Spotlight e Steve Jobs, Lehman Brothers: il mondo ci sta battendo
Una biografia su Steve e un film denuncia sugli scandali dei preti pedofili vincono premi e conquistano pubblici ovunque in Occidente…
La notizia è interessante. Ad un anno dalla morte di Luca Ronconi, è stato annunciato che il suo ultimo successo- lo spettacolo “Lehman Trilogy”, testo di Stefano Massini- diventerà un film di Sam Mendes, il regista di “Era mio padre” e “American Beauty”, due tra i suoi migliori lavori. Significa che quando accade qualcosa di saliente da noi, l’eco si diffonde e qualcuno prende spunto per visitare meglio il mondo con un film che abbatterà le barriere e sarà indicativo sia per il suo valore di qualità e attrazione, sia per la questione dello scandalo finanziario agganciato al fallimento dei fratelli Lehman, banche e spazzatura di titoli bancari.
Una seconda forma di paura e di sconfitta circola nel nostro Occidente continenatale, tempi sospetti, duri, che non tramontano: nessuno rinuncerà a continuare nel furto legalizzato e slegalizzato. Ma l’occasione è anche indicativa per sottolineare come tra le rive dell’ Atlantico e il traffico, oltre che di droghe e di crimini in nome dell’economie, vengono a galla le famiglie e le forme di crimini europei che si sono istallati in quella che si chiama America. I gangster sono stati molti nei potenti boss usciti dalle ondate di immigrati: italiani, irlandesi, ebrei, tedeschi…
Un’Europa trasferita in America, una sorta di epopea, a rovescio. Credo che Sam Mendes sia stato attratto dalla storia della famiglia Lehman, radicata nel successo e nelle montagne di dollari da moltiplicare con ogni mezzo. I Lehman come ricordano la saga dei Buddenbrook, per citare il libro di Thomas Mann, per paradosso. Usciti dalla Germania, famiglie compatte, hanno conquistato l’America e rovinato non solo gli europei bensì larghe parti del globo.
Non si può sapere cosa farà Sam, bravo, ma l’idea del film si colloca bene nella spina dorsale americana, internazionale, che tiene il passo con cambiamenti: in Tv hanno avuto successo le Desperate Housewives, e le House Cards, serial che sono piaciuti molto, come sono piaciuti, in Italia meno, I Soprano.
Poi, arriva la storia di Steve Jobs con la sua scalata di ogni paese, senza distinzione, con Apple, una mela informatica che ha creato gusti ed esperienze nuovi. Steve va al di là di una star, il delirio è come per una rockstar ma la penetrazione è più profonda, mentale, conquista e devasta la coscienza, approda a una confidenza totale con l’individuo, e lo possiede. Il film scorre e non stupisce per la forma ma per la inquietudine che semina, e cioè per l’attrazione che esercita con lo spettacolo di un guru dipinto da uomo-marito-padre abbastanza comune una influenza totale col suo successo. Non sarà facile tenersi a galla nella tormenta informatica, ad esempio nella comunicazione mentre la carta va a fondo e l’etere finisce in un display farà da padrone.
Infine, la denuncia mai così esplicita e documentata dei preti pedofili nel film “Spotlight”, premiatissimo, strappano il sipario con forza e obbligano a più di una riflessione. Gli occhi chiusi, le denunce sepolte, i piani di oscuramento di pratiche profondamente immorali e corrottrici, sono fatti gravi e profondi, come lo stesso Papa Francesco ha ammesso, dolorosamente.
Questi film fanno un cinema che, combinato con le tv dei migliori serial, spiazzano l’ Europa, pigra, poco attenta, addormentata in mercato mediocre e sicuro (poco sicuro, solo consensi bassi, dimenticati rapidamente, slegati tra loro o legati da luoghi comuni sentimentali). Sarebbe bello che la frusta della concorrenza possa svegliare il cinema nostro, ed europeo, troppo piccolo, tra sogni e incubi, poca tensione e scarsa voglia di prendere posizione. C’è molto lavoro da fare.