Venezia 2016: Boys in the Trees, recensione in anteprima
Halloween da paura alla Mostra del Cinema di Venezia con Boys in the Trees.
Vincitore nel 2011 al New York Gay and Lesbian Film Festival come miglior sceneggiatura, Boys in the Trees è sbarcato alla 73esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, facendo segnare l’esordio alla regia di Nicholas Verro. Un atipico horror adolescenziale dal taglio LGBT, quello interpretato dai giovani Toby Wallace, Gulliver McGrath, Mitzi Ruhlmann e Justin Holborow, che prende vita in un’unica notte. La notte di Halloween del 1997.
Corey, Jango e la loro gang di skater si preparano a far baldoria una volta calata la sera, tra case da imbrattare e ragazzini da perseguitare. Tra questi il povero Jonah, amico di infanzia di Corey poi dimenticato, perché troppo ‘diverso’ rispetto a tutti i ragazzi più cool della scuola, tanto dall’essere diventato prelibata vittima di omofobia. Quotidiana e insopportabile. Corey ne è complice, fino a quando la notte del 31 ottobre non lo trova in difficoltà, riverso a terra, sanguinante. Nasce così una lunga notte fatta di vecchi ricordi d’infanzia, di fantasmi che tornano dal passato e paure da affrontare, di scuse finalmente presentate e inaspettatamente accettate, mentre verità nascoste ritornano a galla …
Un coming of age che oscilla continuamente tra sogno e realtà, quello scritto e diretto da Verso, che ha preso a piene mani dai propri ricordi adolescenziali per debuttare in sala. Quartieri residenziali australiani deserti e cupi, magici e al tempo stesso terrificanti, con i giovani protagonisti del film finiti in una sorta di limbo spazio-temporale al termine del quale sarà necessario maturare. Perché l’infanzia è finita, il futuro è alle porte e il passato merita rispetto. Partito come horror, Boys in the Trees prende presto una piega differente, più intima, onirica e malinconica. Un’amicizia improvvisamente naufragata, proseguita nella violenza ed ora da far risorgere, quella portata avanti dai due protagonisti, con l’omofobia e il bullismo dipinti come unici e reali mostri in una notte di paura che nel caso delle incolpevoli vittime prosegue per 365 giorni l’anno. Perché la gratuita malvagità adolescenziale nei confronti dei propri coetanei può far male, malissimo, finendo spesso e volentieri per seminare sangue e (auto)distruzione.
Giocando con ricordi, spettri, storie da spavento, amori non corrisposti, repressioni sessuali che si tramutano in odio e tanta immaginazione, Verso ha provato ad omaggiare un cinema ormai dimenticato, quello spielberghiano anni ’80 da Netflix appena riproposto con l’acclamata serie Stranger Things, finendo per convincere a metà. Perché se da una parte Boys in the Trees gode di innegabile fantasia, dall’altra eccede, si dilunga e soprattutto si smarrisce tra i mille generi incrociati, per poi ritrovarsi nello shyamalaniano finale che ribalterà quanto visto fino a quel momento. Promesse malamente infrante, quelle fatte riemergere da Corey e Jonah, e da riacciuffare prima che l’apatia dell’adulto medio possa prendere il sopravvento, azzerando gioie, fantasie e avventure passate. Una commistione di generi che stranisce, quella costruita da un Verso incapace di mantenersi in equilibrio tra i generi incrociati e le tante linee narrative tracciate, perché talmente marcata da far pensare ad una prolungata e decisamente poco oculata evoluzione di scrittura.
[rating title=”Voto di Federico” value=”5.5″ layout=”left”]
Boys in the Trees (Australia, horror, 2016) di Nicholas Verso; con Toby Wallace, Gulliver McGrath, Mitzi Ruhlmann, Justin Holborow.