12 Soldiers: recensione in anteprima
War movie senza eccessive pretese né spunti, 12 Soldiers ripercorre la prima missione americana in Afghanistan dopo l’11 settembre senza andare troppo oltre la confezione patinata
Assistendo a certe scene, non tanto più in là dall’inizio di 12 Soldiers, si capisce, incipit a parte, quali fossero i presupposti per imbarcarsi in un’impresa del genere, ossia farci un film: quelle distese di neve, e militari a cavallo, che braccano e vengono braccati. Il riferimento è scontato ma non malevolo, anzi, certi rimandi tendono a corroborare: è il western declinato secondo standard attuali, che non sono solo tecnici, bensì inerenti ad un’epoca diversa da quella che fece la fortuna del genere, in cui peraltro l’eventuale connotazione politica non era esplicita, non solo per via dell’ambientazione.
Ad ogni modo, siamo nel 2001, qualche settimana dopo l’11 settembre. La campagna anti-terroristica è stata messa in moto da subito, i nemici additati, così i luoghi del conflitto, lì dove va stanata Al Qaeda e chi per lei. Della missione condotta dall’unita speciale Alpha 595 in Afghanistan, tuttavia, per anni non si seppe nulla: un gruppo di soldati, guidati dal capitano Mitch Nelson (Chris Hemsworth), decisero di loro sponte di partire per il Medioriente e rispondere immediatamente al vile attacco di New York. Una missione considerata impossibile, giudicata in larga parte infattibile, di certo non entro la tempistica con la quale poi si risolse, il cui esito previsto era ben diverso da come concretamente andarono le cose.
Non ci si poteva lasciar sfuggire questa possibilità, alla quale alla fine Jerry Bruckheimer e la sua squadra hanno dato seguito, confezionando quel prodotto per il pubblico che 12 Soldiers doveva essere. Tutto a posto? Beh, dipende. C’è una costante che attraversa più o meno tutte le fasi amministrative, non importa insomma chi risieda alla Casa Bianca, ossia quell’indole marcatamente celebrativa mediante cui Hollywood rievoca, spesso non senza rielaborare, pagine di Storia americana, con particolare riferimento a quelle che hanno a che fare con la guerra, qualunque guerra. Quella su cui si sofferma 12 Soldiers, certo, è atipica, quasi un’operazione d’intellingence quanto a tempestività, necessità di cogliere il nemico di sorpresa, debellare la minaccia e tornare a casa quanto prima.
E per certi versi si fa fatica ad imputare al lavoro di Fuglsig di essere “quella così lì” e nient’altro, proprio in virtù di quella targa apposta implicitamente per via della natura del prodotto, nonché per la tematica. È un film che punta alla pancia 12 Soldiers, inutile girarci attorno, sia di chi intona «USA, USA, USA!» ogni qualvolta ne ha modo, sia invece il semplice spettatore che in un film cerca tutto ciò che non è ordinario, una sorta di alienazione in cui ciascun personaggio dice la cosa giusta al momento giusto, si produce in atti che esulino dalla normalità, siano essi vili o eroici, in cui, se qualcosa esplode, fumo e terriccio diventano un elemento scenografico anziché rendere l’azione confusa, quasi indecifrabile. Il tutto, malgrado certe gesta rimandino sulla carta a sentimenti universali, sui quali si fa però leva alla bisogna, proprio per via di come viene approntato il discorso.
Colpisce sempre come questo tentativo di offrire una specie di palliativo ad una normale, apparentemente innocua medietà si risolva quasi sistematicamente in un risultato che medio lo è nella migliore delle ipotesi. Per fuggire insomma la realtà, in fin dei conti, salvo le immancabili eccezioni, mediocre in quanto per lo più avara di colpi di scena ed exploit estemporanei, certo cinema ha da tempo contribuito alla creazione di una realtà parallela, ovviamente confinata allo schermo, a sua volta media proprio perché per lo più prevedibile. S’intuisce vagamente allora cosa potrebbe non andare in certo tipo di produzioni, il cui esito spesso e volentieri non difetta in spettacolarità, di per sé sacrosanta, ma in quel grado d’imprevedibilità che renda una storia interessante.
Elemento trasversale, questo, che accomuna i generi ma in fondo li trascende, perché alla base di un qualunque racconto, stringi stringi, c’è il desiderio di sapere cosa avviene dopo, ché qualora tale domanda non ce la si ponesse oppure se, peggio, non venisse assecondata, vano sarebbe ogni altro sforzo. In 12 Soldiers vi è uno sbilanciamento evidente tra certi suoi aspetti più riusciti, quel suo farsi avventura all’interno di uno spazio quasi sempre uguale a sé stesso, come le montagne afgane, perciò spaesante, ed altri nell’ambito dei quali il solito approccio trionfalista a tratti stona. Sia nelle implicazioni più immediate, come può essere il virile rapporto che s’instaura tra Nelson e il generale Dostum (Navid Negahban), che nell’ineludibile spostamento di senso tra soldato e guerriero, non essatamente la stessa cosa.
Fa parte di quel trattamento lì, ossia l’accostarsi alla vicenda nei modi e nei toni di chi racconta la parabola di eroi, non soldati, appunto, termine troppo generico e forse conciliante rispetto alle vicissitudini di chi s’inoltra in territorio nemico, dunque ostile, senza sapere alcunché, fidandosi dello straniero (per di più autoctono) quale unica, vera risorsa. Proprio rispetto alla milizia di Dostum, che evidentemente non rientra in quei dodici di cui al titolo, 12 Soldiers manifesta da un lato una certa onestà nel riconoscerle un ruolo a suo modo determinante, salvo poi chiaramente soffermarsi sul militare americano che dapprima odia essere seguito da tutte le parti da questo ragazzino munito di fucile, salvo poi affezionarcisi a tal punto da dare vita all’immancabile sequenza in cui… insomma, potete immaginarlo.
Per cui il vero limite del film di Fuglsig resta quello, cioè la strenua difficoltà, che non per niente si traduce in impossibilità, di rivelarsi interessante, di agganciare al di là del messaggio incensante e trionfalistico, non importa fino a che punto competente nella confezione se poi modesto nella struttura. Per tornare quindi a quanto evidenziato sopra rispetto alla fatica di addossare colpe per via di ciò che 12 Soldiers è, l’inghippo resta ancora una volta nel racconto, non tanto nel contenuto. Sul fatto che il messaggio abbia il sopravvento si potrebbe finanche soprassedere; più difficile diventa se tutto ciò lo si ritiene sufficiente a reggere le oltre due ore di film.
[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
12 Soldiers (12 strong, USA, 2018) di Nicolai Fuglsig. Con Chris Hemsworth, Michael Shannon, Michael Peña, Navid Negahban, Trevante Rhodes, Geoff Stults, Thad Luckinbill, Elsa Pataky, Taylor Sheridan, Austin Stowell, Rob Riggle, Jack Kesy e William Fichtner. Nelle nostre sale da mercoledì 11 luglio 2018.