Venezia 2018, Dragged Across Concrete: recensione del film di S. Craig Zahler
Festival di Venezia 2018: western urbano à la Walter Hill, Zahler pare pronto per il passaggio di testimone
Ridgeman (Mel Gibson) si è fatto beccare mentre cammina sulla faccia di un messicano; a fregarlo un video che prontamente è stato sbattuto in rete, fatto con lo smartphone. Nulla d’irreparabile, come gli fa notare il suo superiore nonché ex-partner (Don Johnson), ma non si può fare finta di nulla ed un provvedimento va preso: sospensione di due settimane, per lui e il suo collega, Anthony Lurasetti (Vince Vaughn), più giovane di lui di vent’anni. È un copione che già conosciamo, quello del poliziesco che induce a chiedersi cosa sia preferibile tra il rispetto a tutto tondo del criminale ed il portare a casa il risultato, facendola rispettare ‘sta benedetta Legge.
S. Craig Zahler ha messo in chiaro quali fossero le proprie fonti interne al cinema, ossia Il principe della città, Taxi driver, Quel pomeriggio di un giorno da cani e Piombo rovente, per citarne alcuni. Eppure non si può fare a meno di pensare che il nostro sia stato anche un lettore accanito di Charles Willeford, da cui mutua la frenesia contenuta dei suoi personaggi, ossimoro solo apparente mentre invece è componente essenziale del pulp, così come quel tono ironico che fa da sfondo ad un contesto oramai partito per la tangente.
Per questo quegli echi così anni ’70/’80, come già si scorgono nel lavoro precedente di Zahler, Cell Block 99, non per niente assurto al grado di cult agli occhi di un gruppo di affezionati del genere. Dragged Across Concrete è un algido esempio di quanto appena descritto, seppur sommariamente: uno slow burner che richiede pazienza ma che sa restituire almeno tanto quanto in cambio. Uno di quegli action sui generis, d’autore si direbbe, in quanto puntano tutto sulla preparazione, la diluizione dei tempi, concentrando poi l’esplosività in guizzi estemporanei.
Nessuna inquadratura tremolante, poca e niente macchina a mano, tanti campi medi e lunghi, funzionando in altre parole come una sorta di western urbano, in cui peraltro i ruoli sono sfumati. Ridgeman e Lurasetti scoprono infatti che tale Vogelmann ha in mente qualcosa; personaggio assurdo quest’ultimo, vestito di nero dalla testa ai piedi, impossibile da riconoscere, tanta è l’ilarità che suscita a vederlo quanta la sua pericolosità, l’istinto di uccidere a sangue freddo in una frazione di secondo. Metà film consiste in appostamenti, inseguimenti senza alcun particolare ritmo e, come già accennato, improvvisi lampi di follia disseminati qua e là, specie nella lunga sequenza finale in cui finalmente avviene lo scontro. Dopo un lungo preludio, in cui assistiamo a questa mutazione da parte dei due poliziotti, lenta ma inesorabile; mentre braccano, studiano il nemico, senza rendersi conto, o peggio, pur rendendosene conto, di assomigliare in maniera vieppiù pericolosa alla loro preda.
Un’operazione più corposa rispetto a Cell Block 99, in cui prevaleva il gusto per lo splatter alla luce del quale il resto è per lo più pretestuosa impalcatura. Dragged Across Concrete non è un film meno violento, sebbene di scene forti ve ne siano meno ma più mirate; maschio, duro, anche perché coi piedi ben saldati a terra, nel senso che non si astrae dall’ambiente al quale si rifà, prendendo di petto l’argomento, anche a costo della didascalia, pure se per un attimo, per poi tornare ad essere sporco il giusto, mai “scorretto” o sopra le righe. Sorprende l’alchimia tra Gibson e Vaughn, che in un primo momento sembrano non legare affatto, salvo doversi ricredere in corso d’opera.
Al terzo film si vorrebbe finalmente poter dire senza troppe remore di smentita che non ci dispiacerebbe vedere in Zahler una sorta di Walter Hill dei giorni nostri; che corrisponda al vero o meno, le reminiscenze ci sono eccome. Il regista che esordì come Bone Tomahawk sta seguendo un percorso su cui si vuole tenere gli occhi incollati: riprendendo un genere caduto in disuso se non altro perché sono venuti a mancare i profili adatti, c’è da sperare che in Zahler si sia trovata la voce giusta per riprendere un discorso interrotto non meno di trent’anni fa. Il modo di accostarsi al genere soddisfacendo più istanze, artistiche e politiche in primis, fa di lui un nome su cui puntare nell’ottica di titoli oggettivamente difficili, con meno compromessi possibile, ma che tornino a scuoterci puntando sia alla testa che allo stomaco.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7.5″ layout=”left”]
Dragged Across Concrete (Canada/USA, 2018) di S. Craig Zahler. Con Mel Gibson, Vince Vaughn, Tory Kittles e Michael Jai White. Fuori Concorso.