura di quella che convenzionalmente viene definita “trama”.
INLAND EMPIRE è infatti anti-trama che si innalza contro gli stilemi del Cinema tradizionale, un film che piega alle proprie esigenze tempi e meccanismi narrativi (gli insistiti ralenty e le improvvise accelerazioni ne sono prova), una sperimentazione selvaggia capace di arrivare dritta al cuore, un’esperienza a trecentosessanta gradi che avvolge e conquista, che attraversa ed atterrisce, un magma indefinito ed indefinibile che mai prima d’ora era stato portato su uno schermo cinematografico. Più ci si lascia andare e più il senso del tutto sembra assumere una connotazione ben precisa, quasi come se i tratti del grande disegno divenissero via via più nitidi a mano a mano che ci allontaniamo dal quadro che stiamo osservando. Espressionismo puro, puntinismo metacinematografico. Un punto di non ritorno che solo David Lynch poteva avere il coraggio e la forza di mettere insieme, un regista (l’unico?) che in mezzo a tanta mediocrità e a tante presuntuose certezze cinematografiche riesce puntualmente a spiazzare e a far sognare, uno dei pochi per cui valga ancora la pena farsi una valanga di chilometri il giorno dell’ (agognatissima) uscita. Un film talmente immenso e rivoluzionario che provoca ubriachezza. A questo proposito, un consiglio: quando andrete a vederlo portate con voi qualcuno che rimanga fuori dal cinema e che poi sia in grado di guidare. Io ieri sera ho rischiato seriamente di rimetterci la patente.
CAPOLAVORO, tutto maiuscolo of course.
Andrea R.