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Roma 2016, Richard Linklater: Dream Is Destiny – Recensione in Anteprima

La Festa del Cinema di Roma applaude il cinema di Richard Linklater attraverso il documentario Dream Is Destiny.

pubblicato 15 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 04:56

5 volte nominato agli Oscar e mai tornato a casa con una statuetta, ma grazie a Boyhood vincitore di due Golden Globe (miglior film drammatico, miglior regista), due BAFTA (miglior film, miglior regista) e di un Orso d’Argento come miglior regista al Festival di Berlino, Richard Linklater è da 1/4 di secolo il portabandiera di un certo tipo di cinema americano, dichiaratamente ‘indipendente’, da lui con fierezza ancora oggi cavalcato. Film che parlano del tempo e di come il tempo forgi la vita delle persone.

Louis Black, suo amico da oltre 30 anni, ha realizzato un sguardo poco convenzionale sul cinema di Linklater, montando inedite immagini di repertorio legate alla sua infanzia e alla sua adolescenza, passata tra i libri e il baseball, sognando di diventare romanziere, prima di cedere spazio a quei primi lavori che da subito lo videro farsi strada tra le più interessanti novità del panorama cinematografico a stelle e strisce. Slacker, da lui anche interpretato, divenne subito manifesto della Generazione X, dando al regista la forza di intraprendere una personalissima strada di fatto mai abbandonata, nel corso dei due successivi decenni. Mai uguale a se’ stesso, sperimentatore e lontano da quella Hollywood che al contrario di quanto si dica annienta i sogni altrui tramutandoli in incubi, Linklater ha lavorato tanto, forse troppo, realizzando 17 film in 25 anni, eppure tutti, o quasi, a lui immediatamente riconducibili. Tolte School of Rock, commissionato da Scott Rudin, e Bad News Bears – Che botte se incontri gli Orsi, le sue fatiche hanno sempre avuto budget limitatissimi, mantenendo automaticamente quell’assoluto controllo che il regista non ha mai voluto abbandonare.

Film dopo film, Louis Black e Karen Bernstein ci accompagnano nel magico mondo ‘indie’ di un regista anomalo, nella mecca losangelina del cinema, da sempre con radici ad Austin e distante da ogni forma di compromesso. A parlare della sua arte attori, colleghi, parenti ed amici come Matthew McConaughey e Patricia Arquette, Ethan Hawke e Jack Black, Julie Delpy e Kevin Smith, John Pierson (Produttore) e John Sloss (Cinetic media), Jonathan Sehring (IFC Films) e Michael Barker(Sony Pictures Classics), Kent Jones (Film Society del Lincoln Center) e Clark Walker (Scrittore), Tommy Pallotta (regista) e la sua stessa famiglia, vedi padre e sorella.

Linklater, che quasi sembra commuoversi nel ritrovarsi tra le mani gli appunti adolescenziali segnati sul diario quotidiano pregno di quotidianità, ripercorre la sua variegata filmografia titolo dopo titolo, mentre l’epocale lavorazione di Boyhood, durata 12 anni, fa da collante tra i tre ultimi lustri. Un progetto folle e produttivamente parlando impensabile, che il regista ha portato avanti attraverso un work in progress che ha innegabilmente scritto un’importante pagina di storia del cinema. Un’opera acclamate dalla critica, travolta di premi e segnata da un ricco botteghino, eppure Richard ‘il pazzo’ non ha cercato di battere il ferro finché caldo, come avrebbero probabilmente fatto buonaparte dei suoi colleghi, realizzando un sequel ideale de La vita è un sogno, 23 anni fa quasi cestinato dalla Universal.

Black e Bernstein, evidentemente innamorati del cinema linklateriano, lo celebrano in lungo e in largo attraverso un documentario che ne ripercorre l’altalenante ma sempre coerente carriera, portando spesso chi osserva direttamente sul set dei suoi film, grazie a dietro le quinte che illuminano il metodo di lavoro di un regista orgogliosamente ‘alieno’ ad Hollywood. Mai interessato agli incassi, tanto da inventarsi il sequel di un film che solo 3 persone al mondo probabilmente aspettavano (lui, Hawke e la Delpy: Before Sunset), e mai realmente schiavo di un tipo di cinema pensato per compiacere critica e giurie cinematografiche, Linklater è un sognatore del reale che si specchia sul presente, qui meritatamente ‘santificato’ per aver tramutato un’anomalia in reiterata, stimata e anche da altri fortunatamente spesso riprodotta realtà.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]

Richard Linklater: Dream Is Destiny (Doc, Usa, 2016) di Louis Black e Karen Bernstein