Venezia 2018: A Star is Born, la recensione del film di Bradley Cooper
Lady Gaga conquista Venezia con A Star is Born, debutto registico di Bradley Cooper, anche protagonista e co-sceneggiatore.
Salutato Eastwood, lo studios si è affidato al suo ‘American Sniper’ Bradley Cooper, non solo protagonista ma anche esordiente alla regia, e alla popstar Lady Gaga, Golden Globe come miglior attrice in American Horror Story: Hotel e qui di fatto debuttante in qualità di protagonista in sala. Dimenticati i camei di Men in Black 3, Machete Kills e Sin City – Una donna per cui uccidere, la 32enne Stefani Joanne Angelina Germanotta ha osato accettare l’iconico ruolo, indirizzando la propria carriera musicale verso la strada della settima arte.
Dramma romantico che ha fatto piangere e cantare milioni di persone in decenni di vita, questo nuovo A Star is Born racconta il casuale ma ipnotico incontro tra Jackson Maine, famoso divo del country, e Ally, cameriera dall’angelica voce che sogna di diventare una cantante di successo. Jackson, impressionato dal suo timbro e dalla sua poco apprezzata fisicità, la aiuta ad esplodere, mentre la sua stella, un tempo luminosa, si affievolisce sempre più…
Tre lunghi anni. Tanto si è concesso Bradley Cooper prima di dare il via alle riprese di A Star is Born, pellicola in cui l’attore sbalordisce per capacità espressive e canore, fino ad oggi assolutamente sconosciute. L’ex protagonista di Una Notte da Leoni ha studiato musica e canto tutti i giorni, provando ossessivamente per 36 mesi, prima di cedere ad un provino infinito (8 ore, narra la leggenda) dinanzi ad una Lady Gaga da lui struccata. Di fronte a quella voce, semplicemente eccezionale, l’attore/regista ha capitolato, facendo partire un progetto tanto rischioso quanto affascinante. D’altronde perché realizzare la 4° versione di un film così celebre? Una lettera d’amore riscritta, per l’ennesima volta, su un rapporto che fatica a sopravvivere, anche se alimentato dalle fiamme della passione.
Dimenticati gli eccessi degli esordi musicali, Gaga si spoglia, letteralmente, per tornare ad essere semplicemente Germanotta, con i suoi lineamenti marcati, il naso ingombrante, il sorriso timido e infantile, i capelli al naturale, il make-up dimenticato. Nessuno ha mai creduto in lei, perché troppo ‘brutta’ per sfondare, fino a quando non incontra in un drag bar la superstar Jackson Maine, casualmente entrato per mandar giù l’ennesimo cocktail. E’ un colpo di fulmine. Lui la corteggia spudoratamente, colpito anche dalle sue canzoni, facendola presto capitolare. I due si amano follemente ma Jackson, ossessionato da un serio e fastidioso problema all’udito, è un tossicodipendente nonché un alcolizzato, con tutte le drammatiche conseguenze del caso.
19 canzoni, la stragrande maggioranza delle quali assolutamente originali, per provare a tenere il passo dei remake precedenti. In casa Warner si sono completamente affidati al talento musicale di Gaga, che fa il suo ingresso canoro omaggiando Edith Piaf con La vie en rose, per poi scatenarsi sulle note di Shallow, straordinario brano portante che la porterà probabilmente a vincere il suo primo Oscar (in qualità di co-autrice).
Recitativamente parlando la Germanotta raccoglie consensi, ma senza far gridare al miracolo. Ruolo complicato, quello di Ally, indossato dalla cantante con innegabile attenzione e capacità, ma indubbiamente aiutato da una voce eccezionale e da una trasformazione fisica che la vede per la prima volta mostrarsi al ‘naturale’. Sulla ‘credibilità’ del suo personaggio, va detto, Gaga fa un lavoro eccellente, dando costantemente l’impressione di ‘essere’ l’insicura Ally, dall’alto della sua conclamata stravaganza estetica. A pesare sul giudizio nei suoi confronti, probabilmente, il flebile carisma espressivo ma soprattutto la sorprendente e magistrale prova d’attore di Cooper, che semplicemente la sovrasta. Il suo Jackson, artista bello e dannato, combattuto e innamorato, domina la scena in sella ai suoi demoni interiori, fomentati dall’alcool ma spazzati via dai sorrisi dell’amata. Bradley, solido ma prolisso, mai scontato ed ispirato anche in cabina di regia, stupisce persino dinanzi all’asta del microfono con brani rigorosamente cantati dal vivo, come preteso dalla collega di set, ribadendo la maturità artistica raggiunta da un attore nato come ‘belloccio da commedia’, ma negli ultimi anni diventato anche ‘altro’.
Da lui stesso co-sceneggiato, insieme a Will Fetters ed Eric Roth, A Star is Born dà il meglio di sé nella prima parte, quando Jackson ed Ally si incontrano, si scrutano, si conoscono, si innamorano. Il loro primo duetto sul palco, sulle note di ‘Shallow’, è di fatto l’apice di una pellicola che lentamente (ma inesorabilmente) tende a scemare, anche perché esageratamente lunga (135 minuti, almeno 20 di troppo), inevitabilmente scontata e già ampiamente digerita nella sua evoluzione di scrittura, mentre la soundtrack si arricchisce e non cede tregua allo spettatore. L’alchimia tra i due protagonisti, a dir poco centrale in una storia tanto drammaticamente romantica, è tangibile, mentre Cooper, con poche scene a disposizione, riesce perfettamente a calibrare il complicato rapporto tra il suo personaggio e il fratello più anziano, interpretato da un bravissimo Sam Elliott.
E’ Nata una Stella, con i suoi alti musicali e bassi narrativi, potrebbe seriamente diventare il ‘Guardia del Corpo’ della Germanotta, tramutandosi in uno strappalacrime ‘classico’ dei nostri tempi, autentico inno alla diversità e alla sottovalutata bellezza dell’imperfezione.
[rating title=”Voto di Federico” value=”6.5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
A Star is Born (Usa, romantico, 2018) di Bradley Cooper; con Lady Gaga, Bradley Cooper, Sam Elliott, Andrew Dice Clay, Dave Chappelle – uscita in sala: 11 ottobre