Omaggio a Ishii Teruo a Venezia62
Storia “invisibile” del cinema asiatico – [di Impostore] Non c’è dubbio, la sorpresa è la strategia preferita da Venezia 62, e Kitano e Guzzanti a parte (con le tutte le differenti incidenze mediatiche) gli spettatori delle ore 21 pronti ad entrare in Sala Volpi giovedi 8 setttembre per assistere a Mama del Cinese Zhang Yuan,
Storia “invisibile” del cinema asiatico – [di Impostore]
Non c’è dubbio, la sorpresa è la strategia preferita da Venezia 62, e Kitano e Guzzanti a parte (con le tutte le differenti incidenze mediatiche) gli spettatori delle ore 21 pronti ad entrare in Sala Volpi giovedi 8 setttembre per assistere a Mama del Cinese Zhang Yuan, si sono trovati di fronte ad un capitolo inatteso della Storia segreta del cinema asiatico già di per se fruibile solo a patto di un complesso e pericoloso esercizio di sdoppiamento.
E’ probabile che questi stessi spettatori, tra i quali parte dell’Impostore (un braccio , una gamba, un occhio), si siano chiesti come mai il primo lungometraggio di Zhang Yuan (1990) potesse funzionare da attrattore per tutta la magna pompa di Venezia 62 (Muller, parte dello staff, il regista Tsukamoto Shinja e alcuni specialisti del settore tra quelli “avvistati”). E nel segno dello “spreco”, si apprende che uno dei film più difficilmente visibili di Ishii Teruo, quel Kyofu Kikei Ningen non troppo amato dalla Toei e datato 1969, verrà proiettato al posto di Mama come omaggio al grande regista Giapponese, recentemente scomparso all’età di 81 anni. Una sorpresa splendida, certamente, merito del caso piuttosto che dell’informazione (totalmente assente) destinata al solito scrigno inviolabile di addetti ai lavori e ad una manciata di spettatori incidentali. L’elaborazione di Ishii sul testo di Edogawa Rampo è una delle più estreme esperienze visive che sia dato vedere, ed è un vero peccato che debba continuare il suo percorso nel segno di un esoterismo preoccupante. Forse si è temuta l’invasione appassionata di chi conosce il cinema di Ishii, un’adesione difficilmente gestibile dallo spazio effettivo in Sala Volpi; forse era bene non far sapere troppo (allora, perchè ben quattro mesi di trattative per ottenere la pellicola?!!) o più semplicemnte si è giocato con la solita leggerezza bulimica di un festival che, intenzioni (lodevoli) a parte, avrebbe potuto prodursi in tre o più eventi distinti nel tempo e quindi fecondi, piuttosto che in un bellissimo e invisibile teatrino di ombre elettriche schiacciato ai margini del Lido da sovrapposizioni orarie impossibili. Viva lo spreco.