Forever Young: recensione in anteprima
A tre anni da Indovina chi viene a Natale? Fausto Brizzi torna dietro la macchina da presa per Forever Young, spaccato alquanto leggero di una generazione che non intende rassegnarsi all’idea d’invecchiare
DJ Diego (Lillo) è una vittima, il carnefice gli anni ’80. La sua sveglia, prima del rituale scricchiolio del collo, sono i Supergrass con l’iconico Alright, sebbene non manchi anche una versione di un altro brano, quello degli Alphaville, che dà il titolo a quest’ultimo film di Fausto Brizzi. Angela (Sabrina Ferilli) e Sonia (Luisa Ranieri) si scambiano confidenze. Quest’ultima è solita rimorchiare ragazzetti nelle discoteche e portarseli a casa, da cui il consiglio all’amica di farsi un toy boy: Angela la prende alla lettera e finisce sotto le coperte con il figlio di Sonia, Luca (Emanuel Caserio). Franco (Teo Teocoli) è un anziano avvocato iperattivo, a differenza del genero Lorenzo (Stefano Fresi), che agli sport preferisce carbonara e amatriciana. E poi c’è Giorgio (Fabrizio Bentivoglio), responsabile di un’importante emittente radio, cinquant’anni, che convive con una ragazza più giovane di trenta.
L’età che avanza, ma soprattutto il non riuscire a venirci a patti. Di fondo è questo il fenomeno descritto da Brizzi, in un periodo in cui non si sa più quali siano i nuovi trenta, perciò ci si sente in dovere di sentirsi giovani anche se nonni o un passo dalla tomba. Il piglio resta quello di sempre però, del Brizzi che si accosta alle tematiche, di volta in volta scelte, con leggerezza, basandosi su quelle situazioni che mescolano realtà e luogo comune, giocandoci un po’ su.È un modo, uno tra tanti possibili, per raccontare una storia. Peccato che a certo tenore s’abbia da essere predisposti, riuscendo anzitutto ad oltrepassare quella soglia che impedisce di entrare nelle storie di Brizzi. La si chiami incredulità, o più semplicemente mancata sintonia, fatto sta che non è mai peccato evidenziare certi limiti che attengono alla soggettività. Tutto in quest’operazione appare costruito, denotando un mancato interesse verso l’argomento se non nella misura in cui se ne possono trarre spunti per strappare qualche risata. Si chiama satira, che è ciò a cui a conti fatti anela Brizzi, ma è una meta alla quale in nessun caso Forever Young approda.
Meglio queste produzioni rispetto ai drammoni che nessuno vuole vedere se non il/la regista e la sua cerchia di pseudo-intellettuali? Senza dubbio! C’è però quella cosa che aleggia sempre, un retaggio pesante dal quale è forse arrivato il momento di slegarci poiché a quanto pare non ne reggiamo il peso; è la commedia all’italiana, sempre più parentesi, sempre più momento di passaggio appartenente ad una stagione specifica e solo a certi registi. Tutti i personaggi di questo film sono tristi, non solo quelli che in un modo o nell’altro restano ancorati ad un tempo che non è il loro; il problema è che non sono veri, oserei dire interessanti. Il resto, ossia le dinamiche che lasciano il tempo che trovano, non può che essere una conseguenza.
Il dramma di ciascuno di loro c’è, rappresentando il conflitto che ognuno deve superare per approdare allo step successivo. E non tutti ce la faranno, il che è l’unico accenno di verità che Brizzi e gli altri sceneggiatori infondono a questo ritratto corale. Che a tratti riesce a far sorridere, ma che maldestramente cita o più semplicemente tenta di far propri taluni linguaggi, come il surreale (il pubblico che Franco si porta d’appresso), il romantico (la storia “clandestina” di Giorgio) o il drammatico (il burrascoso rapporto madre-figlio tra Sonia e Luca).
Tutti spunti gettati nella mischia, se così si può dire, a crudo, senza che siano stati lavorati, modellati. La povertà della visione non sta tanto nel contenuto dei temi e dei personaggi trattati, ma nel credere che certi scarni profili e certa apparente ingenuità basti a tener su l’edificio di un film, che invece scricchiola eccome, più del collo di DJ Diego appena sveglio. E non c’è miglior immagine per descrivere la portata di Forever Young rispetto a quella che, sui titoli di coda, vede Franco, Sonia, Diego e Giorgio ballare in discoteca uno accanto all’altro. Lodevole capacità di sintesi, forse involontaria, che arriva troppo tardi; ma che, soprattutto, ci dice qualcosa che probabilmente il film non intendeva dire.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]
Forever Young (Italia, 2015) di Fausto Brizzi. Con Fabrizio Bentivoglio, Sabrina Ferilli, Teo Teocoli, Stefano Fresi, Pasquale Petrolo, Lorenza Indovina, Luisa Ranieri e Claudia Tanella. Nelle nostre sale da giovedì 10 marzo.