Home Festa del Cinema di Roma Roma 2018, Fahrenheit 11/9: Recensione del documentario di Michael Moore

Roma 2018, Fahrenheit 11/9: Recensione del documentario di Michael Moore

Fahrenheit 11/9 vede Michael Moore di nuovo in gran forma, contro quella politica corrotta che ha contribuito all’elezione di Donald Trump.

pubblicato 21 Ottobre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 15:34

14 anni dopo Fahrenheit 9/11, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes e campione d’incassi con 222 milioni di dollari rastrellati in tutto il mondo dopo esserne costati appena 6, Michael Moore è tornato a sferzare la politica americana e l’inquilino della Casa Bianca con Fahrenheit 9/11, titolo che ribalta l’11 settembre di un tempo per soffermarsi su quel 9 novembre 2016 in cui Donald Trump è stato eletto 45esimo Presidente degli Stati Uniti.

Accolto da un’autentica ovazione di pubblico alla 13esima Festa del Cinema di Roma, il documentario di Moore, che uscirà nelle sale d’Italia grazie a Lucky Red dal 22 al 24 ottobre, prova a dare risposte al quesito che decine di milioni di americani (e non solo) si pongono quotidianamente da due anni: ‘come diavolo ha fatto Donald Trump a diventare Presidente?‘.

Con il suo solito sguardo provocatorio e sarcastico sull’America di oggi, Moore guarda al presente, al futuro ma soprattutto al recente passato politico del proprio Paese, attribuendo e facendo venire a galla colpe bipartisan. Perché il tycoon è figlio di un sistema corruttivo che ha sottovalutato e a lungo deriso la sua candidatura, senza fare distinzioni di campo. Lo stesso Partito Democratico, che sentiva la presidenza in tasca con l’annunciato trionfo di Hillary Clinton, ha fatto di tutto per far scappare i propri elettori. Moore smaschera l’incredibile farsa delle primarie democratiche, che videro diversi Stati mentire pubblicamente, attribuendo alla Clinton vittorie in realtà andate a Bernie Sanders, visto come troppo ‘di sinistra’ dal Partito e da alcuni quotidiani liberal.

Nel ricostruire la poderosa marcia trumpiana alla Casa Bianca, il regista riordina quanto avvenuto nella sua Flint, città più povera d’America travolta da un disastro ambientale figlio di una contaminazione da piombo delle acque del fiume, causata da scellerate e criminali decisioni prese dal governatore Rick Snyder. Ricco, arrogante, bugiardo, repubblicano e inesperto proprio come Trump. Lo stesso Obama, quando sbarcò a Flint, non seppe dare risposte ne’ garanzie ad una popolazione a maggioranza afroamericana, offendendo i presenti con un triste teatrino che contribuì alla fuga dalle urne democratiche da parte dei suoi elettori.

Trump, così pubblicamente e quasi orgogliosamente razzista, volgare, misogino e omofobo, è l’uomo ‘forte’ al comando che ciclicamente torna ad acuire divisioni e odio, come avvenne con Adolf Hitler nella Germania degli anni ’20. Moore monta l’audio del tycoon sulle immagini del dittatore tedesco, dando vita ad un cortocircuito storico che è un pugno nello stomaco, per quanto spaventosamente attuale. Battutacce e minacce di Donald si sommano a ritmo continuo, mentre una parte d’America, spronata da una giovane leva di attivisti, prova a rialzarsi, a far sentire la propria voce, a tornare in strada, a riacquisire speranza, a ridar forza a quel ‘dream a stelle e strisce’ ormai sempre più sbiadito slogan.

La stessa stampa, che per più di un anno ha fatto da megafono al volgare Trump, ha chiaramente contribuito alla sua elezione, senza intuirne il potenziale pericolo perché accecata da views, vendite record e share televisivi da contratti pubblicitari milionari. Nessuno gli dava credito, fino al giorno stesso delle elezioni, eppure l’impossibile è diventato possibile. Quando Donald sbancava l’Auditel sulla NBC grazie a The Apprentice nessuno si è mai preoccupato di chiederne l’immediato allontanamento, perché Trump è sempre stato Trump, anche quando era lontano mille miglia dalla politica. Indifendibile, sotto tanti punti di vista, eppure in grado di raccogliere consensi ma soprattutto elettori adoranti, immuni alle menzogne perché lui, il grande Donald, è oltre la verità.

Che la democrazia sia inattaccabile, perché ormai acquisita, è falso, sottolinea il regista, intimorito da una possibile rielezione di Donald nel 2020 e dalla deriva populista e fascista che ha travolto l’Europa, Italia in testa, nell’ultimo anno e mezzo. Cosa diamine deve capitare, si chiede Michael in quelle due ore in cui spazia in lungo e in largo (anche troppo), prima che il popolo americano (e non solo) si svegli dal proprio torpore? Disordinato ma al tempo stesso stimolante e clamorosamente potente, Fahrenheit 11/9 prende a schiaffi chi osserva urlandogli in faccia un’unica cosa: svegliati, reagisci. Se non ora, quando?

[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]

Fahrenheit 11/9 (Documentario, 2018, Usa) di Michael Moore

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