Quando anche noi avevamo un cinema così… Trumbo
Nel film di Jay Roach, “L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo”, funziona la macchina della intelligenza e dei brividi che cercano di piacere, e piacciono
Ecco un bel film medio-alto. Non reclama di essere un capolavoro, non mostra i muscoli del gusto teso solo alla seduzione spettacolare; lo ricorderemo come una confortevole occasione per apprezzare il cinema che lo ha prodotto, e lo offre con sensibilità artistica, con amore per le idee che vivono tra scelte individuali e società.
Dalton Trumbo, lo sceneggiatore di “Spartacus”- non un kolossal del periodo romano del genere storico-mitologico ma uno dei primi film di Stanley Kubrick che oggi abita nel paradiso dei talenti internazionali-, è un autore che superficialmente è stato presentato da noi come un comunista, finito in prigione per attività antiamericane nel periodo della guerra fredda e della arcigna commissione McCarthy scatenata contro i “nemici” della patria, servi dell’Urss, al lavoro negli studi di Hollywood.
In realtà, Dalton era un progressista, testardo nelle sue convinzioni, convinto di poter contare sulle risorse della democrazia americana per la libertà di pensiero e di lavoro; quindi, di avere diritto di scrivere e muoversi liberamente in una Hollywood che lo rendeva ricco.
Il film ha un suo doveroso didascalismo, dovendo comunicare a un pubblico che nel mondo non conosceva le avventure,il dramma di Dalton; ma ha un tessuto ugualmente importante, ovvero quello delle descrizione di una società la cui filosofia di vita e di comportamento è riconosciuta dipendente da un generale senso di giustizia e di libertà dei cittadini, anche quando lo Stato nei suoi reparti ideologici è molto conservatore, e in più si getta senza lasciare troppe speranze nella persecuzione della diversità, con richiami repressivi declinati da ottusi e corrotti giudici.
Dalton e i suoi compagni sono sul banco degli accusati, vengono dispersi e condizionati (il cinema dei produttori che li licenzia o li addita agli insulti “patriottici”), alcuni loro amici vivono come possono e accettano di firmare sceneggiature che non hanno mai scritto, qualcosa che in questa storia di Trumbo appartiene al lavoro e alla sensibilità di questo formidabile autore, per quanto riguarda appunto Vacanze romane, che tutti ricordiamo.
Naturalmente, come avviene di solito in film di questo tipo, la vicenda di Trumbo è immersa fino al collo nel tema della famiglia, l’ambiente protettivo in cui Dalton trova non solo conforto per l’ingiustizie patite ma risorse per reagire, grazie proprio alle esigenze della moglie e dei figli che lo fanno arrabbiare ma lo sostengono, diventano decisivi nei brutti momenti di abbandono.
I due temi -la libertà ideologica e le retrovie affettive- sono la potenza di “L’ultima parola- La vera storia di Dalton Trumbo”, e si rifanno alla tradizione della grande tradizione della commedia americana, come i film di Frank Capra, l’italo americano, siciliano, interprete dei principi e delle sensibilità della Hollywood anni Trenta.
E’ la sintesi che è stata praticata, con diversa mentalità e sentimenti, del cinema migliore italiano, dai drammi- melodrammi del neorealismo alle commedie impegnate ma anche scanzonata dei Germi, Monicelli, Risi, Comencini e tanti altri… L’America, con i suoi guai, e i suoi deliri di potenza, sa guardare il suo passato nel Novecento con tenera tensione romanzesca…
E noi? Abbiamo abbandonato drammi e commedie, viaggiano scoordinati, senza una direzione, dimenticando, elemosinando risate o riempiendo di banalità i contenitori dal sapore di una attualità filtrata nel tunnel oscuro delle fiction, demolendo la grande sintesi del cinema del dopoguerra, fino agli anni Ottanta.
Dalton, a lungo ignoto autore di “Vacanze romane”, torna e ci ricorda che ci sono stati periodi senza vacanze negli Usa (la commissione per le attività antiamericane). A quando uno sceneggiatore, un regista, con la sua storia, aiuti il nostro cinema a fare un vero, illuminante bilancio per rilanciare la sua della storia di talenti e personaggi veri?