Batman v Superman: Dawn of Justice – recensione in anteprima
Film irrisolto, un po’ come lo è stato L’uomo d’acciaio, anche se in maniera diversa. Batman v Superman: Dawn of Justice appronta un debole discorso sulla dicotomia divino/umano, non mostrandosi però all’altezza della propria ambizione
L’America sta ancora raccogliendo i detriti dello scontro tra Zod e Superman. Degli strascichi di quell’estenuante (per noi spettatori) battaglia non sappiamo un granché dato che ne L’uomo d’acciaio, il prequel di Batman v Superman: Dawn of Justice, da un certo punto in avanti si decide di seguire solo e soltanto la scazzottata tra i due. Però sì, anche su Gotham City vi furono ripercussioni: uno dei grattacieli di Bruce Wayne fu infatti raso al suolo. Ma non è questo l’unico motivo per cui il padrone della Wayne Enterprises non vede di buon occhio Superman.
Quello relativo al supereroe quale figura cristologica non è argomento che ha esaurito il proprio appeal, anzi, ed infatti Zack Snyder decide di lavorare in questo senso. Scommessa ambiziosa, che però tradisce su tutte le ruote, non solo su quella inerente alla natura del progetto. Il film accumula materiale per circa due ore allo scopo di persuaderci circa tale intento, opponendo la divinità surrogata di Clark Kent all’umanità di Bruce Wayne ma non solo. Disseminando twist, costruendo a suo modo un’epica post-moderna fatta di (poche) citazioni e qualche rimando, incalzandoci con una colonna sonora oltremodo invasiva quasi che certi passaggi non fossero abbastanza enfatici di suo.
Un’opera fino a quel punto cupa, che a ragion veduta non si sa bene dove intenda andare a parare, ed il cui unico merito è quello di restituirci un Batman ambiguo al quale quasi quasi si crede – Superman no, anche quando ci viene messa una strana pulce nell’orecchio, non si ha dubbio che lui sia il buono, l’unto del signore. Ed è qualcosa che non t’aspetti, non in un film che fugge qualsivoglia complessità, optando anzi per una chiarezza che in alcuni casi sfiora il pedante. Finché nell’ultima mezz’ora o giù di lì non si scoprono le carte e Batman v Superman diventa ciò che probabilmente è sempre stato.A chi scrive non ha mai convinto la fuorviante equazione per cui blockbuster=prodotto-dagli-orizzonti-limitati, né tantomeno mancano esempi sufficienti a smentire certi cattivi sillogismi. Ma quando un blockbuster si dà delle arie, dimostrando di non essere all’altezza della sua stessa ambizione, allora c’è un problema. Il modo che ha Snyder di maneggiare certi argomenti è estremamente povero, didascalico, quasi che proporre un pizzico di complessità equivalga a perdere gran parte del potenziale pubblico. Solo che certe tematiche non si prestano ad un trattamento “mordi e fuggi”, a seguito del quale si ricava invece un discorso estremamente debole.
A tale carenza, strutturale, il regista prova a mettere una pezza facendo ricorso alla propria indole, finendo col fare ancora più danno. Suo malgrado a questo punto, perché Snyder è quel tipo di cineasta lì, e non gli si può imputare a colpa, sebbene fino a un certo punto, di adattare le sceneggiature che gli capitano a tiro al proprio “stile”, al proprio modo di fare cinema e non viceversa. Per questo poco sopra scrivo che l’ultima mezz’ora, sebbene non sia rappresentativa dell’intero film, sia tuttavia l’epitome di un progetto che non vede l’ora di arrivare a quel punto, chiudere con la classica “frase a effetto”.
E senza entrare nella diatriba tra quelli che «Ben Affleck sì» e quelli che «Ben Affleck no», ché tanto ciascuno sa da che parte stare già dal giorno dell’annuncio, non si può fare a meno di pensare al suo Bruce Wayne senza maschera protagonista di tutta una serie di gif; a tratti sembra quasi che Affleck abbia recitato un solo primo piano in green screen e da lì poi inserito in più punti con uno sfondo e dei vestiti diversi. Tuttavia non ci si fraintenda, poiché malgrado tutto non sono le scelte di cast il vero problema.
En passant, ci si potrebbe finanche soffermare su come vanifichi in toto quanto sollevato ne Il ritorno del Cavaliere Oscuro, una delle graphic novel da cui prende maggiormente spunto; se non altro per offrire un ulteriore indizio su come davvero un simile trattamento risulti inadeguato a più livelli. Si potrebbe, ma non lo si fa perché questo ci metterebbe in una scomoda posizione, che è quella di ragionare da fan che hanno totale cognizione di causa, quale chi scrive non è. Allora cerchiamo di tirare le somme e tentiamo di chiarire in poche, conclusive righe cosa davvero pare essere andato storto; integrando prima un laconico pensiero sul 3D, pressoché inutile, se non a far venire il mal di testa (si tratta di due ore e mezza).
Batman v Superman: Dawn of Justice è sostanzialmente un film irrisolto, come L’uomo d’acciaio ma in modo diverso. Così come nel prequel non si sapeva come tenere in piedi un intero film, perso in un’amalgama che lo rende insipido, questo sequel è a conti fatti un lungo ma debole preludio a quella portata che s’immagina più ricca, ossia Justice League. Ma di incompleto in incompleto non si ottiene un’opera compiuta, ed anche quelle intuizioni che hanno senz’altro un loro perché si perdono, sepolte da una congerie di materiale non proprio omogeneo (la CGI ne L’uomo d’acciaio; la troppa carne al fuoco, tra personaggi e tematiche, oltre che il repentino cambio di tono nel sequel). Certo, se proprio si vuole, con il sequel va meglio; ma questo più che altro ci conferma quanto modesto fosse il reboot.
Non bastano perciò gli alti e bassi emotivi attraverso cui si cerca di toccarci, perché soprattutto a quel livello non affiora abbastanza da coinvolgerci sul serio. Per dire, bene l’ambiguità iniziale di Batman, ma che ne è di tutti gli scrupoli morali ed esistenziali sia di Wayne che di Kent? Nulla, giusto una traccia gettata nel calderone sperando che anche senza la giusta cottura il retrogusto si avverta. E non succede. La qual cosa lascia ancora più l’amaro in bocca se si pensa che a ‘sto giro Snyder si sia pure trattenuto, anche se alla fine non può far altro che lasciarsi andare e sbotta. A posteriori, però, è proprio questo senso dell’inevitabile che penalizza ulteriormente Batman v Superman, altro rispetto al mero pregiudizio, come se per tutto il film non si facesse altro che mettere le mani avanti e dirti che prima o poi è lì che si arriverà e tu non puoi farci proprio nulla se non subirlo.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”4″ layout=”left”]
Batman v Superman: Dawn of Justice (USA, 2016) di Zack Snyder. Con Ben Affleck, Henry Cavill, Amy Adams, Jesse Eisenberg, Diane Lane, Laurence Fishburne, Jeremy Irons, Holly Hunter, Gal Gadot, Ray Fisher, Tao Okamoto, Jason Momoa, Scoot McNairy, Christina Wren, Michael Shannon ed Ezra Miller. Nelle nostre sale da oggi, mercoledì 23 marzo.